Un quadro davvero desolante di una repubblica in marcia accelerata verso l’impero (del sol calante)
GLI USA AL BIVIO:
DEMOCRAZIA O TIRANNIDE

Marco G. Pellifroni

L’ultimo libro di Chalmers Johnson, “Nemesi - Gli ultimi giorni della repubblica americana”, appena uscito nella versione originale inglese*, completa una non prevista trilogia** sui mali che affliggono gli USA: mali iniziati dopo la Seconda Guerra mondiale ed esasperati dopo la tragedia delle Torri Gemelle da un’amministrazione che ha chiesto e ottenuto mano libera sia per avventure militari all’estero che per restrizioni delle libertà individuali in patria col pretesto

di una lotta al terrorismo che, proprio a causa delle sue azioni, è cresciuto in maniera esponenziale.In un’intervista a www.countercurrents.org, C. Johnson così schematizza la situazione attuale:

-   una nazione priva di minacce esterne, eppure perennemente in guerra;

-   prigioni segrete con pratiche di tortura sparse per il mondo senza alcun rendiconto, nelle quali chiunque e da qualunque luogo può essere trascinato senza alcuna speranza di ritorno o di ricevere giustizia (extraordinary rendition: termine senza equivalenti in altre lingue);

-   il governo più secretato, intrusivo e repressivo della storia americana, con un presidente che si è rivelato un ripetitivo e congenito mentitore (serial liar);

-   decadimento sociale in patria;

-   disparità distributiva e potere delle corporations senza precedenti. Come ammoniva anni fa l’ex-giudice della Corte Suprema Louis Brandeis, “Noi possiamo avere in questo paese la democrazia o la grande ricchezza concentrata nelle mani di pochi, ma non possiamo avere entrambe le cose”. La scelta imperiale esclude quella democratica: l’impero democratico è una contraddizione in termini. Roma fece la scelta sbagliata e scelse l’impero, condannandosi a morte. La Gran Bretagna scelse la democrazia, abbandonò l’impero e sopravvisse;

-   un partito unico statale di fatto, con due ali, e un presidente che reclama ogni potere per un “esecutivo unitario”, incurante delle leggi e libero di fare ciò che più gli aggrada in nome della sicurezza nazionale, sulla base della sua sola parola;

-   assenza di una separazione dei poteri e del loro controllo reciproco (checks and balances, come previsto dalla Costituzione nel 1787), senza freno alcuno su un “imperatore-ragazzo” (boy-emperor) impegnato in una “missione messianica”;

-   un establishment di servizi segreti dotati di fondi pressoché illimitati e operante senza controlli esterni;

-   una rete mediatica dominante, espressione delle corporations e svolgente le funzioni poliziesche di condizionamento mentale della popolazione, nonché quelle di un ministero para-statale per la raccolta di informazioni e la propaganda di esaltazione delle guerre imperiali per “disseminare la democrazia”, senza lasciar trapelare che esse vengono condotte a scopo di pura conquista, dominio e repressione;

-   un onnipotente complesso militar-industriale che né Eisenhower né, ben prima di lui, George Washington avrebbero mai potuto immaginare nei loro discorsi di commiato. Nel 1796 Washington disse, purtroppo invano: “Le compagini militari esorbitanti, qualunque sia la forma di governo, sono di cattivo auspicio per la libertà, e sono particolarmente nemiche delle libertà repubblicane”, intendendo che eserciti sproporzionati conducono ad una presidenza di tipo imperiale. Esse distruggono il nostro sistema di separazione e controllo reciproco dei poteri e portano alla fine della nostra libertà;

-   un Congresso debole e servile, prono ai voleri di un presidente dominante in un regime autoritario che tiene sotto il giogo la popolazione, per tema che essa un giorno si ribelli alla negazione dei servizi essenziali, con l’obiettivo occulto di destinare la ricchezza alle guerre imperiali e di rendere i ricchi ancora più ricchi;

-   una fogna di corruttela derivante dai legami incestuosi tra governo e mondo degli affari, in dispregio di qualsivoglia nozione di governo del o per il popolo. [Illuminante a questo riguardo la recente denuncia di Mario Monti del connubio banche-imprese nel nostro Paese, che in verità  di nuovo ha soltanto il fatto che ora avviene alla luce del sole, mentre era rigidamente vietato fino al varo della legge Andreatta; col risultato che oggi le banche possono legalmente diventare socie delle aziende alle quali un tempo si limitavano a concedere prestiti. Balza evidente la degenerazione rispetto al tanto vantato libero mercato, con gli ad delle banche che diventano anche ad industriali, e cioè l’economia reale che vaporizza in mera finanza, con tutti i paradossi che ho recentemente denunciati. °]

Un quadro davvero desolante di una repubblica in marcia accelerata verso l’impero (del sol calante); di una dittatura di fatto che si fregia del titolo di democrazia e pretende di esportarla con le armi. All’America che avevamo conosciuto negli anni ’40, generosa e umanitaria, in credito verso il resto del mondo, è venuta sostituendosi un’America dispotica ed egoista, indebitata verso le nazioni più povere od emergenti, alle quali ha succhiato e succhia risorse e sangue in cambio di dollari-carta, di valore imposto per decreto imperiale, o più spesso imponendosi con colpi di stato, assassinii di presidenti od occupazioni militari.

In attesa dell’imminente uscita in italiano di Nemesis, è consigliata vivamente la lettura dei 2 libri precedenti. Chalmers Johnson è Presidente del Japan Policy Research Institute e professore Emerito all’Università della California.

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* “Nemesis – The last Days of the American Republic”,  Henry Holt & Co., New York

** I due precedenti libri, in edizione italiana, sono:

-  “Gli ultimi giorni dell’impero americano”, Garzanti, 2001;

-   “Le lacrime dell’impero”, Garzanti 2005.

°  Vedi il mio “Alchimie bancarie” sui due precedenti numeri di Truciolisavonesi. Vorrei qui sottolineare come la situazione italiana stia evolvendo verso quella americana, specie per quanto riguarda la crescente forbice dei redditi, col pessimo esempio degli stipendi e dei privilegi dei parlamentari e delle massime cariche pubbliche in offensivo contrasto coi redditi della grande maggioranza della popolazione, e con una rete mediatica che “democraticamente” la informa di tutte le storture del vertice, non lasciando però altra arma di dissenso che la scelta ogni 5 anni tra una varietà di contendenti reciprocamente ingessati.

MARCO G. PELLIFRONI