Col trascorrere degli anni, il divario tra usi endogeni e norme esogene si fa via via più marcato
Tutti fuorilegge!

Marco G. Pellifroni

Apprendo da notizie stampa che i controlli della Guardia di Finanza hanno rilevato che il 95% dei controllati ha violato le norme fiscali.
Forse sfugge ai più l’enormità di una simile constatazione e la necessità di una corale riflessione. Infatti, se la quasi totalità dei cittadini viola la legge, i casi sono due: o gli italiani sono un popolo di

delinquenti, o le leggi varate da chi li governa sono delinquenziali.
La prima ipotesi è da escludersi, in quanto un’intera comunità non può sconfessare se stessa, dal momento che le leggi scritte non sono che l’ultimo stadio della formazione lenta e secolare di usi e costumi che un popolo si dà, con la differenza che questi nascono in forma spontanea e necessaria alla civile convivenza, laddove quelle vengono delegate ad una ristretta casta di legislatori sempre più lontani dalle reali esigenze della società e inclini ad inseguire ideali di comportamento oscillanti tra il virtuoso e il virtuale. Col trascorrere degli anni, il divario tra usi endogeni e norme esogene si fa via via più marcato, fino ad arrivare all’assurdo di norme avulse dal tessuto sociale sul quale pretendono di forzarsi, trasformando l’adesione partecipe in giogo imposto e quindi generatore di sentimenti di dissociazione e di rivalsa.
Questa è precisamente la sensazione oggi dominante tra la gente: quella comune, che non ha accesso alle scorciatoie e men che meno ai privilegi grazie ai quali possono sottrarsi agli effetti delle norme coloro che le emanano.

La seconda ipotesi è quella più probabile, in quanto la pretesa di imporre leggi la cui osservanza contrasta col senso comune è non solo velleitaria, bensì anche tirannica. Non si dimentichi che i tiranni d’ogni epoca si contraddistinsero per la promulgazione e l’imposizione forzata di gabelle superiori alle capacità contributive delle classi produttive, portando alla rovina, alla fame e persino al suicidio innumerevoli soggetti non in grado di far fronte alle esazioni. Il progressivo allargarsi del fossato tra poveri e ricchi, col crescere dei primi e il restringersi dei secondi, è indice del ripetersi del fenomeno appena accennato, e costituisce la strada maestra verso la resa totale dei molti ai comandi dei pochi.

Oggi, nonostante le rosee dichiarazioni del Governo, la scelta dei più è tra impiego precario e lavoro in proprio, ove chi offre lavoro precario non rischia più alcuna sanzione, mentre chi il lavoro se lo dà da solo, con l’unica alternativa della disoccupazione, è esposto a quei controlli dai quali il solo 5% esce indenne.

Ne esce un quadro di profonda e crescente ingiustizia sociale, col ritorno a forme di sfruttamento esercitate un tempo dai signori ed oggi sia dalla corporate society che dallo Stato, severo con i deboli (il mare magnum dei precari e dei lavoratori autonomi per necessità) e condiscendente con i forti (banche, multinazionali, grande distribuzione, parlamentari e commis di Stato).

Ne traggo un auspicio affinchè il Governo cessi di appuntarsi medaglie per le misure contro i parrucchieri, i benzinai, i tassisti e insomma la pletora di lavoratori che stantano a sbarcare il lunario e compia invece atti di vero coraggio verso quelle forze che tendono soltanto all’accrescimento di un capitale finanziario che prospera sulla decrescita del capitale naturale e umano.

In nome della sicurezza personale, attraverso allarmi terroristici, ci hanno tolto gran parte delle nostre libertà; in nome della sicurezza stradale, viviamo tra agguati sanzionatori ad ogni angolo di strada (anche qui, grazie a norme artatamente impraticabili); tra roboanti affermazioni di diritti alla privacy siamo esposti ad ogni genere di intrusioni nella nostra vita, da telecamere a spiate bancarie. Ci viene offerta una sedicente protezione da terroristi e rapinatori, mentre nessuno ci protegge dal Grande Protettore, che mentre punisce con rigore i cittadini per infrazioni minori ai suoi codici assurdi, non pone pari impegno nel debellare le varie mafie, i cui giri di “affari” ci vengono riportati aggirarsi nelle centinaia di miliardi: insomma, la parabola evangelica della pagliuzza nell’occhio altrui comparata alla trave nell’occhio proprio.

MARCO G. PELLIFRONI