Affanni quotidiani e…

AFFANNI QUOTIDIANI

E “SANTA ALLENZA” STATO-BANCHE

AFFANNI QUOTIDIANI

E “SANTA ALLENZA”  STATO-BANCHE

 Provate a chiedere a qualsiasi imprenditore, dal medio alla piccola partita Iva, se teme di più: 

a) un furto ad opera di ladri, fisici o informatici; 

b) una cartella dell’Agenzia delle Entrate/Equitalia;

c) un pignoramento promosso dalla sua banca.

Credo che pochissimi sceglieranno l’opzione a), mentre ci sarà più o meno un’equa ripartizione tra b) e c). Non ho statistiche sotto mano, ma credo che i furti da parte di malviventi siano, a livello nazionale, ben inferiori alla quantità di ingiunzioni e pignoramenti intentati da banche e Stato. A livello spicciolo, basta confrontare quante volte il postino vi porta le buste verdi di “Atti Giudiziari”(spesso per violazioni stradali di mero sapore estorsivo), cartelle del fisco e simili, con le volte che avete subito scippi o violazioni di domicilio (a meno che abitiate in luoghi dove lo Stato si ritrae e lascia spazio libero ai racket della criminalità organizzata) per notarne lo sbilancio a favore, si fa per dire, delle prime. Come verifica, chiedete al postino quanta posta di questo tipo distribuisce a privati e imprese e poi fate il confronto con i fatti di cronaca nera.  

Il che porterebbe ad una considerazione molto politically incorrect, che recita: “lo Stato preleva le tasse da noi per non farle pagare alle banche; e non eroga il necessario a Comuni, che poi si rifanno su di noi col dilagare di divieti di entità sproporzionata alle colpe”.

Lo Stato, in sostanza, non ascolta il lamento dei suoi cittadini, per prestare invece ascolto al mantra bancario, che recita, secondo quanto affermato da Bankitalia: “non paghiamo le tasse sui prestiti che creiamo dal nulla onde non doverci rifare sui mutuatari.” Un discorso che vale solo per le banche, ma non per gli altri soggetti, privati o imprese. Provino costoro a dire al fisco: pago la tua cartella coi soldi creati al mio computer!

Ergo, l’art. 3 della Costituzione, che sancisce l’uguaglianza di tutti i cittadini della Repubblica, non si applica nel caso delle banche. Sino a pochi anni fa le banche sostenevano di essere, come vuole la legge, intermediari del credito, ossia prestatrici di soldi dei depositanti. Finché, nel 2014, la Bank of England decise di rompere l’omertoso silenzio.

 

La denuncia di un’economia asservita alla grande finanza non arriva da un economista, ma da un sociologo

 

Bankitalia tenne duro finché anch’essa dovette cedere e seguire l’esempio; e vari economisti, sulla sua scia, ne presero atto, sia pur a denti stretti: se operi in un campo, non puoi uscire troppo dal seminato, pena ritorsioni e blocco della carriera. Solo gli outsiders  non soffrono di impedimenti del genere. Vedi ad es. Marco Della Luna (avvocato), Luciano Gallino (sociologo), Marco Saba (ricercatore indipendente); e oltreatlantico Ellen Brown (avvocato, autrice di The Web of Debt), Nomi Prins (ex banchiere di Wall Street “pentita”). Infatti, se “sconfini” e sei un economista, passi per eretico e vieni escluso dal circuito: Nino Galloni eAlberto Micalizzi sono tipici esempi.

Se invece prendiamo un “luminare” di Economia in piena auge, come Mariana Mazzucato, astro nostrano che brilla a Londra, con un curriculum di pubblicazioni, riconoscimenti internazionali, libri presso primari editori e così via, ci accorgiamo di come proceda con più circospezione, per non “strabordare”.

 

 

Urge l’avvento di un’altra economia, libera dal debito. Le proposte arrivano da un outsider: un avvocato di Los Angeles

 

Infatti, sfogliando l’ultimo suo libro, “Il Valore di tutto”, [VEDI] che fa seguito a “Lo Stato innovatore” e “Ripensare il Capitalismo”, tutti editi da Laterza, si nota che all’interno di ben 364 pagine, il tema della creazione di denaro dal nulla da parte delle banche vien liquidato in poche righe a pag. 126 sotto il capitolo “I signori della creazione (monetaria)”; anche se il libro fa una approfondita disamina su cosa debba intendersi per “valore” in un mondo finanziarizzato, con una doverosa distinzione tra makers takers (produttori e sottrattori di ricchezza).

Il che si traduce nell’ignorare la principale causa dell’odierna ingiustizia di dimensioni mondiali, per una difesa di fatto del capitalismo, sia pur “ripensato”, ma tralasciando i privilegi dei fabbricanti di soldi esentasse e tacendo tra l’altro sul fatto paradossale che un’attività così lucrativa, parassitaria e illegale goda anche della benevolenza di quello stesso fisco che, per rifarsi, si scaglia su chi svolge un’attività davvero produttiva di ricchezza; mentre, in una “santa alleanza” di fatto, i tribunali condannano chiunque osi agire al modo delle banche. Il cittadino si trova quindi a doversi destreggiare tra miriadi di ingiunzioni da parte di quelle istituzioni che, anziché alleggerirne l’esistenza, gliela rendono frenetica e tetra, rinserrate dietro invalicabili mura.

La Mazzucato è docente di Economia dell’Innovazione e del Valore. E infatti numerose pagine sono dedicate, come ho detto, alla definizione di valore, per la verità mettendo in dubbio l’attuale discredito con cui, dagli anni ’80, si guarda al settore pubblico, considerato improduttivo, mentre le grandi banche internazionali sostengono di produrre valore, come sfrontatamente vantato dal Ceo di Goldman Sachs, Lloyd C. Blankfein. Un vanto prossimo alla blasfemia, se pensiamo che il mercato finanziario, fatto di aria fritta, ha dimensioni circa 15 volte quelle dell’economia reale; ma sono solo scommesse su transazioni di beni che nella quasi totalità non hanno luogo: solo virtuali. Circa la loro presunta “ricchezza”, la succitata Nomi Prins, [VEDI] che Wall Street la conosce bene, come ex protagonista, la definisce dark money, “denaro oscuro”, e ne indica l’origine: il tanto declamato QE (Quantitative Easing) delle varie Banche Centrali (Fed e BCE in testa): un fiume di denaro creato per acquistare azioni, bond e derivati, pompando all’insù le Borse mondiali, senza beneficio alcuno, anzi a detrimento, del denaro circolante nell’economia reale, quella di noi tutti, mentre l’elite finanziaria continua ad accumulare soldi grondanti del nostro sudore.

Quando poi le banche, oltre a non fare intermediazioni mobiliari, si mettono anche a spacciare beni reali, tipo i diamanti, vedi la maxi truffa della loro vendita a prezzi dopati, beh, non è che riscattino il peccato originale di essere venditori di fumo e sottrattori di soldi dal mercato mainstream

 


 L’avidità delle banche non conosce freni: si sono messe pure a collocare presso i clienti diamanti “da investimento” al doppio/triplo del valore di mercato!

 

A proposito di vera ricchezza, e della sua aleatorietà quando si trova nelle nostre tasche, per l’incombere delle minacce su descritte, sembra che l’unico modo per sottrarsi al suo pignoramento sia quello di non averne proprio. Oggigiorno, ironicamente, chi vive con meno ansie di incursioni giudiziarie è il nullatenente, il pauper moderno, senza o con un esiguo conto in banca (ma con altri spettri, tipo bollette in scadenza…). Se poi l’economia va male per mancanza di consumatori, chissenefrega, si vara un “intervento correttivo sulla manovra”, cioè un altro giro di vite fiscale, come ventilato in questi giorni. I grandi economisti al timone del vascello Italia, quegli stessi con lauti stipendi al MEF, responsabili dell’annuale dissanguamento dello Stato a colpi di miliardi per la folle scommessa sui derivati, curano un’emorragia con i salassi, anziché con trasfusioni. Idem dicasi dei grandi economisti dell’UE, tutti per il rigore lacrime e sangue. E se non si reperiranno oltre 20 miliardi per “disinnescare le clausole di salvaguardia” (vere e proprie tagliole), si dovranno fare altri tagli col machete.  Se poi non bastassero, via ad altre tasse. Un avvitamento progressivo, fino alla resa finale ai signori dei soldi.

Forse sarebbe consigliabile che questi “esperti” leggessero, oltre che testi ufficiali, qualche libro da loro bollato come eretico; magari anche solo qualche articolo: oltre a quelli in italiano dei suaccennati Marco Della Luna, Marco Saba e Alberto Micalizzi, anche gli ultimi di Nomi Prins ed Ellen Brown. E, circa quest’ultima, vorrei chiudere con qualche citazione dal suo ultimo articolo, The Fed’s Dramatic About-Face, “Il clamoroso voltafaccia della Fed“ [VEDI], che per la verità echeggia miei lontani articoli, [VEDI] basati in parte sugli stessi autori da lei citati. Quello che scrive sugli USA vale altrettanto bene per l’UE, e l’Italia in particolare.

 

 

Due libri, due visioni antitetiche: di Mariana Mazzucato, entro l’alveo di un capitalismo “ripensato”; e di Marco Saba, completamente fuori dagli schemi sinora vigenti

 

Per combattere la deflazione da debito eccessivo i rubinetti dei soldi vanno indirizzati ai debitori anziché alle banche creditrici. Infatti, regolari iniezioni direttamente nell’economia potrebbero costituire proprio quello che essa necessita per sfuggire al ciclo boom-sboom che l’ha caratterizzata negli ultimi 2 secoli. [Questo è quanto sta cercando di fare il nostrano reddito di cittadinanza. NdRLa maggior parte dei soldi è creata oggi dalle banche quando erogano un prestito. Quando i sovraesposti mutuatari ripianano i vecchi debiti senza accenderne di nuovi, il money supply si “deflaziona”, ossia si restringe. Di conseguenza si restringe la domanda; e le imprese, a corto di acquirenti, chiudono i battenti, in una sorta di spirale di morte che si auto-alimenta, come accaduto nella Grande Depressione. […]

Sono i prestiti che creano i depositi [e non viceversa, come alla gente vien fatto credere. NdRquesto denaro creato dalle banche viene appostato come debito nei loro bilanci, ma il denaro dovuto è sempre superiore a quello creato, perché l’interesse non viene creato all’atto del prestito. A livello aggregato il debito pertanto corre più veloce del money supplyQuando i mutuatari sovraesposti smettono di accendere nuovi prestiti, necessari per ripagare quelli vecchi, il gap cresce ulteriormente. Ne risulta, appunto, la deflazione da debito, ossia una riduzione, indotta dal debito, del nuovo denaro necessario per stimolare l’attività economica e la crescita. Quindi  sarebbero necessarie iniezioni di denaro fresco per ridurre il gap tra il debito e il denaro disponibile per ripagarlo[Si noti che discorso analogo vale per il debito pubblico, che infatti necessita di continui, crescenti prestiti per pagare gli interessi composti, in una spirale senza fine. Altro che “ripagare il debito pubblico” come blaterano gli usurai bancari per tenere gli Stati sempre sotto il loro giogo! NdR]. 

 


Ci risiamo. L’Univeristà di Bologna conferisce la laurea ad honorem a Mario Draghi, dopo averne insignito George Soros!

Certi accademici hanno davvero la memoria corta

 

Al contrario, tutto il denaro creato sinora tramite il QE [e in via di conversione ad U in QT, Quantitative Tightening, (restringimento), con l’aumento degli interessi (negli USA). NdR] non è finito nelle tasche dei consumatori, ma nelle casse delle banche, che l’hanno incanalato nei mercati speculativi finanziari. È quello che Nomi Prins chiama dark money: trilioni di dollari che affluiscono ogni anno nel mercato globale, generati dalle banche centrali quando fabbricano moneta elettronica [sempre dal nulla! NdR] per acquistare azioni e obbligazioni. […] Il QE è riuscito a tamponare i debiti delle banche e a gonfiare le Borse, ma non ha alleggerito i debiti privati e governativi. L’economista australiano Steve Keen riprende l’inascoltato monito del prof. Michael Hudson di un novello Giubileo del debito[VEDIcome si faceva nell’antichità all’insediamento sul trono di ogni nuovo re. I regnanti e i loro consiglieri sapevano bene che il debito a interesse cresce più velocemente del money supply e che un sollievo dal debito era obbligatorio per evitare il collasso economico dovuto allo strozzinaggio da debito eccessivo. […] Dosata con oculatezza, questa iniezione di denaro fresco nei conti dei cittadini non creerebbe inflazione, in quanto servirebbe a chiudere i debiti esistenti e, per il rimanente, a pompare nuovo denaro nell’economia. Lo si è chiamato “reddito universale di base”, ma dovrebbe più propriamente chiamarsi “dividendo nazionale”, cui tutti i cittadini hanno diritto in pari misura, e sarebbe di fatto una rete di protezione per tutti quanti vivacchiano da uno stipendio all’altro, nonché uno stimolo all’economia, rifacendo girare le ruote dell’industria. 

 


Il prof. Hudson è un economista che ha avuto la tempra di denunciare l’attuale sistema economico. E questo suo libro sulla cancellazione giubilare dei debiti, appena uscito, rispecchia suoi passati articoli sull’argomento, che io condivisi proprio su Trucioli

 

Una proposta elementare, che anche un bambino capirebbe; ma non coloro che tengono le redini dell’emissione monetaria e il loro lacchè nelle istituzioni, con l’indulgenza dei tribunali verso gli artefici di questa forma di strozzinaggio pianificato. Eppure, basterebbe questo semplice ragionamento per capire come ci hanno incaprettati: se rendi un prestito a un amico, non cambia niente nella quantità di denaro in circolazione; ma se lo rendi a una banca, è tutto denaro sottratto al money supply: sparisce, non c’è più. Anzi, ce n’è meno di prima, a causa dell’interesse, che la banca non ha creato ma che pretende le venga dato, anche se non esiste e a noi non è concesso stamparlo. Denaro fresco entra in circolo solo se si chiede un altro  prestito, sempre a interesse. Alla lunga, denaro in circolo ce ne sarà sempre meno, per via degli interessi: è il debt hangout, il cappio del debito, la debt deflation di cui parlano Brown e Prins. Ma attenzione, alla lunga ne faranno affluire di nuovo, anche a iosa, per ubriacare tutti di soldi; per poi all’improvviso rastrellarlo, mandare in bancarotta quante più attività possibile e rilevare le più attraenti a prezzi di saldo. L’ultima grande svendita dei nostri gioielli è cominciata così, nel 1992.

Elementare, Watson!

   

Marco Giacinto Pellifroni                 24 febbraio 2019

 

Visita il blog  https://www.marcogiacinto. com 

 

 

 

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.