A Savona una classe politica inadeguata

IL MIO VIAGGIO DA UN UTOPIA REALIZZATA
  A UN PAESE DA VENIRE

A Savona una classe politica inadeguata

IL MIO VIAGGIO DA UN UTOPIA REALIZZATA
 A UN PAESE DA VENIRE

A Savona una classe politica inadeguata

Sono tornata dal mio viaggio in Germania. Sono tornata a Savona.

In una città in apparente fermento elettorale, ma sicuramente alle prese con i soliti seri e consolidati problemi di cui ritrovo tutte le contraddizioni e le mancate volontà di crescita politica tendenti a risolverli.

Sui quotidiani, infatti, tra le presentazioni di liste elettorali, o la promozione di inattesi progetti cittadini e di incontri pubblici mirati, ho ritrovato le solite dichiarazioni del Presidente della Regione, Burlando che sull’ ampliamento della centrale a carbone di Vado sostieneC’è una posizione maggioritaria nel territorio che punta al superamento del carbone; noi non sosteniamo questa posizione, ma chiediamo che i due vecchi gruppi da 330 Mw che sono stati realizzati nel 1971 e che ormai hanno raggiunto la fine della loro vita produttiva vengano sostituiti da un gruppo completamente nuovo. A questo impianto da 460 Mw si può aggiungere un altro, sempre a patto che l’inquinamento non superi i livelli attuali”.

In questa frase tutta la gravità di come si è governato e s’intende governare ancora un territorio, dell’inadeguatezza a capire quali siano le istanze di un territorio che ha deciso di voltare pagina, che ha finalmente compreso che la crescita legata a una inutile quanto dannosa produzione di energia da carbone sia ormai superata e inattuabile , che ha deciso di pretendere una qualità della vita diversa e migliore. Una posizione riconosciuta, anche dal Governatore, maggioritaria e contraria non certo per effetto Nimby ma per l’arcinota situazione sanitaria, di mancate tutele per la salute pubblica protratta nel tempo e diventata ormai intollerabile.

L’ammissione della presenza di gruppi quarantennali, vecchi, obsoleti le cui emissioni sono ancora oggi autocertificate e auto monitorate dall’azienda stessa, senza che alcun Ente Pubblico o struttura sanitaria, Regione compresa, potesse controllare.

L’evidente impotenza da parte della stessa Regione a chiedere che questi gruppi cessino subito di operare, poiché, come dichiarato, hanno raggiunto la fine della loro vita produttiva.

Infine la promessa disponibilità ad aggiungere un altro gruppo solo se i livelli d’inquinamento non superino quelli attuali.

Quali livelli attuali? Misurati da chi? In che modo? Cosa fa pensare che siano un termine di paragone da accettare?

Claudio Burlando

La convinzione che in Italia, un politico possa sostenere tutto e il contrario di tutto, che possa ignorare le informazioni che stanno alla base di un problema, certo che questo non gli debba mai costare nulla, è ormai la prassi. Lo fanno giornalmente Ministri, Presidenti del Consiglio, Sindaci, Governatori e Assessori, mancando di quella giusta considerazione che il cittadino dovrebbe meritare.

Lo fa un ex assessore allo sviluppo cittadino come Di Tullio quando parla di fiducia negli organismi pubblici preposti al controllo della salute dei cittadini, ben sapendo le gravi mancanze sia dal punto di vista decisionale che strutturale a controllare il territorio da parte delle stesse. Se i cittadini si rivolgono alla Magistratura per avere riconosciuti diritti sacrosanti come la qualità ambientale e la loro salute, significa proprio che la politica ha fallito nel suo compito di risoluzione dei problemi.

 Mi chiedo ora se il cittadino, quello savonese, avrebbe veramente la forza, la capacità, la volontà e la determinazione a ribellarsi a questa inadeguatezza politica, alla mancanza di rispetto che la politica dei partiti, indistintamente di destra e sinistra, ancora ostenta nei confronti dei movimenti cittadini di opinione? 

Cosa può pensare un savonese, cittadino di una città da sempre definita vicina a valori di sinistra e progressista, quelli della resistenza , quando vede un Sindacato come la CGIL cedere, per l’ennesima volta, al ricatto occupazionale dell’azienda, come se la triste vicenda Acna non fosse mai accaduta?

Le parole espresse da una sindacalista come la Giacobbe dovrebbero almeno farci riflettere.

 “Ogni insediamento umano di una certa dimensione ha un suo impatto, l’ha certo una centrale che ha visto i suoi impianti via via invecchiare…. Ci sono due modi per affrontare la questione: il primo è di trattare con l’azienda, per arrivare a un accordo in cui le garanzie di miglioramento ambientale siano inequivocabili; l’azienda mette sul piatto una richiesta di aumento di potenza: esigenze diverse che la trattativa deve provare a conciliare. Il secondo è rinunciare a trattare col rischio che non si faccia il terzo gruppo e tutto rimanga com’è (impianti vecchi e incertezza per il futuro di molti posti di lavoro), oppure che alla fine davvero l’azienda trovi conveniente abbandonare questi impianti e “chiudere”. Si perderebbero così posti di lavoro tra diretti e indotto”; e una delle aziende più importanti del territorio con tutte le potenzialità connesse oltre a guadagnare una vasta area abbandonata su cui sarà difficile costringere qualcuno a investire soldi per la bonifica”.

(vada a Villingen-Schenningen (comune gemellato proprio con Savona) a vedere cosa i tedeschi fanno colle aree industriali bonificate e come queste diventino posti di lavoro duraturi !!!)

Anna Giacobbe

Né il Governatore, né il sindacato, né la classe politica, intendono tenere minimamente conto degli elevati costi sociali, economici e sanitari per la comunità e della mancanza di vivibilità di un territorio dove l’occupazione è anche e soprattutto turismo, agricoltura, pesca….ambiente.

Cosa può pensare un cittadino savonese su cosa stiano facendo e cosa hanno fatto altre importanti istituzioni del territorio preposte a garantire il controllo sanitario e ambientale come Asl e Arpal?

Si può fidare di organi che spesso hanno dimostrato di essere più legati a manovre politiche e di potere che alla loro vera missione?

I problemi, poi, non sono finiti qui. Savona, come città ligure che si rispetti ha fondato, nel corso degli anni, il suo sviluppo sul cemento e non ne ha fatto mistero. Noti ex Sindaci appoggiati da realtà politiche trasversali ne hanno addirittura fatto il loro fiore all’occhiello.

Negli ultimi anni Savona si è vista accostata a Dubai, alla Costa Azzurra, a Barcellona, perdendo inderogabilmente superfici di verde, di costa, di aree post industriali, in una filiera di cementificazione i cui responsabili in parti eguali sono stati gli enti locali e il mondo delle imprese.

La speculazione ha visto nella sua filiera: le cave che, indisturbate, a bassi costi, con controlli inapplicati, stanno riducendo le colline in groviera, i movimenti terra, i cementifici e i bitumifici , anch’essi vergognosamente auto controllati . L’ultimo anello della catena sono grandi e piccole opere, dai centri residenziali a quelli commerciali, dalle torri ai crescent alle mega-piattaforme container sul mare.

Una distruzione di massa del territorio savonese che ha coinvolto anche i centri vicini e la cui classe politica sembra tutt’altro che in grado di arrestare.

Eppure lo stato di salute del nostro territorio è tutt’altro che sano, tra continui movimenti franosi e seri dissesti idrogeologici. Il consumo di suolo continua inesorabile, senza peraltro dare risposta alla richiesta di case a basso costo.

A Savona più che puntare sul recupero dell’esistente, si è puntato alla trasformazione di nuove aree, non si è investito sulla mobilità sostenibile, travestita solo da qualche timido tentativo di bike scharingh reso inapplicabile da false e esigue piste ciclabili cittadine e si è lasciato che la città fosse sempre più congestionata e inquinata.

La mobilità cittadina è ancora troppo caratterizzata da mezzi privati che più che essere dissuasi a percorrere le vie del centro, diventano oggetto di mega progetti di parcheggi che vanno in tutt’altra direzione.

A Savona ci si muove in auto e i tram fanno lo slalom nell’impossibilità di rispettare i tempi di percorrenza per la mancanza di corsie preferenziali.

Quanto tempo deve passare affinché il cittadino savonese si convinca, come hanno già fatto altre realtà anche italiane, che il modello di crescita che accompagna la sua vita e quella dei suoi familiari non debba più essere questo?

E’ veramente pronto a intraprendere un altro tipo di sviluppo e a esigerlo dalla classe politica?

E’ veramente disposto, ad esempio, a lasciare la macchina per il mezzo pubblico, a esigere piste ciclabili per sé e per i propri figli, a consumare meno energia e ridurre gli sprechi inutili, ad esigere un nuovo ciclo di raccolta dei rifiuti, una vera raccolta differenziata spinta che non debba vedere la discarica savonese esaurirsi per dover ripiegare ad esempio sull’incenerimento ?

Gli amministratori dei comuni virtuosi italiani portano alla ribalta i valori che ogni cittadino Italiano dovrebbe apprezzare e condividere e senza fare tante parole, riciclano, ottimizzano la raccolta differenziata, preservano il territorio dal cemento e l’economia dello stesso, creano energie alternative e fanno rete con tutti i comuni che rappresentano l’altra Italia, un Italia che funziona che rispetta la Costituzione, le persone e l’ambiente.

Quando Savona sarà contagiata da questo tipo di politica? Quella della riduzione dei consumi energetici, della riduzione dell’inquinamento atmosferico, quella di una vera mobilità sostenibile (car-sharing, car-pooling, trasporto pubblico integrato, scelta di carburanti alternativi)? Quella dell`impegno nella promozione della raccolta differenziata porta a porta e nell`incentivare nuovi stili di vita nella comunità ?

In 48 ce l`hanno già fatta, la loro classe politica ci ha creduto.

 

    ANTONIA BRIUGLIA

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