Cambiano gli uomini al timone, ma i fili che muovono le loro mani resterebbero gli stessi. E sono questi che vanno tagliati
I lupi a guardia del gregge

Marco G. Pellifroni


 

La crescente sperequazione dei redditi degli italiani sta ad indicare che la parte svantaggiata, ossia la stragrande maggioranza, necessita e invoca, attraverso le frequenti quanto vane tornate elettoriali, sostanziali modifiche strutturali all’attuale sistema di distribuzione della ricchezza. Ma poichè le legittime aspirazioni della maggioranza vengono sempre più disattese, e se democrazia significa governo della maggioranza, se ne ricava che il nostro sistema di governo, a dispetto delle ripetute enunciazioni del contrario, non è democratico ma plutocratico.

 Le elezioni, richieste ad ogni piè sospinto dalla minoranza di turno, non possono esaudire le richieste popolari, in quanto l’intera classe politica, ad eccezione di qualche frangia di nicchia in ambedue gli schieramenti, è da sempre ingessata da una oligarchia che, da dietro le quinte, propone i suoi emissari alla scelta popolare, a prescindere dall’etichetta di cui si bardano ogniqualvolta ci si approssima alle urne.

Eppure è da costoro, che si alternano al governo e all’opposizione, che gli elettori (peraltro in costante calo, come il montante astensionismo sta a sottolineare) vorrebbero veder attuati quei mutamenti strutturali che riducano il divario tra cima e fondo delle classi di reddito. La perdurante disillusione sulla messa in atto di azioni congrue con questo fine, ed anzi i provvedimenti esattamente contrari, come gli inasprimenti degli studi di settore, porta la gente a intuire che a vigilare sul gregge stanno i lupi, con la benedizione del pastore. Sulla figura del “pastore” (i c.d poteri forti) mi sono già dilungato in precedenti articoli e non ci tornerò oltre. Quello che ora mi preme enfatizzare è che l’esito possibile di questa grottesca situazione è dapprima un diffuso qualunquismo, e cioè la constatazione dell’equivalenza, nel peggio, di tutte le fazioni politiche e il loro conseguente rigetto; cui può far seguito, a seconda delle condizioni, una coatta rassegnazione (fascismo) o un moto rivoluzionario verso uno scenario completamente nuovo.

Ebbene, nel primo stadio, del qualunquismo, siamo ormai da tempo immersi: la fiducia della gente nei politicanti in genere è a livello prossimo a zero, come sondaggi e afflussi alle urne non fanno che confermare. Il pericolo maggiore è che il “pastore” ci porti d’imperio in un regime “forte. Come osserva acutamente David Icke, questo genere di transizioni avviene per gradi e non senza aver predisposto la popolazione, dapprima con un evento eclatante (come le Torri Gemelle), poi con l’istigazione a reagire e infine con la proposta di crescenti sacrifici di libertà e diritti individuali, cui la gente non avrebbe mai assentito in condizioni normali, ma che si sente costretta ad accettare in un clima di presunto pericolo, tenuto vivo con ripetuti allarmi. Ma il vero pericolo è assai più interno che esterno, e vale l’antico saggio che “dagli amici mi guardi Iddio”.  I sedicenti amici siedono nei parlamenti, ma è pura utopia attendersi positivi mutamenti di rilievo da quanti devono rispondere agli ordini dei “pastori”, che hanno loro elargito ogni sorta di agi e privilegi. E non ho da dimostrare che non son certo i privilegiati ad innescare le rivoluzioni, vista la ferrea validità dell’equazione: privilegi = conservazione dello status quo.

Tutto il vociare di questi giorni sulla desiderabilità di un ritorno al governo del centro-destra va riguardato alla luce di quanto sopra: cambierebbero gli uomini al timone, ma i fili che muovono le loro mani resterebbero gli stessi. E sono questi che vanno tagliati.

Qualche domanda di supporto a quanto sopra asserito è di rigore:

Quale governo ha mai sostanzialmente ridotto gli scandalosi e ingiusti privilegi di cui godono i politici? Quale governo ha mai intrapreso l’emissione della moneta da parte dello Stato, anziché della Banca Centrale? Quale governo ha mai anche soltanto tentato di tarpare gli utili truffaldini delle banche, riportando la riserva frazionale dall’attuale 2% (e persino 0%) a cifre prossime al 100%, bloccando il frenetico lievitare della montagna debitoria in cui non solo l’Italia si è impelagata negli ultimi decenni? Quale governo ha mai mandato la GdF, anziché all’uscita dei negozi per l’ossessivo controllo degli scontrini, nelle sedi delle banche, a cominciare da quelle centrali, in controtendenza all’attuale conferimento alle stesse di maggiore potere ed autonomia dallo Stato, in virtù del proditorio Trattato di Maarstricht, che ha consegnato la politica monetaria nazionale in mani straniere e private? Quale governo ha mai fatto valere l’art. 3 dello statuto di Bankitalia, che vietava la detenzione delle sue quote da parte di una maggioranza di soci privati, conclusasi con la legittimazione, sotto il governo attuale, della sua perdurante violazione mediante lo svuotamento dell’articolo stesso?* Quale governo ha consentito alle banche di diventare proprietarie di aziende, ossia banche d’affari, coi conseguenti privilegi concessi alle grandi industrie e alla iper-distribuzione, a scapito delle piccole e medie imprese? In quale parlamento si sono mai discussi questi temi, fondamentali per l’autonomia monetaria, e quindi politica, della nostra repubblica, ormai in via di trasformazione in Repubblica Italiana SpA?   

Eppure, sta proprio in queste misure la chiave per dare fiato all’economia e mettere un po’ di soldi –reali!- nelle tasche dei meno abbienti: lavoratori dipendenti (finché ce ne sono), pensionati (beninteso non-parlamentari e non-boiardi di Stato), lavoratori autonomi e precari (tra i quali si annovera il più alto numero di persone ai limiti della sussistenza).

Aspettarsi che queste misure, le uniche davvero rivoluzionarie, le facciano gli attuali politici  sarebbe come se i francesi di fine ‘700 si fossero aspettati che a fare la rivoluzione fossero i nobili parassiti, guidati da Luigi XVI.

Se il movimento di liberazione monetaria, che agisce con sigle diverse sui più svariati fronti, collegati attraverso Internet, riuscirà a diffondere, nonostante il boicottaggio dei grandi canali d’informazione, la verità sull’occultazione della ricchezza rapinata dal sistema bancario, le sue dimensioni sono tali da poter finalmente scuotere le coscienze sin qui intorpidite ad arte dai moderni circenses (TV, calcio, gossip, ecc.) e dare avvio ad una vasta riscossa delle classi produttive, sinora soggiogate da una cricca criminosa e parassitaria.  

* Se qualcuno nutrisse dubbi, ecco la composizione sociale di Bankitalia SpA, già da parecchi anni, e quindi nella più totale illegalità (da www.tuttotrading.it):

Gruppo Intesa Sanpaolo(44,43%) INPS (5%)
Gruppo Capitalia (11,15%) BNL (2,83%)
Gruppo Unicredito (10,97%) Gruppo La Fondiaria (2%)
Assicurazioni Generali (6,33%) Gruppo Premafin (2%)
Banca Carige (3,96%) C. Risparmio Firenze (1,85%)
Monte dei Paschi Siena (2,50%) RAS (1,33%)
Anonimi (5,65%)  

Si noti che l’unico ente pubblico è l’INPS, col solo 5%; mentre c’è un 5,6% di anonimi. Chi mai saranno? Circa la BCE, eccone i soci:

Banca del Belgio (2,83%)

Banca Danimarca (1,72%)

Banca della Germania (23,40%)

Banca della Grecia (2,16%)

Banca della Spagna (8,78%)

Banca della Francia (16,52%)

Banca d’Irlanda (1,03%)

Banca d'Italia (14,57%)

Banca Lussemburgo (0,17%)

Banca d’Olanda (4,43%)

Banca nazionale d’Austria (2,30%)

Banca del Portogallo (2,01%)

Banca di Finlandia (1,43%)

Banca di Svezia (2,66%)

Banca d’Inghilterra (15,98%)

 

Notare che le banche di Inghilterra, Svezia e Danimarca NON sono nell’area euro; il che significa che noi italiani, col signoraggio della BCE (ossia con le nostre tasse), foraggiamo anche banche estranee al nostro sistema monetario.

Infine, ecco i soci, tutti privati, della Federal Reserve americana:

Rothschild Bank di Londra

Kuhn Loeb Bank di New York

Warburg Bank di Amburgo

Israel Moses Seif Banks Italia

Rothschild Bank di Berlino

Goldman, Sachs di New York

Lehman Brothers di New York

Warburg Bank di Amsterdam

Lazard Brothers di Parigi

Chase Manhattan Bank di NY

La Goldman Sachs è una delle più grandi banche d’affari del mondo, e molti dei nostri uomini asseritamente pubblici ne sono stati dirigenti e/o consulenti. In particolare, consulente è stato per alcuni anni Romano Prodi**; direttore generale per l’Europa Mario Draghi, e proprio nel periodo (2002-2005) in cui GS commise reati finanziari accertati ai danni dello Stato italiano, al pari di altre banche d’affari come Lehman Brothers e JP Morgan, per un totale di € 600 milioni.*** Il che significa o che l’uomo era così sprovveduto da ignorare le truffe commesse dalla banca che dirigeva al massimo livello, ovvero che ne era al corrente e quindi colluso (situazione simile a quella di Tronchetti Provera in Telecom). Oggi è governatore di Bankitalia Spa, dopo la cacciata di Fazio! 

**  V. Daily Telegraph del 29/05/2007, che riporta “l’Italia esser governata dalla Goldman Sachs”.

*** V. L’Espresso del 7/06/2007 e La Padania dell’8/06/2007  

 

Marco Giacinto Pellifroni                                                  10 giugno 2007