Annotazioni laiche sulle virtù del cristiano

IL CORAGGIO E L’UMILTA’
Brevi e laiche annotazioni sulle virtù del cristiano

IL CORAGGIO E L’UMILTA’
Brevi e laiche annotazioni sulle virtù del cristiano
  Il cristiano sa che  per vivere cristianamente ha bisogno di un aiuto continuo, di un aiuto che non abbia bisogno a sua volta di essere aiutato,  come quello che può essere fornito  dagli uomini (e magari non  del tutto gratuitamente); il cristiano sa che l’unico,  vero,  efficace e vittorioso aiuto gli può venire soltanto da quella grazia che non per caso si chiama “adiuvante”, e che secondo Agostino è necessaria per la salute eterna, data  la debolezza e la corruttibilità della natura umana, segnata una volta per sempre dal peccato originale.

Il cristiano sa anche che senza la grazia divina non potrebbe far fruttare neppure quei talenti che ha ricevuto in dote dal Padre celeste al momento della nascita, e sa che per farli fruttare ha bisogno di alcune virtù già note agli antichi ma fatte proprie dal cristianesimo; tra queste ricordiamo, ad esempio, la perseveranza, l’obbedienza, la prudenza, la temperanza, la giustizia, il coraggio (fortezza) e, soprattutto,  l’umiltà. A queste virtù ha solennemente richiamato i fedeli presenti a migliaia in piazza San Pietro all’Angelus Benedetto XVI, nella sua omelia della Domenica delle Palme, in evidente riferimento agli attacchi del New York Times: “Non temete offese e incomprensioni, non si raggiungono grandi risultati senza sofferenze……Da Dio viene quel coraggio che non si lascia intimidire dal chiacchiericcio delle opinioni dominanti.” Dunque c’è bisogno di coraggio per non lasciarsi travolgere dall’ondata mediatica che sta investendo Santa Romana Chiesa in seguito allo scandalo mondiale della pedofilia nel clero cattolico, e proprio di quel coraggio che solo il Signore può infondere nell’anima turbata di tanti fedeli, increduli e sconcertati all’udire di tanti sacerdoti più simili al lupo di  Cappuccetto Rosso che  al buon pastore della parabola . E tuttavia non riesco a comprendere bene – senza dubbio per i limiti del mio acume – perché il Papa abbia definito “chiacchiericcio delle opinioni dominanti” la vera e propria bufera che si è abbattuta sul Vaticano e che ha tutta l’aria di voler durare, e che  non trascorrerà, c’è da credere,  senza gravi e profonde conseguenze per la vita ecclesiale e per lo stesso corpus del diritto canonico (basti pensare alle annose questioni del celibato e del sacerdozio femminile). Tra l’altro, per non lasciarsi intimidire dal  “chiacchiericcio delle opinioni dominanti”, non sembrerebbe nemmeno il caso di invocare l’aiuto  della grazia divina: non basta forse essere in pace con la propria coscienza?  Purtroppo lo scandalo degli abusi sui minori commessi nei collegi e nelle scuole cattoliche dei vari continenti non è un’opinione, né una novità di giornata  e non la si può oramai rimuovere, esorcizzare o neutralizzare come “complotto di lobby anticattoliche” magari “omosessualiste”, oppure  come campagna di stampa ispirata da potenti  studi legali americani che agiscono a scopo di lucro, dato il business dei cospicui risarcimenti alle vittime. No, anche se non sono da escludere motivazioni strumentali di infimo livello, questa emergenza non è più derubricabile come “scandalismo mediatico” o “campagna di odio anticristiano” (cardinale Ersilio Tonini), o addirittura  come “opera satanica” (padre Gabriele Amorth); in questo caso dove agirebbe Satana? Nella redazione del New York Times o in alcuni istituti cattolici americani, irlandesi, tedeschi, austriaci, svizzeri, per non dire di qualche sperduta parrocchia italica? E poi, in ogni caso, se effettivamente si tratta di esagerazioni tendenziose, di indebite generalizzazioni, di calunnie abilmente orchestrate, il tempo – anzi, Dio stesso, per chi crede – farà giustizia: “Dio tira e sostiene la Chiesa e i suoi pastori – ha detto ancora il Papa – nella salita della vita umana come in una cordata; accettiamo di non potercela fare da soli”. Che cosa può fare il cristiano, infatti, con le sole sue forze? E qui è il richiamo all’umiltà, a questa virtù così intimamente e profondamente evangelica (“Imparate da me che sono mite e umile di cuore”. Mt 11, 29), che distingue il vero dal falso cristiano, che viene spesso e volentieri nominata dai superiori per redarguire qualche inferiore non in tutto e per tutto ossequiente, ma che, rettamente e teologicamente intesa, significa che non è l’uomo – sia pure il più potente, il più ricco o il più saggio – la misura di tutte le cose ma solo Dio, Padre onnipotente e misericordioso, di fronte al quale non c’è gerarchia umana che tenga.

E questo il Papa teologo lo sa bene: il più povero e derelitto dei cristiani, anzi, l’ultimo degli uomini secondo le gerarchie e i valori di questo mondo, agli occhi di Dio vale quanto lui. E addirittura potrebbe succedere che nel Regno dei Cieli……………

FULVIO SGUERSO

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