“L’Europa scopriva un obiettivo militare definitivo: i civili”.
I SETTANT’ANNI DI GUERNICA

MARGHERITA PIRA

Il quotidiano “La Repubblica”  nell’articolo dedicato al settantesimo anniversario del bombardamento di Guernica pone nello specchio riassuntivo una frase assai significativa: “L’Europa scopriva un obiettivo militare definitivo: i civili”.

Proprio di questo si trattava infatti: si era capito quanto fosse efficace fiaccare la resistenza di una Nazione, colpendo obiettivi civili e seminando morti e feriti con la più totale indifferenza.

Il 26 aprile del 1937 in Spagna, in piena guerra civile, vi fu un bombardamento indiscriminato sulla cittadina   

L’aviazione tedesca e quella italiana, accorse in aiuto di Franco, entrarono in azione in modo del tutto inusuale nella guerra tradizionale e iniziarono una tecnica paurosa che ha fatto nel XX secolo stragi terribili e impietose e, purtroppo, continua a farne.

Il bombardamento senza esclusione di alcun obiettivo era già stato usato altre volte, ma mai  in Europa. Dopo Guernica  anche nel nostro continente si prese consapevolezza piena di cosa comportava il fatto.

Nella guerra coloniale la tecnica era stata spesso e impietosamente applicata (anche dall’Italia), ma in quei casi i giornali più sensibili  protestavano e tutto finiva lì.

Ora era diverso: i morti non tuoi ti commuovono molto meno:

Poi arrivò Guernica e fu lo sconcerto.

Il 26 aprile del 1937 i primi aerei a comparire sull’obiettivo furono quelli italiani., ma non conclusero molto anche se allora l’aviazione italiana era una delle migliori del mondo e si era già aggiudicata molti record.

Poi arrivarono i bombardieri tedeschi scortati da caccia italiani e cominciò la mattanza. “Tremila bombe. Una ogni due abitanti”.

Da quel momento cominciò l’arte della guerra in senso moderno.

Fiaccare la popolazione era già possibile in passato con l’assedio, ma era meno cruento e lasciava qualche speranza di salvezza. Ora il bombardamento non più.

Non ci si salva dalla morte che scende dal cielo. Ti nascondi (spesso in posti malsicuri), forse preghi, forse bestemmi,forse maledici (ho letto una volta che un italiano aveva sentito una donna spagnola maledire gli italiani proprio nella guerra civile e non aveva osato dire che era italiano perché se ne vergognava). Probabilmente aspetti che il momento passi e non hai apparenti reazioni.

Mi è capitato di chiedere una volta a una signora che aveva vissuto l’epoca dei bombardamenti cosa aveva provato in quei momenti e lei mi aveva risposto”Non ricordo o, forse, non voglio ricordare”

Probabilmente di fronte ad un’esperienza del genere l’unica possibile reazione è l’oblio.

Spesso hanno simili comportamento anche i reduci dai campi di sterminio o da orrori del genere.

Sono pochi coloro che vogliono raccontare o presentare i loro drammi ai giovani perché sappiano ed evitino. I più preferiscono dimenticare.

Comunque noi tutti ricordiamo Guernica e non altre stragi perché Guernica ora è prima di tutto il quadro di Picasso.

E’ difficile trovare una rappresentazione più disperata di un evento.

Il tutto è stato creato in brevissimo tempo, circa un mese, mentre l’artista era esule in Francia.

Il dipinto ha avuto dimora dove era logico che fosse, in Spagna, soltanto molto tempo dopo.

Si dice che Dolores Ibarruri nel 1980, quando lo vide per la prima volta a Madrid , abbia detto: “Ecco, oggi la guerra civile è finita”

Soltanto quando la testimonianza è sta collocata nella sua vera sede , si è potuto parlare della chiusura di un periodo terribile.

Ora la donna che urla, il cavallo sezionato, le figure che si protendono verso l’alto, verso un’assurda luce di lampadina, queste figure, dunque, hanno pace.

E le altre Guernica? Le altre infinite Guernica che continuiamo a creare?

Non abbiamo un Picasso a dar loro voce, ma esistono e sono sempre più numerose.

Cosa possiamo fare?

Forse non possiamo far altro che rispondere con la reazione di un altro quadro simbolo del Novecento “L’urlo”

O forse no. Ognuno è chiamato a una risposta individuale.

Margherita Pira