mail della settimana/Critiche ultras ad un articolo di Trucioli sul vescovo Oliveri

<L’invasione di preti gay

sta sconvolgendo la diocesi>

Sono una trentina, coalizzati. Drammatiche conseguenze sul clero e sui fedeli



Il Vescovo Mario Oliveri

<Un vescovo amato dalla maggioranza dei sacerdoti diocesani e dai fedeli delle parrocchie….>.

E’ quanto ha scritto, tra le altre cose, Luciano Corrado sul numero 188 di Trucioli Savonesi del 15 febbraio 2009 (vedi…).

Vorrei sapere, caro ex mio compagno del seminario vescovile di Albenga degli anni ’50-‘60, con quale amore di verità puoi sciorinare simili certezze. Dove vivi o dove hai vissuto in questi anni, dopo l’ingresso del vescovo Mario Oliveri alla guida della Diocesi, il 25 novembre del 1990. Diciannove anni fa.

Sei stato in clausura tra le montagne di Mendatica, di Monesi. Ai tempi del seminario eri il “Peagnin” di Peagna.

Negli anni successivi mi capitava di leggere i tuoi sferzanti articoli sul Secolo XIX, le tue denunce, quasi sempre scomode. Le battaglie teardiane. Ti ho perso…Al “blog” mi hanno risposto che sei in pensione, fai l’agricoltore di lamponi e mirtilli.

A leggere le parole riservate al vescovo Oliveri, direi in tutta franchezza che la vecchiaia non ti ha giovato. Ti ha peggiorato. Sono indignato per il cumulo di bugie che hai scritto. Rifiuto di credere che tu non sappia, che non sia informato. Mi chiedo perché taci. Anzi, fuggi dalla realtà. Per paura? Chi è il mandante? I beneficiari di tanta disinformazione?

Voglio spiegarmi. Moltissimi sacerdoti della Diocesi di Albenga-Imperia sanno che, con l’arrivo di Oliveri, questa diocesi è diventata “terra di preti gay”, tra la sofferenza e l’angoscia di tanti. E negli ultimi anni si sono aggiunti “preti talebani”, integralisti. Si distinguono anche esteriormente perché indossano indumenti non usuali per le nostre abitudini; è tornato il “tricorno” di vecchia memoria, ma l’abito non fa il monaco. Estraneo alla personale vita sessuale.

 Il problema è che questi nuovi apostoli di Cristo sono nemici del Concilio, lo considerino a quanto pare un “peccato”. Dunque anticonciliari, anti Giovanni XXIII°. Indimenticabile papa buono, umile, amatissimo dalla nostra generazione, dai poveri, dai diseredati.

Ospitiamo in Diocesi lefevriani soft, ma con moderna autodisciplina, l’hobby di frequentare le saune a Nizza (Costa Azzurra), le palestre nell’estremo imperiese. C’è chi veste capi d’abbigliamento firmati. Cosa significa? Si racconta di un parroco (straniero) dell’entroterra che ha pensato bene di tatuarsi. Formano un gruppo che sta minando le ultime resistenze di grandi, ottimi, preparatissimi sacerdoti veri. Qualcuno ha gettato la spugna, pensionandosi, altri allontanati dagli incarichi che ricoprivano. Non hanno retto al modello imposto, praticato dai nuovi arrivati, dal modo di proporsi nelle Parrocchie, recitare “riti” e strategie di “bassa lega”.


Dino Boffo

Lanfranco Vaccari

La pedofilia, appena menzionata nell’articolo di Luciano Corrado, è soltanto uno dei mali. I giornali, le cronache, ne hanno parlato per qualche giorno. Poi nulla sulla sorte finale di sconcertanti inchieste giudiziarie. Tutto dimenticato.

Nei nostri “luoghi sacri” pare succeda dell’altro. In alcune vallate  si segnala la “sparizione” (spero non sia vendita autorizzata) di oggetti sacri. Ho letto di recente che si è pensato bene di mettere in vendita l’antica chiesa di Gorra. Ho letto delle dispute feroci, con cronache di presunti intrighi politici, in vicende di aree edificabili in quel di Albenga, aree “Suore del Suffragio”.

Preti  gay e “talebani” (in quanto al modo di esercitare l’apostolato) sistemati in molte chiese della diocesi, con incarichi, ruoli  importanti, Curia  Vescovile compresa. 

Lo voglio premettere, non ho nulla contro l’omosessualità. Non condivido e non apprezzo quanti vogliono ghettizzarla, indicarla a pubblico ludibrio. Sia essa maschile o femminile. E le suore non sono indenni.

Ma la presenza di 30 forse 40 sacerdoti omosessuali in un contesto come il nostro (140 preti) non può essere più taciuta, ignorata, nascosta per “pudore”.

Ho letto, con stupore, la durissima polemica tra il direttore de Il Secolo XIX, Lanfranco Vaccari e Dino Boffo suo omologo all’Avvenire, quotidiano del “clero italiano”, a proposito dell’intervista, senza nome, ad un prete gay. Alle sue umane ammissioni.

Si tratta di “pastori di anime” provenienti nella stragrande maggioranza da altre diocesi d’Italia, quelle di rito ambrosiano in particolare.

Non so se sia “spazzatura” pastorale come sostiene qualcuno, oppure una preziosa “risorsa”. Posso però immaginare il disagio tra i seminaristi, i sacerdoti cresciuti alla vecchia scuola del Seminario Vescovile di Albenga. Quello descritto, ad esempio, da don Antonio Borzacchiello nel libro “Albenga e il suo seminario”, dove ai primi segnali di omosessualità si veniva “cacciati”, senza pietà e senza tentennamenti. Il rigore era massimo. Lo ricordo benissimo.

Tu scrivi, caro Luciano,  che Mario Oliveri è un presule che si è conquistato una larga maggioranza di fedeli e amato dal suo clero. Io sostengo il contrario. Mi permetto di giudicarlo per la sua missione, i suoi compiti, i suoi doveri pastorali. Sono del parere che abbia  contribuito a distruggere una delle diocesi più cattoliche di tutta Italia.

E’ inutile ricordare che già prima dei cardinali Bertone e Bagnasco il “problema Oliveri” si era posto nell’alta gerarchia romana, ma non si seppe o non vollero trovare una soluzione. Sono del parere che la Diocesi sia stata lasciata allo sbando con l’intento di concentrare tutto il male in un unico territorio, in modo che l’operatore ecologico sguazzi tra “talebani” e sfilate di moda. Integralismo. Serra Club. Ultima arrivata una coppia di eremiti, nuova congregazione (?) in tandem, in talare grigia. Un eremita non deve vivere in solitudine?

Io vivo in provincia di Imperia, so cosa accade ad Albenga e dintorni. Come dimenticare che il vescovo Oliveri si era fatto “affascinare” dalla politica di un personaggio chiacchierato, il “re rosso Angioletto Viveri”.

Stemma di Mario Oliveri

Hanno votato per lui anche le suore. Grida ancora “giustizia” l’operazione immobiliare Faà di Bruno, un tempo sede del vecchio seminario, nel quartiere Nord Ovest di Albenga. C’era suor Teodora che faceva propaganda per Viveri.  Ha comprato l’area una società di Genova, i progetti li ha curati  un professionista di nome Muratorio, casualmente sodale del “re” Viveri.  Il papà, ai tempi del nostro seminario, confezionava le nostre talari.

Sarà perché sono cresciuto ai tempi dei vescovi Raffaele De Giuli,  Gilberto Baroni, Alessandro Piazza, ma mai si era assistito a tanto degrado nella diocesi. La formazione sacerdotale, l’educazione degli alunni aveva come unico scopo formare veri pastori di anime, sull’esempio di Nostro Signore Gesù Cristo Maestro, Sacerdote e Pastore (Optatam totius; III, 4).

Tre predecessori che non avrebbero mai permesso l’ingresso di strani esorcisti: da quello che si presentava in Santa Maria in Fontibus ad Albenga – che fine (in)gloriosa ha fatto? - ; all’insuperabile vescovo Milingo nei pressi di Cervo che la tivù berlusconiana ci ha riproposto in versione aggiornata non molte sere fa, grazie a Chiambretti e l’alassino Antonio Ricci ci ha “regalato” su Striscia la notizia, in veste caricaturale. Con la moglie che lo schiaffeggiava davanti alle telecamere, fuori onda, per colpa di immancabili conigliette mezze nude. Infine, l’ultimo esorcista italo-svizzero in quel di Laigueglia.

Ho conoscenti che hanno smarrito la fede, a causa di questo triste spettacolo-contesto. Altri amareggiati e sconvolti da operazioni immobiliari, ad Albenga, o nel villaggio Santa Maria Belfiore di Peagna,  o ancora a Porto Maurizio. Storie di immobili,  terreni edificabili, di box e parcheggi. Non mi riferisco, sia chiaro, a pratiche di tangenti, illeciti penali, bensì a scelte non confacenti con lo spirito del bene comune. Della solidarietà cristiana.

Ho parecchi amici che fanno molto affidamento sull’attuale Vicario generale, speriamo che almeno per lui lo Spirito Santo, in Vaticano,  funzioni e presto leggere della sua ascesa a Vescovo. Quella sfumata ad un altro eccezionale sacerdote, monsignor Nicolò Palmarini, del quale, ricordo benissimo, caro Luciano, eri il beniamino. Lo aiutavi a raccogliere le “bacche fresche”, nel cortile del seminario, per i suoi inseparabili canarini. Gioiva quando toccava a te, in cattedrale, sostituire, come cerimoniere, Arduini e Ruffino.

Non possiamo, non puoi dimenticare, scrivendo “verità assurde”, palesi bugie, ignorando chi ci ha educato in seminario. Maestri di vita, di fede, di sacerdozio vero: il rettore Contestabile, il vice rettore Caviglia, il padre spirituale Damonte, insegnanti  e veri pastori di anime,  come Ferrari e Gandolfo (da santificare), l’estroso Volpe, Chiappe, Gerini. Ricordo i nostri incontri di calcio con i colleghi Camilliani che arrivavano dal seminario del Castello Borelli, a Borghetto. Ricordo i tuoi sgambetti, in piena azione, al cicciotello Ribò.

Non è più tempo di scherzi-buontemponi che riservavi al tuttofare “Pinin”. Non si può scherzare, soprattutto quando si ha il dovere di informare. Altrimenti, meglio tacere. Su problemi seri, di fede, di coerenza, di speranza, di fiducia ci vuole massimo rigore, lealtà. La messa al bando dell’ipocrisia, dei sepolcri imbiancati.

Nonostante questa mia arrabbiatura ed il male interiore che provo nel vedere le combriccole, ti abbraccio. Non “peccare”  più (di menzogne) nei tuoi articoli. Alzati e cammina…

Luigi (indirizzo mail)