ACNA DI CENGIO

RIFLESSIONI SUL PRESENTE E SUL FUTURO 
 Parte sesta
LE MALATTIE PROFESSIONALI DELL’ACNA DI CENGIO
Uno spaccato di storia della condizione operaia, di un periodo tra i più sofferti, ma più limpidi, delle lotte tese a conquistare il diritto a lavorare per vivere, e non per morire
 

 

RIFLESSIONI SUL PRESENTE E SUL FUTURO

Parte sesta

LE MALATTIE PROFESSIONALI DELL’ACNA DI CENGIO

Uno spaccato di storia della condizione operaia, di un periodo tra i più sofferti, ma più limpidi, delle lotte tese a conquistare nella fabbrica il diritto a lavorare per vivere, e non per morire

Come anticipato la scorsa settimana, intendo svolgere, oggi, alcune considerazioni sulle CONDIZIONI SANITARIE DEI CITTADINI VALBORMIDESI SOTTOPOSTI (IERI E OGGI) ALL’EFFETTO-ACNA.

Ed inizierò dalla mia lunga esperienza personale, relativa a questo drammatico argomento.

Nel 1960, in qualità di Consulente Tecnico dell’INCA-CGIL, ebbi occasione di visitare, nel mio ambulatorio, alcuni operai dell’ACNA, affetti da “Dermatiti diffuse” altri da “Sofferenze Digestive”, ed, infine, due giovani (provenienti dal medesimo Reparto) che lamentavano sanguinamento urinario.

Nello stesso periodo, rimasi impressionato da altri DUE EVENTI:

IL PRIMO: ebbi occasione di leggere il Giornale Provinciale della CISL “IL LAVORATORE” datato Febbraio 1960, che riportava la seguente notizia, relativa all’ambiente di lavoro, ove operavano i dipendenti ACNA:

Le condizioni igie­niche degli ambienti di lavoro lasciano a desiderare per mancanza di manutenzione degli impianti. Indumenti protettivi quali tute e guanti, sono soggetti a restrizioni che costringono spesso l’operaio a lavorare senza guanti e con la tuta sporca. Bisogna aggiungere che molti operai non hanno l’armadio per il deposito del vestiario e sopperiscono con casse di fortuna sistemate in un angolo del reparto. “

IL SECONDO: appresi dagli operai, da me visitati, che l’ACNA gestiva, in maniera autonoma, l’Assistenza Malattia dei suoi addetti, attraverso una Cassa Mutua Interna (distinta dall’allora prevalente INAM); per di più, il Direttore Sanitario di questa particolare Mutua svolgeva, contemporaneamente, le funzioni di Medico di Fabbrica.

Aggiungo che il Servizio Mutualistico, gestito in loco, era molto apprezzato dai dipendenti, perché funzionalmente più efficace rispetto al Servizio Assicurativo INAM; ad esempio: pagava totalmente le cure odontoiatriche, garantiva servizi radiologici e diagnostici in tempi assai rapidi, inviava i dipendenti bisognosi in soggiorni estivi.

In tutto questo vi era, tuttavia, qualcosa di poco chiaro: di fatto, l’ACNA saltava, a piè pari, l’ostacolo INAIL, denunciando pochissimi casi di malattie professionali e fornendo una lettura di parte (e, quindi impropria) ai pap-test eseguiti dai lavoratori.

L’incontro di questi due eventi con la mia modesta esperienza professionale di allora (avvenuta, grazie al prezioso insegnamento del Prof. Francesco Molfino, docente di Medicina del Lavoro all’Università di Genova) mi indusse a prendere l’iniziativa (condivisa dalla CGIL) di svolgere una ricerca tecnico-scientifica sulle condizioni fisiche degli operai, che, spontaneamente, volevano sottoporsi ad approfonditi accertamenti clinici.

Sulla base delle mie conoscenze scientifiche di allora (ripeto: anno 1960) giunsi a pensare e, soprattutto, a scrivere, prima di iniziare le indagini cliniche, i seguenti postulati:

“i gruppi di sostanze manipolate dai lavoratori in questo complesso industriale sono in totale 63 e qualcuno di questi gruppi comprende addirittura 40 prodotti secondari. Tra questi vi sono prodotti unanimemente considerati tossici, quali i derivati nitrici ed amminici del benzolo e del toluolo. In breve possiamo affermare che le malattie professionali che, in linea teorica, si possono contrarre in base alla tabella delle malattie professionali allegata alla legge del 15.11.1952, n.1967, sono le seguenti: malattie causate da acido solforico, malattie causate da idrocarburi benzenici, malattie causate da fenoli, tiofenoli e cresoli, malattie causate da derivati amminici degli idrocarburi benzenici e dei fenoli, malattie causate da derivati alogenati, nitrici, solforici e fosforati degli idrocarburi benzenici e dei fenoli, malattie causate da naftalina, naftoli, naftilamine, malattie causate da anilina e derivati.”

Acna di Cengio

La mia ricerca avvenne nell’arco di tempo, che intercorre tra il 1960 ed il 1962; aggiungo che, nel frattempo, mi avvalsi della collaborazione del Prof. Cannata (Primario di Dermatologia dell’Ospedale San Paolo di Savona) e del Prof. Monticone (Primario di Urologia dello stesso Ospedale), gli esami di laboratorio vennero effettuati periodicamente presso l’Istituto SANITAS di Savona .

I lavoratori, sottoposti alle indagini, furono complessivamente 52.

 

I risultati furono da me comunicati nel Maggio 1962, al Cinema Italia di Millesimo, davanti ad una affollata assemblea di cittadini; il mio commento conclusivo fu il seguente:

– SONO STATI EVIDENZIATI 10 CASI DI DERMATOSI DI INCONFUTABILE CARATTERE PROFESSIONALE;

– NEL 62,9 PER CENTO DEI CASI SI SONO EVIDENZIATI CHIARI SEGNI DI COMPROMISSIONE EPATICA DI NATURA PROFESSIONALE;

– IN 5 CASI SONO STATI AVVERTITI SEGNI DI COMPROMISSIONE DELL’APPARATO URINARIO, TALI DA FAR SUPPORRE UNA PROBABILE GENESI TOSSICO-INDUSTRIALE;

Aggiungo che la relazione, da me presentata in quell’occasione, venne fatta oggetto, su iniziativa dell’Onorevole Egidio Sulotto, di un lungo ed articolato dibattito alla Camera dei Deputati, nel mese di Giugno della stesso Anno; posseggo, di quella seduta Parlamentare , il verbale integrale, che, ovviamente, metto a disposizione di tutti coloro che lo volessero esaminare.

Negli anni successivi al 1962, la nostra attenzione (anche per merito del decisivo apporto scientifico dell’Oncologo Prof. Leonardo Santi) si spostò maggiormente verso le MANIFESTAZIONI TUMORALI DELL’APPARATO URINARIO ed, in particolare della VESCICA (PAPILLOMI E CARCINOMI VESCICALI). Desidero evidenziare, in proposito, che giungemmo ad individuare 42 casi accertati di neoplasia vescicale, di sicura natura professionale.

E giungiamo, finalmente, al fatidico anno 1978.

All’inizio di quell’anno, il TRIBUNALE DI SAVONA incaricò un Collegio Peritale per stabilire quali fossero le condizioni di lavoro, dal punto di vista dell’Igiene e della Sicurezza, nell’ambito dello stabilimento ACNA di Cengio ed, in particolare, nei reparti in cui si lavoravano e si producevano BETANAFTILAMINA e l’ALFANAFTILAMINA e nel REPARTO BASI, smantellati nel biennio 1970-1972.

Inoltre, quali erano state le cause delle morti e delle malattie professionali dei lavoratori e quali fosse, all’epoca dei fatti, la situazione della Stabilimento e dei Reparti, ove si producevano le Amine Aromatiche.

L’ACNA costituì una Commissione Tecnica ed, allo stesso modo, agirono le Parti Lese ed il Sindacato si costituì Parte Civile.

La Commissione del Sindacato era composta dal Prof. Leonardo Santi (Direttore dell’IST di Genova), dai Prof. Benedetto Terracini e Paolo Vineis (Epidemiologi dell’Università di Torino), dal Prof. Sergio Zanardi (Istituto di Medicina del lavoro dell’Università di Genova), dal Prof. Mario Chiarioni di Genova e Severino Zanelli dell’Università di Pisa ed, infine, dal sottoscritto Aldo Pastore (ex Consulente Tecnico dell’INCA-CGIL).

Il Collegio del Sindacato e delle Parti Lese era formato dagli Avvocati Giuseppe Aglietto, Vladimiro Noberasco, Nanni Russo, Pier Mario Calabria, tutti di Savona e dall’Avvocato Pier Claudio Costanzo di Torino, che portò l’esperienza del processo per l’IPCA di CIRIE’, conclusasi con la condanna di tutti gli imputati.

Andrea Dotta nel suo pregevole Volume “LA CHIMICA A CENGIO” pag. 55, aveva opportunamente evidenziato che:

“La FULC, con l’aiuto di vecchi militanti, la collaborazione delle ACLI, di “Gente e Fabbrica” (periodico nato per denunciare i problemi ecologici e ambientali della Val Bormida) ben presto riuscì presentare la costituzione delle parti civili, con testimonianze e documentazioni utili che durante il processo hanno fatto rivivere uno spaccato di storia della condizione operaia, di un periodo tra i più sofferti, ma più limpidi, delle lotte tese a conquistare nella fabbrica il diritto a lavorare per vivere, e non per morire; periodo di divisione sindacale, di persecuzioni politiche, di ricatti, di libertà negate e soppresse in spregio alla Costituzione, periodo in cui la inosservanza delle più elementari norme di igiene e sicurezza da parte dei padroni durante la lavorazione delle amine aromatiche, generarono l’insorgenza del cancro alla vescica. “

Il processo ACNA si concluse il 26 Marzo 1984, con Due miti condanne e tante assoluzioni e con il risarcimento dei danni ai familiari delle vittime del Cancro, per un importo di 1 Miliardo e 200 Milioni di Lire, ma anche con il RITIRO DAL PROCESSO, COME PARTE CIVILE , DEL SINDACATO, DIETRO UN COMPENSO DI 50 MILIONI DI LIRE, che pare venissero destinati alla ricerca sul Cancro in Val Bormida; in realtà si trattò, a mio modo di vedere, di una RESA, motivata da un irrazionale auspicio di una fine dell’EFFETTO ACNA e, quindi, del tramonto dell’ ERA -ACNA .

Così non è stato e così non sarà; credo cha la mia posizione di allora sia rispecchiata da questa lettera (datata 31 Marzo 1984), inviata ai Segretari Confederali di CGIL – CSIL – UIL; posso dire, molto tranquillamente, ai miei affezionati lettori che mi sento di sottoscriverla tuttora.

Del futuro dell’AREA ACNA parleremo nel prossimo articolo

4 Novembre 2010                                                                Aldo Pastore  




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