Il settore auto italiano verso lo sciopero più grande degli ultimi decenni
La resa della politica italiana e l’incertezza del governo Meloni di fronte alla crisi Stellantis
Il 18 ottobre l’Italia vedrà uno sciopero nazionale nel settore automotive, un evento paragonabile alla storica marcia dei 40.000. Il governo si trova dinanzi a un bivio, mentre l’intero comparto rischia il collasso.
Un nuovo ottobre caldo
L’annuncio del prossimo sciopero del 18 ottobre si preannuncia come un momento cruciale nella storia del settore automobilistico italiano. Le sigle sindacali Fim, Fiom e Uilm hanno lanciato l’allarme: la situazione nel settore auto e componentistica è insostenibile. Per la prima volta dopo decenni, i lavoratori saranno in piazza in massa, in un evento che ricorda la storica marcia dei 40.000 a Torino negli anni ’70. Tuttavia, il contesto attuale è profondamente diverso e ancor più drammatico: l’industria italiana dell’auto è ormai un’ombra di ciò che era, con una produzione in caduta libera e una classe politica incapace di arginare l’emorragia di posti di lavoro.

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L’inesorabile declino dell’automotive italiano
L’Italia, un tempo secondo produttore di auto in Europa, oggi si trova in ginocchio. Con appena 300.000 vetture prodotte nel 2024, il paese ha perso la sua leadership storica, mentre la miopia della politica e l’arrendevolezza nei confronti delle direttive europee hanno fatto il resto. La filiera, stretta tra le pressioni di Stellantis e il rallentamento dell’economia tedesca, si trova ora intrappolata in un vicolo cieco.

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Eppure, tutto questo non è avvenuto per caso: è il frutto di una mancata visione strategica che, per anni, ha visto i governi italiani farsi imporre decisioni da Bruxelles, senza mai difendere adeguatamente i propri interessi nazionali.
Il Governo Meloni e la tempesta perfetta
Di fronte a questa tempesta, il governo Meloni appare disorientato. Le promesse fatte in campagna elettorale di “difendere l’industria nazionale” si scontrano ora con una realtà ben più dura: Stellantis e il suo CEO, Carlos Tavares, sembrano intenzionati a smantellare gli impianti italiani, portando la produzione all’estero, dove i costi sono inferiori e le pressioni sindacali meno incisive. Il governo sembra incapace di costringere il colosso automobilistico a più miti consigli, e il rischio di un esodo industriale verso altri paesi europei o addirittura extra-europei è sempre più concreto. Se questo scenario dovesse concretizzarsi, l’effetto domino sulle aziende della componentistica e su migliaia di lavoratori sarebbe devastante.
Verso un pandemonio Sociale
La prospettiva di una mobilitazione di massa potrebbe essere solo l’inizio di un pandemonio generalizzato. Se il governo non riuscirà a intervenire con un piano concreto per salvaguardare il settore, non si tratterà solo di un problema economico, ma anche di una crisi sociale di portata inaudita. Le tensioni tra governo e sindacati potrebbero esplodere, con ripercussioni sull’intero tessuto sociale del paese. La perdita di migliaia di posti di lavoro nel settore auto e nella componentistica rischia di essere la scintilla che farà scoppiare un malcontento diffuso, con conseguenze politiche che potrebbero far vacillare seriamente l’esecutivo.
L’Italia a un bivio: difendere il futuro o capitolare
Il 18 ottobre potrebbe rappresentare una delle ultime occasioni per invertire la rotta. Il settore auto è troppo importante per l’economia nazionale e europea per essere lasciato morire. Tuttavia, senza un’azione coraggiosa e tempestiva da parte del governo Meloni, il rischio è che l’Italia perda definitivamente il proprio ruolo nell’automotive. E a quel punto, il prezzo da pagare sarà altissimo: migliaia di famiglie senza lavoro, un sistema industriale smantellato e una politica incapace di affrontare le sfide della globalizzazione. In gioco non c’è solo l’industria, ma il futuro stesso del paese.
Antonio Rossello CENTRO XXV APRILE