ARTICOLI DUE

In questo numero voglio affrontare due temi: il primo, a commento del 55° Rapporto Censis, uscito in questi giorni; e il secondo, più raso terra, sulla situazione ugualmente difficile che si trovano ad affrontare sia produttori e commercianti che consumatori.

Pagina de La Stampa di sabato 4 dicembre a compendio figurato del 55° Rapporto Censis

Italiani irrazionali?
Il 55° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese registra una fuga accentuata e poliedrica nell’irrazionalità come via d’uscita da una realtà carica di frustrazioni e mancanza di prospettive, che lascino anche solo baluginare una svolta verso il miglioramento.
Se dobbiamo accettare le riportate percentuali delle varie vie di fuga (come siamo sempre costretti a fare, essendo sondaggi e statistiche assurti al ruolo di oracoli), il modo di presentarle ci induce a leggerle in tono tra l’ironico e il canzonatorio, onde avvalorare la posizione opposta, della saggezza e del razionalismo, incensandone le istituzioni e i loro reggitori. Si ricorre, insomma, all’antica tecnica oratoria di elogiare qualcuno mediante la denigrazione dell’avversario. In questo caso, per rafforzare il pensiero unico con cui siamo stati circuiti per decenni, si presentano coloro che lo avversano come invasati dal “pensiero magico”: preda cioè di fantasie complottiste, complessi di persecuzione, caccia alle streghe.
Onde rendere ancora più efficace questa subdola presa in giro dei “pensatori magici”, si mescolano accortamente credenze in evidente contrasto con la realtà, storica e scientifica, con altre che hanno piena ragion d’essere, trascinando anche queste ultime nel calderone delle superstizioni e dei vaneggiamenti.
Probabilmente è capitato a tutti di restare con la penna a mezz’aria di fronte ad un questionario che poneva una serie di domande scelte dal sondaggista, mentre erano escluse altre, parimenti pertinenti. Dico questo per sottolineare quanto importante sia la scelta dei quesiti ai fini dell’assunto che si vuole dimostrare.
Ebbene, il Censis ha messo insieme domande che, pur trovando risposte affermative in basse percentuali, quindi poco indicative dei sentimenti diffusi nella popolazione, erano lì all’evidente scopo di “inquinare” altre domande ben più significative.

Se in un questionario o indagine statistica si chiede agli intervistati in che misura credono a due affermazioni, di cui una totalmente assurda e l’altra invece con un notevole grado di verosimiglianza, si finisce col porle sullo stesso piano di credibilità e si sconfessa così implicitamente la seconda per il solo fatto di averla accostata alla prima

Che senso avrebbe, altrimenti, accomunare domande sulla remota veridicità dello sbarco sulla Luna o della terra piatta (“negazionismo storico-scientifico”), con altre la cui evidenza è prossima alla certezza, come l’invasività nella privacy del sistema 5G (liquidata tra le “tecno-fobie”), o la natura sperimentale del Covid-19 (“diffidenza su Covid-19, vaccini e scienza”), pur confermata dalla riluttanza di governo e industrie farmaceutiche ad assumersi la responsabilità dei danni collaterali dei vaccini, o le redini del potere nelle mani di un pool di società transnazionali (“neo-cospirazionalismo dietrologico”), innegabili fautrici del globalismo economico-finanziario, e quindi della libera circolazione di uomini (leggi: migranti) e merci (leggi: concorrenza sleale tra nazioni con diverse legislazioni sindacali e ambientali).
Ecco, tutte queste opinioni vengono rubricate nel “pensiero magico”, quasi fossero egualmente carenti di razionalità e oggettività: un terrapiattista e un signoraggista (colui cioè che recrimina la proprietà privata della moneta), nonostante l’abissale distanza dalla veridicità del primo e l’appurata aderenza alla verità del secondo, vengono affastellati sotto la stessa alea del dubbio e un sommesso risolino ironico.
E ancora: “la percezione che i gangli del potere decisionale siano in mano alle fasce anziane della popolazione è molto forte tra i giovani”. Si qualifica come “percezione” quella che è un’innegabile realtà. Mentre l’annosa invasione del territorio italiano da parte di migranti, con la prevedibile conseguenza che “cultura e identità italiane spariranno, rimpiazzate da quelle degli immigrati, fatti arrivare dalle élite globaliste” finisce nel già cennato capitolo del “neo-cospirazionalismo dietrologico”.  

In alto, la decapitazione di 853 abitanti di Otranto (idruntini) il 14 agosto 1480 ad opera delle truppe di Maometto II. [VEDI] In basso, ciclo di affreschi naif nella chiesetta di San Pancrazio Salentino in memoria dell’incursione turca del 1° gennaio 1547. [VEDI] Immemori delle cruenti e ripetute invasioni saracene sulle nostre coste (“mamma li turchi”), oggi addirittura agevoliamo l’arrivo incontrollato di gente ispirata alla stessa religione in nome di un’utopica fratellanza umana e religiosa.

In buona sostanza, vengono fatte passare come ubbie del “pensiero magico” tendenze ormai sotto gli occhi di tutti. Un esempio per tutti, con riferimento all’eclissi della nostra tradizione culturale e religiosa, l’ho fornito nel mio ultimo articolo sulle fobie, queste sì, di un’Unione Europea tesa a livellare, o meglio a cancellare le varie culture infra-europee e a lasciarvi uno spazio sempre più ampio alla cultura e religione islamica, che tanto sangue è costato ai nostri antenati per rintuzzarne le mire espansionistiche, che si pensavano saziate con la presa di Costantinopoli nel 1453, e invece mai sopite e anzi ultimamente rinvigorite, con la scellerata alleanza di quanti ce ne dovrebbero difendere.
Tra due fuochi
Quando credevamo di lasciarci alle spalle gli incubi targati Covid, in una situazione finanziaria che, esclusi i pochi all’apice che ne hanno mostruosamente beneficiato, ci vede tutti ammaccati, non ci mancava che l’improvvisa esplosione dei prezzi, con relativa infiammata inflazionistica.
Si tratta di quelle situazioni di emergenza in cascata, in cui ciascuno tenta di superarla a spese degli altri, in una battaglia di tutti contro tutti. Innanzitutto, non è dato capire quanta parte del balzo all’insù delle materie prime sia dovuta alla loro rarefazione per eccesso di domanda dopo la lunga e forzata inattività, e quanta alla speculazione, che funge sempre da fattore moltiplicatore.
Comunque sia, ci troviamo, come fabbricanti, negozianti e cittadini, tra due fuochi. I primi pagano le difficoltà di rifornimento delle materie prime, sia per la scarsa offerta che per la lievitazione dei costi di trasporto, e cercano di scaricare sui loro clienti gli aggravi dei costi; i secondi provano, più timidamente, a fare altrettanto, aumentando i prezzi di vendita; i terzi, già impoveriti nei redditi e nei risparmi, si difendono riducendo gli acquisti, con ciò rendendo ancora più impraticabile la scelta dei secondi di rifarsi su di loro. Ciascuna di queste categorie, quindi, si trova tra due fuochi, uno a monte e l’altro a valle.

Carico di sacchi di caffè verso lontane destinazioni. Gli armatori chiedono oggi noli 7 volte maggiori che a inizio anno, contribuendo al rincaro di ogni anello della catena produzione-trasporto-lavorazione-distribuzione-consumo. Ma l’adeguamento del prezzo al consumo è possibile solo limitatamente, per non incorrere in uno stallo generalizzato delle vendite

Cito un caso, emblematico, del percorso di una materia prima agricola, il caffè, dal punto di produzione al consumatore finale. I coltivatori devono affrontare un cumulo di aumenti, soprattutto delle materie energetiche (non dimentichiamo che l’agricoltura “verde” ha da tempo ceduto il passo a quella industrializzata), e alzano il prezzo di vendita. Di poi ci sono i noli marittimi: un nolo che a inizio anno costava un milione di euro, oggi ne costa 7! Quando il caffè verde originale viene tostato dal torrefattore italiano, subisce un balzo dei costi energetici fino al raddoppio. Nel punto vendita del prodotto tostato, il bar, schiacciato dal gravame di energia elettrica della macchina del caffè, l’affitto dei muri e le molteplici tasse/contributi statali e locali, che salgono implacabili, la tazzina continua ad oscillare tra € 1 ed 1,10, senza che nessuno osi adeguarla ai generali aumenti.
Questo esempio non è che una conferma del fatto che l’Italia è il Paese europeo con le tasse che crescono incuranti dei redditi, tanto da determinarne, unica in Europa, la marcia indietro da ormai 30 anni. I redditi sono fermi alla fine degli anni ’90, mentre il fisco ha proseguito impietoso la sua marcia all’insù, per addossare a chi lavora il lauto mantenimento di un esercito di burocrati, politici e parassiti vari. [VEDI Studio Sole-24 Ore del 2019; figurarsi oggi, dopo 2 anni di Covid]

Specchietto nel rapporto del presidente dei commercialisti italiani Massimo Miani: sembra che a volare in Italia sia soltanto l’IRPEF”, ossia proprio lo strumento fiscale che più incide sul reddito delle famiglie [VEDI]

Da decenni si parla di riforma fiscale. Supermario sta tentando di farla; e persino Salvini se la prende coi sindacati che ne sono insoddisfatti, in quanto la fascia dei redditi più bassi rimane a secco. Infatti, non toccando i primi due scaglioni, fino a € 28.000 di redditi lordi, gran parte di lavoratori e pensionati non vedrà crescere i propri introiti neppure di un euro. Per non dire di chi sta ancora peggio (incapienti, precari, disoccupati), che essendo al di sotto dei circa € 8500 annui, erano e rimangono benevolmente esentasse.
Se è questo l’inizio della lotta alle disuguaglianze, di cui si continua a blaterare… [VEDI]

Marco Giacinto Pellifroni                12 dicembre 2021

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