FOGLI MOBILI

La rubrica di Gloria Bardi

MATRIX

 

 

 

 

 

 Qualche sera fa sono stata tra i molti, ahimé, che hanno assistito alla trasmissione di Matrix dedicata al “ragazzotto” Fabrizio Corona.

Mia figlia ha richiamato la mia attenzione sul tipo, dicendomi:

“sarà quel che sarà, ma è bravo a difendersi e intelligente”. Al mio scetticismo, ha replicato con una serie di imperativi: “Tu e i tuoi soliti pregiudizi! Siediti! Guarda!”.

Troppo stanca per resistere, mi sono seduta e ho guardato.

Anzi, mi siedo e guardo:

 un personaggio grottesco emerge nella schermata del collegamento: vestito come un boss, abbronzato e acconciato come un cover-boy, con un tratto sgradevole, esaltato e meccanico nella voce, singolarmente priva di chiaroscuri, lo sguardo da furbo ma di una furbizia infantile e autocompiaciuta, degna di un ladro di marmellate.

In studio si è crea un clima di benevolenza nei confronti del “ragazzotto”, cui ci si rivolge, nei momenti in cui lui cessa di berciare, con tono teneramente canzonatorio o con atteggiamento didattico.

Di Pietro, ospite in studio, più volte lo ammonisce o redarguisce, col “tu” che si dedica ai  “figlioli”, dicendogli: “stai attento!”, “non darti la zappa sui piedi!”, “non esagerare ecc.”. Anche la furbizia  pare aver bisogno di qualche ritocco: “occhio che per apparire finisce che ti inguai” e simili.

Mentana se lo guarda con l’indulgenza sorridente e protettiva con cui si guarda Pierino La Peste e intanto accarezza mentalmente gli indici di ascolto.

La mediocrità è un male contagioso.

Gramellini, in collegamento, che pure dirà le poche cose sensate, sembra imbarazzato, incerto sulle parole da usare. Sembra che si senta fuori luogo e dubbioso della sua grammatica.

Succede quando l’arte del ragionamento risuona come una moneta fuori corso.

Lui, il ragazzotto, con quella sua voce  sovratono e martellante, elargisce un blog di considerazioni pseudo-giuridiche, narrazioni compulsive e vere e proprie insensatezze, tipiche di chi non riesce a resistere alla tentazione di spararle grosse.

E’ un pesce d’acquario, un acquario melmoso in cui ha imparato a sguazzare con disinvoltura e crede che il mondo coincida coi vetri della sua scatola di trasparenza.

E’ provvisto, dicevo, di furberia  ma totalmente privo di sapienza, non ha nemmeno la percezione che sbattere uno in prima pagina perché ha avuto una storia extramatrimoniale o perché frequenta dei trans è una carognata di una bassezza incredibile. E’ il suo mondo e lui non lo sottopone a quesiti. Conosce bene le regole del gioco ma, in fondo, non conosce il gioco.

Confonde il cinismo con la piccineria.

Non eleva mai il proprio sguardo. Non ne è capace, non ha la dimensione etica o estetica o intellettuale dell’agire umano.

Di Pietro  gli chiede cosa abbia ricavato tale Flavia Vento a raccontare, con tanto di sms probanti (ah, qual nobile fanciulla!) una sua  storia con Totti. E qui si rovesciano i ruoli: è il ragazzo a salire in cattedra: “pubblicità, dottor Di Pietro!”.

Il tono è lo stesso con cui certi alunni insegnano a vivere a noi insegnanti:

“Ma Prof, in che mondo vive?”.

Non è immorale, il ragazzo, intendiamoci, perché esserlo implicherebbe la consapevolezza che dimostra di non avere; è piuttosto a-morale, almeno per quanto riguarda il suo sguazzo quotidiano, privo di quella specifica lente di ingrandimento che è “un certo senso del degno e dell’indegno”.

“Dimensione etica? Ma prof, in che mondo vive?”.

Fa la vittima di Woodcock ( “il prof ce l’ha con me”), ma solo fino a un certo punto perché un conto è la causa e un conto l’immagine e l’immagine conta di più, anche perché “fa vendere” e lui, grazie alla causa, vende. E chi vende ha ragione: lo manifesta anche il sorriso gongolante di Mentana, che il giorno dopo replicherà la puntata-record di pubblico. Mi vergogno un po’ di aver  contribuito al numero.

Parlavo di vittimismo contenuto, perché nel suo mondo le vittime sono gli sfigati e lui sfigato non è: lo sottolinea tranquillamente la sua arroganza e l’aria di saperla lunga.

Non ha la forza di essere immorale, dicevo, e non è trasgressivo, perché la trasgressione conosce la propria tracotanza, ne affronta il rischio e non invoca tolleranze di nessun tipo. Non è trasgressivo, perché la trasgressione è il contrario del brodetto di trita banalità che ci propina.

Sembra piuttosto il prototipo esaltato della pedagogia del paraculismo che adottiamo con i nostri figli, con i nostri allievi.

Non è un mostro di certo, in questo ha ragione lui, al massimo un mostriciattolo in un ambiente senza grandezze.

In un ambiente che pratica l’avvilimento sistematico di tutto, tranne che del denaro.

Si illumina di orgoglio quando quelli che sono in studio gli dicono, con l’aria di assecondarlo, “vengono incastrati i più bravi e lui è il più bravo”.

In fondo il nostro “discolo” è uno che alla fin fine cerca di scucire anche lì, tra gli ospiti in studio, una pagella decente e oggi come oggi una pagella decente non si nega a nessuno.

A tratti farnetica anche di distinzioni tra dimensione pubblica, e cioè il suo lavoro, fatto di colpi bassi, e dimensione privata, fatto di buoni sentimenti e amor paterno, senza minimamente considerare che il suo lavoro si alimenta proprio dello sputtanamento pubblico del privato altrui.

Dice, come un bambino, che Woodcock ha detto alla moglie, Nina, insolenze su di lui e che la moglie il giorno dopo ha chiesto il divorzio, dimostrando come minimo di aver sposato una decerebrata, che l’indomani della trasmissione interverrà a negare, anche lei con benevolenza verso il “padre di suo figlio”, grata a Di Pietro che appunto “come a un ragazzo” gli si è rivolto.

Della serie: piatto (pubblicitario) ricco mi ci ficco.

Da un certo punto in avanti, sarà un’impressione, ma sembra che in studio facciano a gara per non dispiacergli.

Di Pietro riesce anche a scucirgli un applauso, in odor di moralismo, quando dice che sarebbe meglio dedicarsi a cose più serie e a crimini più dannosi per la collettività, senza però precisare cosa intenda poi dire e a chi:

se è la magistratura che si perde dietro a sospette estorsioni e ricattucci di poco conto o se sono le persone che dovrebbero considerare di poco conto il gossip di bassa lega e scandalizzarsi di ben altro.

Il fatto che poi invochi l’obbligatorietà dell’azione penale, sembra un’ escamotage per non chiarire.

Insomma: il tipo di illecito attribuito a costui e i suoi simili merita o no di essere perseguito?

O forse, con quella sua parlata eterodossa che lo mette al riparo dall’imbarazzo di Gramellini, il leader de “L’Italia dei valori” ci ripropone il monito virgiliano: “non ti curar di lor ma guarda e passa”.

Ma il ragazzo lo incalza, da bravo professionista dello sputtanamento si è annotato una critica che l’intemperante Di Pietro fece al modo di interrogare di Woodcock e non gliela risparmia, come un alunno che becca un prof. a parlar male di un altro.

Non è trasgressivo, non è un antieroe, non è un uomo contro, non è neppure politicamente scorretto, è il nulla, è finto ma di una finzione a-letteraria e a-letterata.

Lui non capisce il disprezzo verso l’acquario in cui vive ed è pronto, possiamo scommetterci, a etichettarlo come invidia dei perdenti. Da qui l’imbarazzo di Gramellini, che sente il dovere di precisare, senza che gli venga chiesto, che le sue critiche non sono dettate da invidia. 

E’ uno che vende e fa vendere, il ragazzo che incombe in completo gessato: questo lo mette in buona posizione darwiniana e ci tiene a ostentarlo.

Qualche giorno fa, un’amica mi diceva: oggi non esiste più il senso dell’onore!. Sembrano parole da paladino Orlando ma credo colgano nel segno.

“Senso dell’onore? Prof, ma in che mondo vive?”.

 La cosa sconcertante è che ci sono persone che si nutrono di quei gossip che danno da vivere a Corona e ai suoi cloni, alle sue vallette, alle sue spogliarelliste mandate in giro per il mondo come pacchi postali, ai “suoi” giornali e anche a Matrix. In fondo, il tipo è uno che “obbedisce agli ordini”.  E’ vero che c’è chi fa scorpacciate di questo pattume. E’ vero. Quando incominceremo a preoccuparcene? Come potremo farlo se rimarremo isolati, senza grammatica, imbarazzati e afoni, come Gramellini nel corso della trasmissione?

O forse nasceranno due mondi diversi con umanità diverse, linguaggi diversi, pensieri incompatibili? Le elites e la massa? Con la differenza storica che sarà il denaro a dettar legge. E’ uno scenario apocalittico ma forse ci siamo già dentro fino al collo.

E in conclusione la butterò in politica.

E’ qui, proprio qui, che muore la democrazia, in quanto richiede conoscenza, sapienza, responsabilità.

Se questo non c’è non ci sono i presupposti democratici e si è nel regno della demagogia, fondata sul suffragio universale in una società ad alto tasso di insipienza, che costituisce la maggior degenerazione politica, a detta dei classici.  La “dittatura della mediocrità”.

Un giorno o l’altro dovremo deciderci a guardare in faccia il problema e abbandonare il salvagente del politicamente corretto.

“Cosa c’entra ora la democrazia con “Corona’s”? Lei ha le idee confuse, prof o forse non capisce questi tempi. Prof, ma in che mondo vive?”

E' USCITO IL  MIO NUOVO LIBRO :

...L' ESORDIENTE IL PROF E L' EDITORE MANNARO

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