Antifascismo e femminismo da operetta

Appartengo alla categoria dei baby boomer, faccio parte cioè di quella generazione nata appena dopo la fine della seconda guerra mondiale, esattamente nel 1948, con l’onore di nascere in una città medaglia d’oro per la resistenza.

Mio padre, Valerio Rossi, ha fatto parte delle prime brigate partigiane che hanno liberato la città di Savona prima dell’arrivo degli alleati, esattamente della brigata Jim Bevilacqua; il suo nome di battaglia era  “Falco”.

La mia famiglia è sempre stata antifascista, specialmente al tempo del fascismo, quando esserlo era parecchio rischioso.

Mio padre mi raccontava che quando frequentava le scuole magistrali, per aver appena fatto suonare un carillon con le note della “Marsigliese”, a seguito della denuncia del professore, le squadracce fasciste si erano presentate a casa di mio nonno e lo avevano conciato per le feste.

Da studente, negli anni ‘60, insieme al mio caro amico Mino, ero presente regolarmente ai cortei del 25 Aprile e del 1° Maggio; abitando nel quartiere  delle Fornaci ero sempre in buona compagnia: in quei tempi infatti, le Fornaci erano abitate per lo più da operai e portuali, per cui le manifestazioni erano sempre ben consistenti.

Mio padre in verità, finita la guerra, pur essendo iscritto d’ufficio all’ANPI, si era dedicato interamente al lavoro, per cui difficilmente si interessava della politica attiva.

A quei tempi chi lavorava nello Stato, come mio padre, pur avendo uno stipendio sicuro, per vivere dignitosamente, per migliorare lo standard di vita familiare, gioco forza, doveva fare anche altro, per cui tempo a disposizione da dedicare alle manifestazioni  mio padre ne aveva ben poco, anche perché, come si dice dalle nostre parti, “aveva già dato” – abbondantemente, aggiungo io.

Quando però insistevo perché venisse almeno alla manifestazione del 25 Aprile mi diceva:

“Non vengo per non farmi del nervoso, perché una buona parte dei manifestanti, nel ventennio precedente erano fascisti e spesso pure fascisti convinti, come il mio ex carceriere”.

Mio padre, durante una visita clandestina a mio nonno, era stato catturato dai nazi-fascisti, avvisati da spie proprio del rione delle Fornaci e, dopo varie sevizie, era stato rinchiuso nel carcere di Cairo; per fortuna poi, a seguito del bombardamento del carcere da parte di un aereo inglese, era riuscito a fuggire e a raggiungere, unendosi, una di quelle brigate partigiane che poi ha liberato Savona, alcuni giorni prima dell’arrivo degli alleati. (vedi foto).

Mio padre è quello segnato dalla freccia

Vi è da dire che, durante il ventennio fascista la maggioranza degli italiani era a favore del regime e nei vari comizi del duce le piazze di tutte le città  d’Italia erano sempre stracolme, in special modo in quelle regioni ora roccaforti del Pd come  Emilia Romagna e Toscana.

Come diceva Don Abbondio “Il coraggio se uno non ce l’ha, mica se lo può dare” per cui o per paura o per convinzione, nel famoso ventennio, di antifascisti attivi ve ne erano ben pochi.

Il buon Pertini apparteneva a una non ben nutrita minoranza di eroi, non più dell’1% della intera popolazione italiana.

Oggi invece, che il fascismo non esiste più, gli antifascisti sorgono come funghi, specialmente ai giorni nostri, per il fatto che i partiti di sinistra hanno perso il potere e, non avendo più argomenti per fare opposizione al Governo, fanno la voce grossa parlando di liberazione, di antifascismo  senza rischio alcuno, in quanto non vi è più né l’OVRA , né vi sono più squadracce fasciste a manganellarli, come molto spesso  avveniva durante il ventennio.

Una quarantina di compagni italiani al teatro di Nizza.

Il regime fascista di allora, appena preso il potere, si era subito caratterizzato con l’eliminazione di tutti i partiti di opposizione, in nome della Costituzione fascista, cosa che non mi pare sia successo con il Governo Meloni;  al contrario spesso si sentono uomini della sinistra, anche autorevoli, che, come fecero i fascisti allora, vorrebbero oggi  eliminare certi partiti di destra in nome della Costituzione antifascista, per non parlare poi  dei tentativi – spesso violenti, intimidatori e disturbatori – ai quali si assiste durante quelle poche manifestazioni folcloristiche di ormai pochi  arteriosclerotici nostalgici o giovani ignoranti e che, contrariamente alle intenzioni, ottengono il risultato di dar loro importanza e visibilità che altrimenti non avrebbero affatto.

Daniele Capezzone e Beatrice Venezi

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Addirittura abbiamo assistito a tentativi di impedire ad intellettuali di aree differenti da quella “giusta “, ovvero la loro, di presentare libri, piuttosto che organizzare incontri culturali o addirittura di dirigere concerti – vedi il caso Capezzone e quello del direttore d’orchestra Beatrice Venezi, tanto per fare due esempi, per non parlare dell’antisemitismo latente, che non di rado emerge nelle manifestazioni “antifasciste”.

Negli stessi talk show si assiste spesso al pessimo comportamento degli ospiti di sinistra che interrompono gli interlocutori di destra per non dar  loro la possibilità di  argomentare le proprie  opinioni,  mentre sono evidenti le incongruenze dei primi, dimostrando, anche in questo caso, quanto di “fascista” hanno gli antifascisti dei giorni nostri.

L’ultimo caso e’ quello di Acca Laurentia: si tratta cioè di una manifestazione commemorativa per l’assassinio di due giovani di estrema destra avvenuto 47 anni fa,  che si celebra ogni anno da 46 anni ed  ha come caratteristica, oltre al patetico  folclore dei cosiddetti “camerati”, il fatto  che di anno in anno di camerati in camicia nera ve ne sono sempre meno (neanche duecento quelli di quest’anno).

Nessun Governo precedente, in 46 anni, ha mai contestato tale patetica manifestazione, anche per non affrontare il vero argomento che era, ed è, quello di non aver mai trovato gli assassini e i mandanti di tale delitto politico.

Acca Laurentia: saluto romano ad una manifestazione commemorativa per l’assassinio di due giovani di estrema destra

Non si capisce pertanto perché, con tutti i problemi  che ha ereditato, il Governo attuale dovrebbe crearsene uno nuovo, visto che nessun Governo precedente si era mai posto il problema dei “patetici sovversivi in divisa con saluto romano” di Acca Laurentia; oltretutto, dulcis in fundo,  anche la Corte di Cassazione ha confermato che tale commemorazione non costituisce apologia di reato.

Ma questo argomento me ne suscita un altro, ed è quello delle femministe di sinistra, pronte in ogni occasione a riempire le piazze ed insultare gli uomini italiani indistintamente, accusandoci tutti noi di omofobia e di patriarcato, e di altre colpe solo per l’essere maschi, bianchi ed eterosessuali, fra l’altro spesso anche sventolando bandiere palestinesi durante quelle manifestazioni.

Manifestazione antisemita della sinistra

Vi e’ da domandarsi: perché non vanno a fare le manifestazioni, non dico in Afghanistan o in Iran  ma nel nostro stesso Paese, in quei quartieri abitati da musulmani di prima e seconda generazione, dove le donne, all’interno delle mura domestiche, sono menate sistematicamente dai mariti e  all’esterno  devono girare con lo chador o l’ hijab e sempre accompagnate dal maschio,  come  accade a Monfalcone e in parecchie periferie della grandi città del Nord?

Manifestazione femminista (Rainews)

Non ci vanno perché, come già detto per l’antifascismo, anche per il femminismo nostrano è facile fare la voce grossa nei salotti o nelle piazze democratiche, ma quando diventa rischioso, meglio  stare alla larga.

Con queste sardine (oggi non vi è appellativo migliore per definire chi partecipa alle dette manifestazioni) penso che il fascismo di allora o il comunismo di tipo sovietico più recente   avrebbero messo le radici per sempre, altro che “Bella Ciao”, mentre, per ciò che riguarda il futuro, di fronte ad una dittatura religiosa, possiamo ben immaginare cosa succederà.

Chi vivrà vedrà!

Silvio Rossi (libero Pensatore)

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