L’alternativa, come ha sentenziato Bertolotto, non è più fra destra e sinistra (che infatti sono sempre più d’accordo su molte grandi iniziative) ma fra progresso e immobilismo, fra modernità e arretratezza.
Attendiamo gli sviluppi dello sviluppo
                       di Nonna Abelarda        versione stampabile

incubatore savona

Martedì  8 maggio, sfidando le serie conseguenze a carico di fegato e organi biliari ho partecipato al convegno “costruire il futuro. Porto e logistica, risorse per il territorio.

Luogo, emblematico: quella palazzina BIC ben nascosta all’interno dell’ambito portuale, splendidamente ristrutturata. Avrebbe dovuto essere un incubatore di nuove imprese (il nome Sviluppo Italia, casualmente, sta diventando famigerato, vedi inchieste di Report e iniziative di protesta in atto) , e intanto l’avevano sistemata dove, fino a poco fa, non si accedeva se non con vincoli doganali. Bella mossa.

Ho potuto così pensare per un attimo a cosa  doveva essere la Savona altomedioevale affacciata sul mare, prima che la radessero al suolo, allo stupendo panorama e alla bellezza intrinseca di queste zone portuali, prossime ad essere  definitivamente affogate nel nuovo cemento. Corsi e ricorsi storici.

All’interno, un parterre de roi. (Che non ho mai saputo cosa voglia dire ma ci sta bene). Aria condizionata, hostess tiratissime, e io in jeans e maglietta stavo per salutare e andarmene, intimorita dall’ambiente, come è accaduto ad altri cittadini che volevano partecipare, i pochi che erano riusciti a trovare la palazzina nel dedalo portuale. Per fortuna (fortuna?)  l’appoggio morale degli amici mi ha trattenuta.

Dentro la sala, atmosfera fra il beccamorto di lusso e il ballo della regina. Tutti in giacca blu, le poche signore presenti con mise extralusso.

Nell’introduzione al convegno, fatta da uno di Maestrale, associazione gerundica, si precisa, calcando la voce,  che tutta questa operazione si limita solo a “sostituire cemento con cemento”.

Ho le idee confuse, ed è solo l’inizio. Si parla di aree? No, perché se si parla di cubature i conti non mi tornano. E sono considerati cemento anche il mare davanti Vado Ligure (contenitori), davanti Savona-Albisola (torre Fuksas) e lo scoglio della Madonnetta? E poi perché il cemento bisogna proprio sostituirlo sempre, obbligatoriamente,  con cemento?

Domande senza risposta, come tutte le altre che seguiranno. Domande che siamo impossibilitati a esprimere, perché al convegno se le cantano e se le suonano e non esiste confronto o contraddittorio. Non ho mai assistito, anzi, a cotanta granitica sicurezza.

Scorrono vari dati portuali. Fa specie l’elevato numero di imprese e il basso numero di occupati, in totale e in percentuale. Nel secondo caso si tratta di quel “nanismo” come male in generale dell’impresa italiana, sul quale si può essere d’accordo che sia negativo.(Insieme, non dimentichiamolo, con la bassa specializzazione e bassa qualificazione degli addetti).  Ma rimane il fatto che anche in totale i numeri sono bassini,  compresi indotto, trasporti e quant’altro. Ne vale così tanto la pena?

Parte il filmato iniziale, con musica di sottofondo stile Sherazade che vorrebbe essere suadente, e invece è involontariamente minacciosa. Immagini del porto nel passato. Si arriva al presente, e la musica si inceppa. Si arriva ai piani di sviluppo futuri, prime immagini tipo Margonara e il filmato si blocca del tutto, con la musica trasformata in un unico ronzio di sottofondo, piuttosto  irriverente.

Mi commuovo. Anche i computer hanno un’anima. Se non è un segnale divino questo…

Pellizzetti

Superato un breve imbarazzo in sala, parla il giornalista Pellizzetti, dall’eloquio forbito, eccezionale, d’altri tempi, che ti incanteresti ad ascoltarlo se non fosse per le cose che dice. Più che un moderatore, pare un incensatore-imbonitore.

E’ talmente sperticato e assolutista nelle sue affermazioni moderniste, degne di Marinetti e del futurismo anni ’20,  che persino tra il pubblico, in gran parte schierato, si insinua un lieve disagio. Lui se ne accorge e non insiste oltre.

 In sintesi, la tesi, espressa da lui e poi ribadita per tutto il convegno, è:  questo è l’unico sviluppo possibile – non il migliore, questo non  hanno avuto il coraggio di sostenerlo, e sarebbe stata dura dimostrarlo, del resto, anche per loro -  ma l’unica, la sola alternativa al declino. Tertium non datur. O così o pomì. Nuotare o affogare.

Chi non lo pensa, chi non vede queste cose lampanti, è il solito savonese miope, torpido, arretrato, con i soldi nel materasso, mugugnone che dà sempre colpa di tutto a Genova. Non c’è più industria e il terziario langue. Il porto è una grande realtà, solo che non si sa abbastanza, e noi siamo qui per spiegarlo. Savona (udite udite!) è un esempio virtuoso di sviluppo, di cui essere fieri. Noi siamo tutti bravissimi. Il futuro è nei flussi, di merce come di informazioni in rete. Qui, ovvio, si parla solo di merce.

Sarà. Ora, io ho un concetto ben chiaro: se un  affare è buono, la cosa salta agli occhi da sola, senza bisogno di spiegazioni o pubblicità. Se invece un operatore finanziario o commerciale insiste tanto a decantarmelo e parla solo di pregi, comincio a diffidare. Se poi si tratta (come in questo caso) di un qualcosa già approvato, in atto, che come cittadino volente o nolente  ho già sottoscritto a scatola chiusa, la diffidenza diventa terrore.

Insomma, perché devono farcelo digerire a tutti i costi? Cosa vogliono da noi? Entusiasmo? Approvazione incondizionata? Un patto di sangue? L’anima?

Non ho ascoltato fino alla fine. Poco dopo le 19 sono andata via. Posso parlare per quel che ho sentito. Mi dicono che gli interventi finali, quelli dei sindaci, fossero  migliori.

Parlavano i vari relatori, imbeccati da ossequiose domande del giornalista. E intanto davanti agli occhi mi vedevo file e file di container impilati, fino alla Val Bormida, un incubo in stile the wall dei Pink Floyd.  E poi ancora, capannoni su capannoni, nella pianura padana. Avete presente, quando passate in autostrada, tutte quelle nuove orribili costruzioni al posto dei campi coltivati,  e le scritte vendesi e affittasi? E piattaforme, e ampi spazi cementati, e file e file di camion ordinatamente incolonnati, e degrado e alienazione del territorio. Su tutto, l’ombra lunga della peggiore globalizzazione e del capitalismo avanzato, ingordo e senza regole.

Strizzo gli occhi, sperando di svegliarmi dall’incubo, e invece ascolto il presidente della provincia  che accenna appena, quasi en passant, al fatto di aver avvisato gli agricoltori della piana albenganese: vi lamentate tanto che l’agricoltura è in crisi, attenti che con i nuovi sviluppi di infrastrutture quelle aree potrebbero diventare molto appetibili per la logistica!!!Cioè, piattaforme container anche al posto degli orti e delle serre.

Si dice che questo modello è indispensabile, che siamo già indietro rispetto ad altri paesi, rispetto a realtà aziendali gigantesche, che dobbiamo diventare la porta (dell’Oriente? Dei prodotti da poco prezzo e pessima qualità, prodotti senza attenzione alla sicurezza, all’ambiente, ai diritti delle persone,  e del carbone degli schiavi cinesi?) verso l’Europa. Che la Val Bormida l’ha già capito, più di Savona.  (Lo credo: come alternative proposte sono alla canna del gas!)

Bertolotto mostra  grafici e tabelle da cui si vede come stia già aumentando il traffico, sia civile sia di merci, sulle autostrade: questo sarebbe altro traffico in più, da sommare!

Per fortuna parlano anche di ferrovie, nota positiva, anche se in modo un po’ confuso. Infatti il rappresentante degli agenti marittimi fa un curioso parallelo fra diminuzione della popolazione italiana e il fatto che abbiamo sempre due macchinisti sui treni. Detto così, sembra si tratti solo di inefficienza, sprechi  o assistenzialismo: in realtà, se all’estero hanno un solo macchinista è perché hanno treni molto più moderni che lo permettono. E’ questione di decenni di mancati investimenti, ferrovie e mezzi obsoleti, non di personale.

Bertolotto accenna vagamente a potenziare la ferrovia SV-S. Giuseppe, cosa assolutamente auspicabile, in realtà si diffonde molto di più sulla bretella autostradale Albenga Millesimo Predosa. Dice che abbiamo molto meno autostrade, in percentuale al territorio, rispetto ai paesi più avanzati, e dobbiamo recuperare.

Qui sobbalzo: e non vogliamo tener conto della conformazione dello stivale, dell’orografia? Avere una densità di autostrade come la Germania significherebbe trasformare il paese in una specie di orrido gruviera. Questo aiuterebbe il turismo delle bellezze naturali e artistiche?

Ora dico: se siamo indietro nello sviluppo logistico, e rischiamo comunque, per una serie di fattori, di rimanerlo, e non è detto che tutti questi sforzi portino gli operatori esteri a scegliere i nostri porti, e non si tratta certo di un tipo di crescita che possa portare benefici a larghe fette della popolazione, ma piuttosto svantaggi enormi,  non sarebbe meglio puntare a sviluppi più compatibili, secondo le tendenze più avanzate, anziché rincorrere disperatamente tendenze già vecchie, e di cui si conoscono i danni?

Mi ricorda uno, che da ragazzino non aveva potuto fumare perché i suoi non volevano,  e che adesso per ricuperare si fa tre pacchetti al giorno, nonostante metà dei suoi amici abbia smesso e gli altri abbiano un tumore.

Ma le proposte di sviluppo alternativo, sostenibile, sono state liquidate sprezzantemente dal moderatore all’inizio, in tre parole, citando unicamente “una pista ciclabile fra Vado e Albisola”. Una cosa che neanche avevo mai sentito, come se non fossero esistite altre possibilità più serie, respinte, soffocate sul nascere o mai discusse in pubblico.

Si parla solo di sviluppo, sviluppo, sviluppo, questo termine tanto sbandierato e mai spiegato. E  si glissa su altri dati, tipo occupazione e ricadute sulla comunità.

Ora, sviluppo di per sé non è parola necessariamente positiva, come non lo è sempre la crescita. Né al, contrario, la conservazione e valorizzazione di ambiente e risorse significano per forza stagnazione e declino. Ci si può guadagnare, sopra. Ci si può impostare occupazione, benessere e progresso. Migliore e più duraturo.

Non a caso a sviluppo e crescita, da almeno quindici anni a questa parte, anche nelle grandi multinazionali si appiccica spesso l’aggettivo “sostenibile”  . Sostenibile per l’ambiente, per l’essere umano, per la comunità e per la qualità della vita.

Cose che non sono minimamente sfiorate nel nostro convegno, almeno finché ho sentito io. A far sospettare che qui sviluppo significhi solo ricchezza e lauti affari per qualcuno, ricatto e spada di Damocle per la cittadinanza.  Tanto per dire, che c’azzecca tutta questa edilizia residenziale di lusso  con la logistica e, appunto, con lo sviluppo?

Ho notato che una parte dell’uditorio, forse circa un terzo, non ha mai applaudito. Magari si trattava di disoccupati di tutta quell’industria morta e sepolta, (e mai risuscitata, meno che mai in forme moderne e tecnologiche avanzate!) o di addetti di quel terziario in crisi. Che lo sarà sempre di più, man mano che il turismo sostenibile andrà a farsi benedire.  Ma forse, chissà,  dovrebbero sperare tutti in un posto da spedizioniere o autotrasportatore o guardiano di yacht.

Convinciamocene, un buona volta: l’alternativa, come ha sentenziato Bertolotto, non è più fra destra e sinistra (che infatti sono sempre più d’accordo su molte grandi iniziative) ma fra progresso e immobilismo, fra modernità e arretratezza.

Scusate ma a questo punto vado a rimettere gli spiccioli nel materasso.

Nonna Abelarda