Genova è l’archetipo della città di mare. Luogo di silenzi. Luogo d’incontri. Luogo di passaggio. Arrivi e partenze. Bellissima, per chi sa amare le bellezze che non si concedono immediatamente. | |
Le strade di Genova sono grigie, ma di un grigio colorato: profumano di tante storie, che scolpiscono le rughe sui visi dei vecchi, dipingono sorrisi sulle labbra dei giovani, regalano sguardi benevoli o cupi, malintenzionati o amichevoli. Storie di uomini e donne; gli uomini e le donne di De André. Per questo motivo, girando per le strade non sembra strano incontrare facce diverse. Gente che viene da lontano. Ognuno abbottonato in sé stesso. Genova è una città vecchia, mentalmente sulle sue: la libertà che ti concede è di poterti muovere nell’indifferenza. Riservatezza è la parola d’ordine. Nessuno si interroga su chi sei, da dove vieni, cosa fai. L’impressione per chi arriva da fuori è questa: un rifugio momentaneo, un limbo dove se vuoi puoi sentirti solo. Silenziosamente puoi insidiarti nei suoi meccanismi, ed assistere alla rappresentazione della co-abitazione umana, sul palcoscenico della vita. Una convivenza fatta di etnie, costumi, pensieri, approcci diversissimi: com’è logico sia in una città-porto. Città ideale per chi in città non c’era mai stato: vivibilissima, con ritmi lenti. Non frenetica, non fagocitante il quotidiano, il personale: una città-paese. Una città che ho vissuto per nove mesi intensissimi, dove ho imparato a conoscere gente anche solo di sfuggita. Dove ho imparato la preziosa arte dell’ascolto, io sempre abituata a chiudere le porte prima di sentire bussare. Mi sembra doveroso dedicarle un truciolo, e un pensiero, in questo giorno d’inizio giugno. “Umbre de muri muri de mainé
SAMANTHA GIRIBONE
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Genova per noi “…Con quella faccia un po’ così, quell’espressione un po’ così che abbiamo noi prima andare a Genova che ben sicuri mai non siamo che quel posto dove andiamo non c’inghiotte e non torniamo più...”
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