Ridiamo voce a chi ha lavorato con competenza per anni ed anni
Dai fiaschi ai fischi….
                                                 di
Sergio Giuliani     versione stampabile


E’ stato diabolico, come spesso, se non sempre, Massimo D’Alema a scusarsi col cav. per la fischiata cercata e raccolta ieri a Sestri ponente. C’è da scommettere che gli ridevano, appena appena, le punte dei baffi!

E ne ha ben donde! Difatti, in questa Italia che ha perduto anche il senso della coerenza linguistica, la parola “fischi” (ma anche “fiaschi”!!!) ha due diversi e contraddittori significati. Infatti, se si fischia Prodi, il cav esulta perché finalmente l’Italia (quella dei ragazzotti pagati, dei corporativi-che-non-mollano, di chi democratico non è mai stato, neppure quando dorme) s’è desta e giù sorrisi e slogan sulle spallate, sui furti di voti e sulle salite al Quirinale che manco Di Luca sullo Zoncolan. Addirittura predica l’occupazione sempiterna delle piazze, rubando il “mestiere” a chi, della piazza, sobriamente e democraticamente, ha fatto, in democrazia, un’agorà dove manifestare il proprio punto di vista e le proprie richieste non velleitarie e non confuse.

Quando, invece, succede a Sestri ponente, apriti cielo….’sti comunisti! Tanta la voglia di conquistare la Provincia a Genova che…
Ma il cav. è abituato a risolvere ogni problema soltanto e sempre sul piano, come dire, pragmatico. Inutile discutere, ascoltare: “sel custa?” (quanto costa)alla milanese. Ma a Sestri no; c’è ben altro di radicato in una coscienza operaia lunga secoli: Sestri dei cantieri delle belle navi, Sestri dell’aeroporto, Sestri della San Giorgio, della Marconi, delle case operaie a schiera, dagli intonaci e dai panni tesi arrugginiti dai fumi della vicina acciaieria di Cornigliano. Sestri che vede ristrutturazioni di spazi che non la convincono, che vengono da scelte di potere, Sestri che ha pagato un durissimo prezzo alla perdita di posti di lavoro ed alla umiliante quarantena degli “ammortizzatori sociali”. Sestri dove non c’è più lo spazio verde per crescere i bambini. Sestri che divide, con l’attigua Cornigliano, il primato delle dismissioni di fabbriche che producevano beni ad alta tecnologia sostituite, non sempre, da capannoni di grande distribuzione come Ikea e Castorama.

Ma che cosa pensava, il cav? Che cosa pensava il suo entourage sondaggista? Forse che folle oceaniche gli si sarebbero inchinate riconoscendo in lui il Mosè che li ha portati in secco dalle male acque del cominismo? Ma lo sa, il cav., cosa è stato il comunismo a livello di solidarietà, di “grinta” della classe operaia, di capacità politica, senza la quale davvero non c’è nemmeno la qualità della produzione?

Forse il cav. crede che varare la “Michelangelo” o la bellissima ed offesa “Andrea Doria” fosse come amministrar denaro fatto alla facile col costruire quartieri attorno a Milano o con televisioni dementi?
A Sestri c’è giusta, sacrosanta rabbia per una caduta di peso del lavoro qualificato che viene spostato,portato altrove, modificato, fatto a pezzetti per darne al Terzo mondo le ripetitività. C’è gente che ha competenze che si è vista di colpo rifiutate, annullate per qualche gol del Milan in più o per giochini televisivi. E’ proprio difficile capire perché non ci sta? Perché fischia? Perché è ancora popolo e non plebe miope e berciante?

Rispettiamola, dunque, questa  classe operaia abbandonata, che cerca, con rabbia e con fatica, anche in casa propria i motivi di tale perdita di condizione. Non ha bisogno di slogans, di sorrisi, di “ricrescite” e, in quanto alle spallate, crede soltanto a quelle serie e pagate col sangue: la cacciata dei nazifascismi da Genova e la salvaguardia delle strutture produttive spesso minate o pronte per essere trasferite in Germania è cosa ben più ardua della salitella che porta al Quirinale, specie se percorsa in auto blu.

D’accordo sul lancio di oggetti: questo, davvero, non si fa. Ma una sonora, spontanea, fischiata spesso è l’unico sfogo lasciato ai repressi che, altrimenti, rischiano di scoppiare. Risolviamoli davvero, seriamente e senza slogans, i gravi, tremendi problemi della metamorfosi del ponente genovese e ridiamo voce a chi ha lavorato con competenza per anni ed anni e conosce, meglio di tutti, la situazione e come prospettare i rimedi. Ridiamo un vettore politico, un partito che sia davvero il loro a queste persone e che davvero li ascolti e li tenga in considerazione. Hanno ragione da vendere!

                                                                                         Sergio Giuliani