La donna conta la metà. Senza dubbio, l’attestazione dell’inferiorità femminile non è una realtà che può essere definita “malvelata”!
IRAN, SESSISMO “MALVELATO”

Sara Falconi

 Come ogni anno, di questa stagione, gli abiti iniziano ad alleggerirsi e le donne cominciano a pensare alla fatidica “prova costume”! Si moltiplicano pubblicità di diete miracolose e di prodotti light, indirizzati a chi desidera perdere qualche chilo per rientrare nei succinti vestitini estivi o per indossare quegli shorts tanto di moda. Questo in occidente.

Se ci trasferiamo nel mondo islamico, e precisamente in Iran, dobbiamo iniziare diversamente la nostra cronaca.

Come ogni anno, di questa stagione, a Teheran e nelle altre città dell’Iran si intensificano le ammonizioni a rispettare il codice di comportamento islamico per quanto riguarda il look estivo. “Niente prova costume…?” Si chiederà qualche disinformato.

Gli iraniani sono ormai abituati a questo tipo di polemica, che si accentua ad ogni inizio estate, quando il caldo si fa sentire e gli abiti tendono a ridursi. Da tempo le controversie riguardano i soprabiti trasparenti e attillati, le sciarpe meno larghe, i pantaloni corti o il gel nei capelli dei ragazzi, ma, soprattutto, le “malvelate”. È dalla rivoluzione islamica del 1979 che le iraniane, di qualunque età, sono obbligate per legge ad indossare lo hijab, il tradizionale velo che tutte le donne recano in capo. Mai come quest’anno però i controlli si erano fatti tanto imponenti. La campagna contro le malvelate, quelle donne che osano indossare un velo più corto o non adeguatamente coprente, è cominciata con un’operazione della polizia che, per la sicurezza pubblica, ha preso a controllare a tappeto il numero più elevato possibile di persone, non indugiando con le ammonizioni e le ammende. Tre giorni dopo l’inizio di quella che viene presentata come una campagna di moralizzazione, il capo della polizia di Teheran, Mehdi Amadi, stila il primo bilancio: i suoi agenti hanno rimproverato e impartito lezioni di morale islamica a 1347 donne e ne hanno fermate e portate in commissariato 117. Sono stati ammoniti anche i gestori di 544 tra negozi e locali, una ventina dei quali sono stati chiusi.

L’Associazione delle Donne democratiche iraniane in Italia denuncia l’inasprirsi dei provvedimenti. L’ufficio del procuratore dello Stato ha annunciato che quante risulteranno "malvelate" saranno frustate immediatamente e ha fatto affiggere enormi tabelloni, anche sulle vetrine dei negozi, nei quali si avverte che, in caso di violazione del codice sull’abbigliamento, le donne, subito dopo l’arresto, compariranno davanti ad un giudice islamico per ricevere la condanna, normalmente 100 frustate in pubblico. Le affissioni annunciano, inoltre, che i foulards che non copriranno i capelli ed il collo, i soprabiti o i cappotti stretti e quelli corti sopra il ginocchio e di cui le maniche non nasconderanno il polso, i pantaloni stretti che non avvolgeranno le caviglie e il trucco saranno proibiti. Il procuratore richiederà le pene massime per coloro che trasgrediranno. Le donne, i cui foulard non copriranno correttamente i capelli, affronteranno da 10 giorni a 10 mesi di prigione.

Negli ultimi tempi la moda iraniana era in pieno fermento. Nonostante le restrizioni della legge islamica, a Teheran stavano prendendo vita nuove tendenze, come diversi modi di annodare il foulard o l’uso del rossetto e dello smalto nero durante il moharam, il mese di lutto per gli sciiti. Si intravedevano addirittura eleganti spolverini nelle boutique più rinomate. Gli otto anni di presidenza di Mohammad Khatami avevano portato ad una maggiore apertura culturale. Si avvistavano foulard inconsueti in luoghi pubblici, uomini e donne che camminavano liberamente insieme, concerti e teatri di strada.

All’inizio del suo incarico, il presidente Ahmadi Nejad aveva affermato di non voler interferire sull’abbigliamento e sulla quotidianità delle persone, ma non ha successivamente trovato l’appoggio dei suoi veri sostenitori, per i quali l’attuale corruzione morale è insopportabile. Gli ayatollah di Qom e l’entourage del presidente denunciano con preoccupazione la scomparsa di quei valori per cui era stata intrapresa la rivoluzione.  Così le forze dell’ordine prendono in mano la situazione, spiegando che il loro intervento è mirato al bene delle donne, le quali si devono proteggere da eventuali violenze maschili. D’altronde, sostengono i poliziotti, la maggior parte delle violenze sessuali avviene nei confronti di ragazze “malvelate”.

Nell’ultima settimana, l’azione nei confronti delle inadempienti si è fatta più incisiva. Una ripresa video mostra dei militari che, in una piazza di Teheran, fermano due donne, madre e figlia. I loro abiti non si confanno alla normativa islamica. La figlia tenta di ribattere alle accuse mosse dagli agenti che, in tutta risposta, decidono di arrestarla. La giovane si ribella e i militari prendono a colpirla con calci e pugni. A questo punto intervengono anche i passanti, che tentano di salvare la ragazza, ormai ferita e sanguinante.

La gente non sembra adeguarsi con rispetto e coscienza a queste regole. Una forte maggioranza di popolazione giovanile iraniana non si riconosce più nella religione di stato. Per strada si tenta di discutere con gli agenti e si corre in aiuto di chi viene aggredito. Nel sud del paese le nuove restrizioni hanno già provocato una protesta. A Shiraz, con precisione, circa duemila studenti universitari, per lo più uomini, hanno protestato contro una circolare del rettore, che vietava magliette senza maniche e capelli “alla punk” anche nei dormitori. La protesta ha raggiunto il suo scopo, la circolare è stata ritirata.

E le “malvelate”? Verrà ascoltata la loro protesta? Certo, vestiti e hijab sono un simbolo, un punto di partenza per la conquista di maggiori diritti, ma, come ci ricorda il premio Nobel per la pace Shirin Ebadi, in tribunale serve la testimonianza di due donne per pareggiare quella di un uomo. La donna conta la metà. Senza dubbio, l’attestazione dell’inferiorità femminile non è una realtà che può essere definita “malvelata”!

Sara Falconi