FOGLI MOBILI

La rubrica di Gloria Bardi

QUI LO “DICO” E QUI LO NEGO

 

Ma allora vogliamo proprio dirla tutta?
L’Italia cattolica, proprio quell’Italia lì, è piena di famiglie di fatto e non da ora ma da sempre. L’importante è che siano i Tribunali rotali a nominare le cose e non i protagonisti dei vincoli affettivi e giuridici costitutivi della famiglia.

Insomma, ieri la doppia piazza era molto più significativa di quanto non apparisse, così come lo era la ricorrenza della legge sul divorzio.
Quel divorzio che il governo liberale di Giovanni Giolitti aveva venduto nel 1913 a Ottorino Gentiloni per il piatto di lenticchie del sostegno elettorale, ciò che aveva segnato la fine della laicità in Italia. 
Mi permetto di fare una domanda: prima della legge sul divorzio in Italia si poteva o no sciogliere un matrimonio?

E rispondo: sì, ma solo se si era sposati in Chiesa.

La procedura si chiamava e si chiama “annullamento” e, sostenendo che quel matrimonio non è mai esistito per vizio di presupposto, riduce la “storia” di quella “viziata” (e viziosa) famiglia a quella di una “famiglia di fatto”.   

Tra i presupposti che inficiano la legittimità del vincolo non sta solo la nota “non consumazione del matrimonio” che solo in rari casi è stata invocata ma cose del tipo “esclusione del bene della prole” o assenza di fede nei confronti del sacramento.   

Ovviamente tutto il procedimento si basa sulla dichiarazione delle intenzioni o su testimoni che dicono cose come: “sì, un giorno gli ho sentito dire “i figli sono un danno” e un altro giorno: “i bambini mi esasperano”.

Non sto inventando nulla ma  parlo per esperienza diretta.

Ma se volete altre informazioni vi sarà agevole ottenerle. Sì perché, udite genti, mentre piazza San Giovanni leva la propria voce al Cielo, impressionando in verità più Francesco Rutelli che Cherubini e Serafini, il Tribunale della Sacra Rota di Genova ha pubblica un VADEMECUM per orientare le famiglie che vogliano chiedere l’annullamento del matrimonio, in maniera più veloce ed economica del divorzio, e che consente di risposarsi in Chiesa.
(Ma perché tutto qui da noi finisce per essere tanto incredibilmente ridicolo?)

Ma torniamo all’annullamento.

Ora, la  questione, vademecum a parte, non farebbe una grinza se fosse limitata all’annullamento del sacramento (ciò che sciogli in terra sarà sciolto anche in cielo).

Io non sono tra quelli che si scaldano per il negato funerale a Welby: lì la Chiesa gioca in casa propria e in casa propria è sovrana. Anche se la delusione dei parenti può dispiacere,  i sostenitori della causa di Welby erano consapevoli del no della chiesa e devono accettarne il prezzo e l’autorità. Le scelte hanno dei costi umani e li hanno proprio perché sono scelte.   

Anzi, credo che la Chiesa dovrebbe essere molto più coerente con se stessa e molto più rigorosa sul piano dell’etica, rendendone esplicite le condizioni, a partire dalla morale sessuale e dalla condanna degli anticoncezionali e dei preservativi. Ma non è facile spiegare ai giovani che devono astenersi dai rapporti prematrimoniali (perché così è), meglio condizionare la politica perché crei più paletti possibile. E magari venga condannato a morte “Ergo Sum” perché sensibilizza all’uso del preservativo. 

Il cattolicesimo ha scelto la politica della proibizione e da tempo ha rinunciato all’etica della dissuasione. Ha scelto di interloquire con la legge e  non con la coscienza. L’ho scritto altre volte: non so cosa pensi la CEI di un Padreterno che, invece di circondarlo di filo spinato, ha messo lì nel ben mezzo dell’eden l’albero dei frutti proibiti. Anche i DICO sono frutti moralmente proibiti di cui nessuno, che reputi diversamente, è obbligato a nutrirsi.  Proibirli giuridicamente: questo è abusante perché nega un diritto altrui. E’ irricevibile da uno stato che voglia continuare a dichiararsi “liberale”.Per questo piazza San Giovanni era, malgrado gli slogan, una piazza “contro” e non una piazza “pro”.

Non è abusivo da parte della Chiesa, dicevo, aver negato il funerale a Welby.

Scandaloso è invece che lo stato neghi per motivi di tipo religioso il diritto di un uomo a  porre fine a una vita che lui percepisce come dannosa. 

Così come scandaloso è che l’annullamento del sacramento matrimoniale abbia conseguenze civili (prima dell’ultima revisione del Concordato simultanee, ora a distanza di qualche mese) senza bisogno di altri procedimenti

Lo Stato recepisce e dà per buono il processo alle intenzioni di cui si alimenta il tribunale etico della Sacra Rota, ovvero l’esclusione del bene della prole, la non fede nel Sacramento, la riserva mentale? Un’altra bestemmia civile a cui ci siamo assuefatti, come quella degli insegnanti di una religione pagati coi soldi delle tasse di tutti.  

Ma veniamo alla situazione “di fatto”: prima della legge sul divorzio, dare il benservito alla famiglia era privilegio degli sposati in Chiesa, se la Sacra Rota diceva il suo “sì”. Ne sa qualcosa Enrico VIII di Inghilterra al quale nel 1531 prese un “s-ciupun de futta” e ci fece su uno scisma. 

Non voglio fare dietrologia: può darsi che la Sacra Rota abbia sempre agito in modo  irreprensibile, fatto sta che agiva e sentenziava secondo i suoi criteri di tribunale etico. 

Ma secondo quei criteri vi sono innumerevoli famiglie di fatto in Italia, consacratissime con tanto di messa cantata e fiori d’arancio, che non sanno di esserlo: quelli che non vogliono figli, quelli che hanno convinto il partner a sposarsi anche se “lui o lei è uno o una che non crede a niente”, o se è di altra religione, quelli che si sposano solo perché “così fan tutti”.

Qualche Bagnasco o qualche Bertone glielo dovrà pur dire prima o poi che sono dei DICO o meglio che sono dei DICO al quadrato: di fatto ma non di diritto. Magari quel giorno lì prendono il coraggio a quattro mani e dicono anche ai papa-boys che il profilattico non va e che certe cose si fanno dopo il matrimonio e che i divorziati e i conviventi non possono fare i padrini nelle cresime e altri dettagli impopolari di questo tipo.

Lo slogan del resto è già pronto da secoli:

“qui lo DICO e qui lo nego”. 

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