Le parole hanno grande importanza in questo sommovimento generale: esse rispecchiano il diverso modo di vedere il mondo cui tutti siamo soggetti sotto l’assedio mediatico. Eloquente la traslazione di significato da debito a credito, e viceversa.
UN MONDO ALLA ROVESCIA

Marco G. Pellifroni

“Tutto intorno a te!”, diceva un recente spot pubblicitario. In effetti, è stato costruito intorno a noi un mondo inverso, oltrechè perverso. Uso l’impersonale, in quanto il mondo circostante non è frutto di una nostra autoctona cultura, bensì di una forzatura estranea alla quale veniamo pressantemente costretti ad adattarci. In termini aristotelici, la nostra è una società paziente, anziché agente; e gli agenti, ossia i “motori immobili” stanno altrove, in remoti e imperscrutabili recessi.

Gli agenti, di conseguenza, sono riusciti a smaterializzarsi ed apparire come entità quasi-mitiche (fato, necessità, poteri forti) al “vil popol dannato”, che lavora e produce al loro servizio. Chi li chiama massoni, chi illuminati, chi finanzieri internazionali; e forse sono l’una e l’altra cosa: li accomuna soltanto il non essere configurabili né accessibili, seminando persino il dubbio della loro esistenza; un po’ come la mafia, che i mafiosi affermano non esistere.

Io scelgo il termine di “illuminati”, in quanto ritengo che il potere smisurato che hanno sull’umanità li porti a credere di esser prossimi a Dio, o perlomeno di esserne, quanto meno, illuminati.

Per costoro all’apice dei valori sta il denaro; e il loro capolavoro sta nell’esser riusciti a trasmutarlo da bene solido ad entità astratta mediante un processo alchemico inverso, l’oro non essendo il punto di arrivo, ma di partenza: ossia il prodotto del lavoro altrui che vaporizza, in un gigantesco gioco globale, per ritrovarsi, più concreto che mai, negli agi di hotel extra-lusso e panfili armatoriali nelle acque amiche di qualche paradiso off-shore: quelli che nessun corpo speciale o base USA metterà mai in subbuglio, pronti semmai a difenderli da eventuali attacchi di diseredati.

Le parole hanno grande importanza in questo sommovimento generale: esse rispecchiano il diverso modo di vedere il mondo cui tutti siamo soggetti sotto l’assedio mediatico. Eloquente la traslazione di significato da debito a credito, e viceversa.

I debitori hanno astutamente usurpato ai legittimi proprietari l’appellativo loro proprio e si ergono con la spocchia dei creditori sulle spoglie di coloro ai quali hanno strappato tutto. I cosiddetti istituti di credito non sono in realtà che un cartello di debitori nei confronti dei cittadini, non solo italiani, dai quali, pur senza aver nulla dato, vantano crediti tanto vessatori quanto inesistenti; in ciò seguendo il modello delle banche centrali, che esigono dagli Stati membri rimborsi di fantomatici prestiti (di carta stampata: i nostri euro). [Rimando chi rimanesse disorientato di fronte a questi ragionamenti ai miei precedenti articoli sull’argomento, sempre su questo sito].

La cosa più sbalorditiva è l’assenza di reazione, non dico da parte della gente, ormai addestrata a subire e tacere, quanto degli organi governativi; o, peggio ancora, delle opposizioni di turno, che nulla oppongono al disvelamento di un raggiro tanto iniquo quanto invasivo dei diritti di proprietà degli individui, calpestati con sequestri, pignoramenti, confische. (*)

E qui chiamo in causa politici e magistrati, entrambi rappresentati dalla figura del primo cittadino italiano. I primi si atteggiano a “persone non informate dei fatti”, insomma ignare del problema. Ebbene, ignare non possono più esserlo, grazie alla serie di pubblici dibattiti, congressi e pubblicazioni che denunciano ormai da tempo in tutta la loro gravità i soprusi bancari. Cessino dunque di fare omertà ed entrino nell’arena, magari per produrre argomenti plausibili che sconfessino quanto noi affermiamo e tacciarci di mendacia. Se invece su questo tema manterranno il silenzio, per mancanza di argomenti, il significato sarà univoco: e cioè che le contropartite sono tali da configurarsi superiori ai già prodighi emolumenti che le leggi, da essi stessi votate, elargiscono loro. In caso contrario, denuncino a chiare lettere quanto noi stessi denunciamo: si uniscano a noi, a difesa dei cittadini che li hanno votati e non ci lascino soli in questo impari confronto.

Quanto alla magistratura, troppi giudici emettono con eccessiva facilità ingiunzioni di pagamento provvisoriamente esecutive quando a richiederle sono le banche. E qualora ci si appelli alla legge contro il saccheggio che sistematicamente le banche attuano nei confronti dei beni dei cittadini, persino la Cassazione allarga le braccia affermando che si tratta di materia “metagiuridica”, su cui cioè non vige la legge italiana. Non vige perché la nostra classe politica l’ha espropriata a favore di una struttura sovranazionale quale la BCE: ha consegnato la politica monetaria nazionale a forze estranee senza possibilità di interferenza da parte nostra. In sostanza, ha consegnato l’Italia ai signori del denaro. Lascio a un giurista trovare un nome per questo reato. Alto tradimento?

Quello che noi chiediamo è allora che sia la classe politica, possibilmente rinnovata, che la magistratura si attivino per ripristinare la nostra auto-determinazione monetaria, che solo con l’emissione di denaro pubblico, senza interessi alle banche, è possibile conseguire. Tanto per cominciare, si utilizzi la Corte dei Conti, che vigila sulle spese dello Stato, affinché indaghi sulle sue uscite più macroscopiche, e cioè sui pagamenti in Titoli di Stato che quest’ultimo cede alla BCE per ottenere il “prestito” delle sue variopinte banconote. La Corte Costituzionale, su istanza di un idoneo organo istituzionale, controlli se è confacente agli interessi del Paese la legittimazione della totale proprietà privata della Banca d’Italia, come ratificata all’art. 3 della riforma della Banca stessa lo scorso Dicembre dal Presidente della Repubblica Napolitano, che pure è preposto a salvaguardare l’indipendenza fisica e monetaria della nazione. La Guardia di Finanza allenti il compito di controllare le miriadi di piccole partite Iva, che corrispondono perlopiù a ragazzi senza lavoro costretti a crearsene uno in proprio, ed entri nel santuario di Bankitalia SpA per cercar di capire se è corretto che quest’ultima iscriva a passivo la cessione di carta stampata per il suo valore nominale, o se non sia piuttosto uno stratagemma per evadere il fisco; ed entri anche nei minori ma capillari santuari delle varie banche private per capire in base a quale legge siano autorizzate a prestare denaro che non hanno in cassa, esigendo un interesse e pignorando i beni degli insolventi, dietro zelante mandato dei Tribunali. Anche qui, si conteggiano a passivo i soldi virtuali dati in “prestito”, sempre per non pagarci le tasse, ma diventano beni concreti nei casi di pignoramento. Il risultato è la creazione di denaro bancario privato, sostitutivo di quello pubblico, ridotto ad una frazione irrisoria (le monetine) di una frazione del denaro cartaceo circolante, privato anch’esso, a sua volta esigua frazione del denaro virtuale, emesso a iosa dai computer delle banche commerciali, che stanno espropriando una prerogativa fondante dello Stato nell’indifferenza generale.

Lavoro da fare ai piani alti, come si vede, ce n’è, e tanto. Ma le uniche azioni che i poteri che si sono sin qui fregiati del titolo di pubblici si sono prodigati a fare sono invece volte a far soccombere in ogni campo il pubblico al privato, che se li sta ingoiando; portando così a concludere che “oggetto effettivo delle privatizzazioni non sono beni o imprese, ma le stesse funzioni pubbliche e statali”, per cui “assistiamo al principio inverso rispetto a quello delle partecipazioni pubbliche: invece dello Stato imprenditore, abbiamo l’Imprenditore stato” (**). Esecutori: ex-partiti di sinistra. Davvero un mondo alla rovescia!   

Marco Giacinto Pellifroni                                                          27 maggio 2007

 

(*) Si legga in proposito “Le banche cacciano in branco, come i lupi”, di Marco Della Luna, su “Il consapevole”, Feb. 2007.

(**) V. “La privatizzazione del potere” di Marco Della Luna, su “Il consapevole”, Settembre 2006.