DATI DELLA CGIL IN PROVINCIA 4 MILA 478 POSTI IN PIU’
Savona, cresce l’occupazione
L’ economia dà segnali di ripresa, ma dilaga il lavoro precario
ERMANNO BRANCA  LA STAMPA

SAVONA
L’economia savonese dà segni di ripresa ma l’occupazione è sempre più all’insegna del precariato. Il dato emerge dallo studio sulla congiuntura della provincia di Savona nel 2006 presentato ieri mattina da Bruno Spagnoletti della Cgil. Per la prima volta dopo molti anni si assiste ad una positiva inversione di tendenza con l’aumento del prodotto interno lordo e dell’occupazione. Rispetto al 2005 sono stati creati 4 mila 478 posti di lavoro in più. «Per quanto riguarda il prodotto interno lordo - spiega Spagnoletti - la crescita è stata dell’1,6%, mediamente due decimali in meno rispetto al resto della Liguria. La crescita comunque è un dato oggettivo ed è legata in particolare all’industria manufatturiera e soprattutto metalmeccanica, alla positiva ripresa dell’agricoltura, al terziario che ha mantenuto i livelli consueti, mentre frenano i settori della chimica e delle costruzioni. Nel settore turistico al di là del segno positivo, la crescita è stata del 50% rispetto al resto della Liguria. E questo nel lungo periodo non lascia certo tranquilli».
L’occupazione complessiva si attesta a 116 mila 151 persone, con una netta predominanza maschine (68 mila). Il tasso di disoccupazione è sceso ai minimi del 4,5%, inferiore di tre decimi alla media ligure. I posti di lavoro sono concentrati ancora nel terziario (73,8%), mentre l’industria in senso stretto occupa il 14% dei savonesi, il 7% le costruzioni e il 5% l’agricoltura.
Gli elementi di preoccupazione riguardano piuttosto la composizione degli occupati, che al 63% sono formati da autonomi, mentre i dipendenti rappresentano appena il 36%. Prosegue insomma il processo di terziarizzazione spinta, caratteristico delle economie in crisi. L’altro dato caratteristico della provincia di Savona è quello delle tipologie contrattuali, indirizzate sempre più spesso verso il lavoro a tempo determinato che oggi rappresenta il 55%, contro il 36% dei posti a tempo indeterminato. Al precariato si aggiungo poi il 4,5% di apprendistato e un altro 3% di contratti atipici.