Salviamo le scuole!

Salviamo le scuole!

 Salviamo le scuole!

Stiamo vivendo una crisi senza precedenti, se rapportata al livello di agio e mezzi tecnologici a nostra disposizione. Una crisi profonda, che lacera in continuazione e che lascia demoralizzate le persone che la crisi la pagheranno cara, anzi carissima, ossia i giovani.

Qualche tempo fa mi sono imbattuto in un post, “Breve storia di una generazione”, rimbalzato a più non posso in rete. E mi sono messo a pensare a come mai siamo giunti fino a questo punto, a come mai le soluzioni proposte non hanno più effetto. E sono giunto alla conclusione che stiamo perdendo qualcosa che ci permetterebbe di rialzarci di corsa: la cultura e la conoscenza. I dati che abbiamo a disposizione sono incompleti, ma l’Italia sta perdendo un capitale umano, e di conseguenza economico, pazzesco; negli ultimi vent’anni, il danno derivante dalla fuga dei cervelli è stimato in 4 miliardi di euro (solo di proventi dai brevetti), mentre il 35% dei migliori 500 ricercatori preferisce andare all’estero, addirittura 1 su 2 se si considerano i primi 100 (dati Icom). Perché tutto questo? Sarà che lo stato investe sempre meno in innovazione e ricerca? Sì. Un ricercatore italiano ha borse di studio misere, non paragonabili a quelle delle università in giro per il mondo, all’estero ci sono poli di ricerca super avanzati, e le migliori invenzioni degli ultimi anni vengono prodotte (all’estero) con tecnologie, progetti e capitale umano italiani. Ma non è tutto, perché la situazione peggiora a vista d’occhio. Basta essere uno studente per accorgersene. Tralasciamo la fatiscenza dei nostri edifici scolastici, che è pur sempre un indice di degrado e di non interesse della politica di salvare l’istruzione. Pensiamo invece alle continue riforme avvenute negli anni (dalla Moratti alla Gelmini). Queste due signore, oltre a rovinare l’immagine dell’intelligenza delle donne, hanno inferto i due colpi da KO ai nostri cari studenti, di cui faccio parte anche io. Le loro riforme hanno portato solo drastici tagli, riduzioni di personale, calo della “qualità” della formazione dello studente. I programmi d’insegnamento (parliamo di scuole elementari, medie e superiori) non concorrono adeguatamente a preparare uno studente allo studio universitario, che dovrà fare ricorso solamente sulle proprie capacità intellettive e sempre più raramente al bagaglio d’insegnamento ricevuto nelle scuole dell’obbligo.

Ormai la scuola non insegna più in maniera obiettiva, ossia fornire allo studente un apprendimento tale da apprendere le nozioni in modo da costruirsi in maniera autonoma un proprio pensiero, una propria idea, andando a capire da solo cosa sia giusto e cosa sbagliato. La formazione scolastica è un indottrinamento, forse non dipendente dai docenti, ma ciò che si apprende sui libri e sui banchi, dipende da chi insegna e dai messaggi subliminali sui libri.

Come non pensare ai recentissimi articoli apparsi sul web, dove si fa notare un incitamento ai fast food, in particolare ad una nota marca multinazionale, riuscendo pure a dire che mangiare in tali locali, non sempre indica un assumere grassi e calorie in eccesso. In un libro delle medie è normale? In Italia forse sì, ma sicuramente non è un dato oggettivo in lezioni di ragazzini di 11/13 anni, sicuramente poco corretto. Oppure capita che certi insegnanti non agiscano in maniera imparziale, facendo tralasciare le loro declinazioni politiche e le loro ideologie. Mi ricordo di quel prof. fascista di Torino, ad esempio. Mi rendo conto che essere obiettivi è molto difficile, ma in un lavoro di tale importanza sociale, questo deve essere fondamentale. Va bene stigmatizzare certe situazioni ritenute poco corrette in determinati periodi storici, in particolare con riferimento all’attualità, ma occorre sempre essere cauti, cercando di non farsi trascinare dalle proprie declinazioni politiche. Lo studente deve sempre avere la possibilità di confutare le dichiarazioni di un insegnante, guardando a più punti di vista (fondamentale avere Internet a scuola quindi). Risulta anche sbagliato il metodo di “correzione” dei comportamenti sbagliati o socialmente scorretti, come i metodi di valutazione. I libri scolastici, oltre a cambiare inutilmente versione ogni anno, sono carissimi. In uno stato laico si insegna ancora la materia “Religione”. I programmi di studio si distaccano dalla tipologia di scuola scelta. I soldi per la scuola vengono mangiati da altri settori (politica, opere inutili, banche). Il progetto Erasmus non è più finanziabile, le borse di studio scarseggiano. Un diritto fondamentale di uno Stato ritenuto democratico, sta via via diventando un diritto elitario. Così è sfociata una protesta, giovedì 5 novembre, da parte di chi si è visto privare il futuro, da chi non ha più scelte, da chi rischia di non riuscire ad accedere completamente al diritto all’istruzione. Puntualmente lo Stato a sedato con violenza tale protesta. Si dice che la mafia tema le scuole, lo Stato le teme di più. Non ci si deve separare, non si deve criticare il “pensiero unico”, ossia un “modello” economico-politico-sociale che consente a chi ha potere di mantenerlo nel tempo, cambiando semplicemente le facce. Pertini incitava i giovani a ribellarsi Gramsci li voleva liberi, istruiti e capaci di “agitarsi” e “organizzarsi”. Oggi chi lo fa, viene pestato, manganellato. Lo Stato picchi i minorenni, tramite la Polizia. Anche loro avranno dei figli, mi auguro. Guardatevi dentro, fatevi un bagno di umiltà, guardate alla vostra coscienza, se ancora l’avete. Chiedete scusa. Dite “avete ragione, giovani, vi stiamo distruggendo il futuro, lavoriamo insieme”. No,  voi preferite picchiarli. Una forma di “educazione” per invogliare alla non contestazione delle operazioni di chi detiene il “potere”. Ma la Storia insegna. Certo, una volta si avevano all’incirca gli stessi mezzi. Oggi, lo Stato è molto più forte. Ma non sempre il più forte vince. Qualcosa cambierà? Devo credere sia possibile. Devo credere che la scuola diventi finalmente il punto di forza dell’Italia. Perché noi giovani siamo il futuro. Un giorno toccherà a noi e chi c’è oggi non vivrà in eterno e DEVE metterci in condizione di poter migliorare un poco, sempre. Personalmente non abbandonerò mai questo Paese e questa città, perché voglio essere un artefice del cambiamento, finché sarà possibile. La scuola deve essere educazione civica, morale, deve permettere allo studente di ricercare autonomamente le fonti del sapere e della conoscenza. Salvate le scuole, non le banche.

 

PS: non posso che ringraziare tutti i miei insegnanti, dalle elementari alle superiori (vedremo ora all’università), per avermi fornito gli strumenti idonei e per non avermi indottrinato, dandomi la capacità di capire autonomamente cosa sia corretto e cosa no.

Manuel Meles

Il cittadino  frustrato

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