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COMMENTI AMARI SULLA DEVASTAZIONE DELLA LIGURIA
di Mauro Cerulli

 

“Rapallizzazione”: questo è il neologismo che mi è subito venuto in mente leggendo l’inchiesta dell’amico Luciano Corrado il quale, attraverso un sapiente collage di interviste, ci ha dato un quadro tragico della nostra regione, che alcuni vorrebbero far diventare un immenso agglomerato di cemento da Ponte San Ludovico alle foci del Magra.

Quel termine venne coniato quando una classe criminale di amministratori distrusse la bella cittadina del levante genovese facendo peggio dei bombardieri americani nella seconda guerra mondiale: oggi Rapallo è un monumento imperituro alla stupidità umana che dovrebbe far riflettere tutti coloro che non intendono rassegnarsi a vederla duplicata ad oriente e ad occidente.

Qualche giorno dopo l’intervento di Carlo Ruggeri, che, a quanto pare, non ha stupito abbastanza per il suo contenuto rivoluzionario, leggere certe vecchie interviste ci fa rendere conto di come siamo stati disattenti e di come abbiamo permesso, con comportamenti fattivi od omissivi, che si realizzasse lo scempio che è sotto gli occhi di tutti.

Io non condanno gli imprenditori che pensano al loro profitto, perché questo è il loro mestiere: le regole del capitalismo sono note e di conseguenza non possiamo dolercene. A ben vedere anche sotto il comunismo si sono costruite altrettante brutture edilizie, per cui sotto questo aspetto non c’è nessuna differenza. Comunismo e capitalismo, quando si tratta di costruire e di inquinare, vanno perfettamente d’accordo.

Il dramma è un altro: noi abbiamo una Costituzione che tutela il paesaggio e che stabilisce anche la funzione sociale della proprietà privata, per cui è compito della classe politica nazionale e locale far sì che lo sviluppo economico e l’attività imprenditoriale avvenga nel rispetto del dettame costituzionale e del territorio.

L’ipotesi cosiddetta della “Porticciolo della Margonara”, tanto per fare un esempio, con la sua torre fallica (il belino attorcigliato) e la distruzione dell’ultimo tratto di costa libera da Savona ad Albissola Marina è qualcosa di più che una bruttura edilizia: è qualcosa di veramente folle e stupisce che vi siano persone, diverse dagli addetti ai lavori e da chi ci guadagnerebbe, che non si rendano conto che si tratta di realizzare qualcosa di terribilmente devastante, inutile e che oltretutto porterà la città alla paralisi.

Quando Beppe Grillo dice che bastano otto auto per bloccare il traffico da Albissola a Ventimiglia non fa una battuta, scherza su cose vere.

Savona, lo sappiamo, ha avuto dal dopoguerra uno sviluppo urbanistico demente, dove nessuno mai si è preoccupato della viabilità, dei collegamenti e quindi della qualità della vita. La nostra città in alcuni momenti diventa una sorta di camera a gas a causa del traffico e dobbiamo ringraziare di abitare in una zona fortemente ventosa per non subire la sorte di altre città che si vedono periodicamente obbligate ad arrestare il traffico veicolare per eccesso di inquinamento.

La Via Aurelia da Savona ad Albissola è perennemente paralizzata dal traffico dal 1 gennaio al 31 dicembre e tutti sappiamo, anche se nessuno ha il coraggio di dirlo, che l’Aurelia bis non si farà mai e che non esistono alternative allo status quo (a meno che non si voglia spostare a monte l’attuale autostrada e declassare l’attuale tracciato, con costi insostenibili e impatto ambientale per il nuovo tracciato quanto mai rilevante): pensare di costruire ancora qualcosa lungo quel tratto significa quindi aumentare considerevolmente il traffico in una zona che non sopporta un solo ciclomotore in più.

Bisognerebbe cominciare ad abbattere, altro che a costruire.

Analogamente avverrà quando si sarà costruito nella zona ex Omsav: nonostante che i signori Campostano e Delle Piane ci promettano un polmone verde, resterà sempre un qualcosa che comporterà un aumento spaventoso del traffico che renderà ingestibile una situazione già precaria.

Le regole urbanistiche stabiliscono che non si costruisce dove non si può realizzare una corretta viabilità, ma a quanto pare tutti se ne infischiano: la viabilità di Savona è un casino da anni, gli assessori che si sono succeduti negli anni hanno giocato con i semafori deficienti, i birilli e le aiole a Piazza Leon Pancaldo e come ciliegina sulla torta hanno finito per piastrellare i prati.

Sempre restando alle aree ex Omsav, non entro nel merito della questione della presunta natura demaniale di quelle aree (ricordo che i beni demaniali non sono usucapibili) e di come si sia arrivati alla attuale situazione (ci ha pensato Bruno Lugaro a scrivere qualcosa su una storia che tutti avevano interesse a nascondere) ma mi limito a rilevare, per concludere, che dalle interviste raccolte da Luciano Corrado emerga un quadro desolante dei nostri politici, siano di destra o di sinistra, senza distinzioni.

E’ vero che la classe politica ante 1992 era cleptocratica ma almeno era capace: fatte fuori le prime e le seconde file sono venute avanti le retroguardie e nessuno dei partiti superstiti o nuovi è stato in grado di fare un ricambio con gente altrettanto capace ma anche onesta.

Se la cosiddetta Prima Repubblica aveva molti difetti, dobbiamo constatare che la Seconda è molto peggio e che il futuro non è affatto roseo. Sino a che si andrà avanti per cooptazioni e lottizzazioni, con liste elettorali bloccate e scelte ottriate, non possiamo avere alcuna speranza che le cose possano cambiare.

Ma cosa ci possiamo aspettare da deputati e senatori che vengono scelti a Roma e non hanno nemmeno bisogno di venire in loco a cercare consensi?

L’unica cosa che possiamo fare, oggi. è da una parte combattere con i nostri umili mezzi per evitare le soluzioni più devastanti dal punto di vista urbanistico e dall’altro negare il nostro consenso ai politici che non sono in grado di adempiere al loro mandato. Quando, ad esempio, leggo l’intervista a La Stampa del dr. Bertolotto, che accusa noi savonesi di essere vittime della sindrome di Tafazzi, mi domando se ci voglia prendere in giro o se abbia davvero mai fatto un giro per il territorio che dovrebbe amministrare e concludo che sarebbe bene che tornasse al più presto alla professione medica, nel suo e nostro interesse.

E allora ben venga Beppe Grillo, che almeno ha il coraggio di dire le cose come stanno. Perché Grillo ha detto solo le cose che molti di noi pensano e che non hanno però il coraggio di ammettere.

Speriamo che i Grilli prolifichino, al posto dei palazzi.

 MAURO CERULLI