Sempre più insistenti le voci di “novità” alla Diocesi di Albenga-Imperia

Il vescovo Oliveri  a Roma

     ma senza “benservito”

Non è un bis di quanto accaduto a Ventimiglia. Le ultime indiscrezioni…

                         di Luciano Corrado


Albenga – I sussurri sono sempre più frequenti. Il vescovo Mario Oliveri lascia Albenga con destinazione Roma. Nulla di ufficiale, molto di ufficioso. C’è chi azzarda: la fonte è autorevole. E chi corregge: voce ricorrente, nulla di deciso. Se lui non vuole, non accetta, resta dov’è. Lo prevede il “codice canonico”.

Proprio come accaduto, per quanto trapela, a monsignor Alberto Maria Careggio.
La Stampa, sulla cui autorevolezza non c’è bisogno di spendere parole, sabato 30 agosto 2008, aveva “sparato” in prima pagina: <Ventimiglia dà il benservito al vescovo. Vinto il braccio di ferro contro il prelato che voleva spostare la curia a Sanremo>.

Un’intera pagina, in cronaca nazionale, dal titolo <Ventimiglia si ribella e fa fuori il vescovo>. La firma non era di un giornalista anonimo, ma dell’inviato, per l’occasione, Pier Paolo Cervone, capo servizio nella redazione ligure di Savona, ex sindaco di Finale Ligure. Un collega che non ha mai sgomitato per gli “scoop”.

La smentita, clamorosa per il quotidiano della Fiat e di famiglia Agnelli, diretto dal rigoroso Giulio Anselmi, arrivò a strettissimo giro di posta. Affidata al Secolo XIX, con la firma di Fabio Pin, della redazione di Sanremo. Titolo nella pagina “politica” nazionale, due colonne, di spalla: <Il vescovo Careggio furioso “Non lascio la diocesi di Ventimiglia-Sanremo”…sono all’oscuro dei motivi che hanno indotto i mezzi di informazione a concentrare…>.

Careggio richiamato a Roma per ricoprire un non meglio precisato incarico? Riferiva Il Secolo XIX: < Nessuno, da queste parti,  è così potente da determinare un trasferimento del vescovo>. Il riferimento era al paventato “trasloco” della Curia a Sanremo, ma, secondo La Stampa, ad andarsene toccava, invece, proprio al vescovo proponente.

Tra l’altro, il giornale torinese corredava il servizio con le foto di Careggio in compagnia di Giovanni Paolo II; percorrevano un sentiero di montagna, una passione comune. E ancora, la foto dell’ex vescovo di Chiavari sul campo di calcio, amante dello sport.

Una servizio, quello di  Pier Paolo Cervone, scritto in punta di penna, ricco di particolari, di nomi, aneddoti, riferimenti.

Un clamoroso abbaglio-infortunio giornalistico? Chi aveva dato, per certa, la partenza di Alberto Maria Careggio? Una “soffiata”, si presume, in alto, molto in alto. Seppure, per interposta persona.

Sono trascorsi sei mesi, il vescovo è al suo posto. Sulle cronache nazionali La Stampa non ha più dato notizie, spiegazioni.

Forse ha ragione l’arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco, a rimproverare giornalisti e media <di non conoscere la realtà della Chiesa, delle cose, accade cosi che spesso viene rappresentata con un’informazione distorta>.

Non è materia di “scoop”, invece, il “caso” del vescovo  Mario Oliveri. Anche se, le indiscrezioni, lo vogliono legato allo stesso filone decisionale di Alberto Maria Careggio.  E la fonte, questa volta, è “umile”.

Per spiegarlo in modo semplice, le fonti concordanti. I due vescovi sono entrati, da tempo, nelle “attenzioni” del Cardinale, segretario di Stato (da fine giugno 2006), Tarcisio Bertone, salesiano, già arcivesco di Genova e di colui che ha preso il suo posto, Angelo Bagnasco, presidente della Cei.


Il Vescovo Mario Oliveri

Nella geografia del potere della Curia romana (cardinali e arcivescovi), esiste, per semplificare, il gruppo dei diplomatici, di cui fa parte, Giovanni Battista Re (in ottimi rapporti, anche a tavola, col ministro imperiese Claudio Scajola) prefetto della Congregazione  per i vescovi – in pratica il potere di nomina e veto…

Mario Oliveri fu eletto vescovo, a 46 anni, il 6 ottobre 1990 (prima visita ad Albenga il 4 novembre, il 25 dello stesso mese presa di possesso ufficiale).
Originario di Campo Ligure dove è nato nel 1944, per 18 anni ha servito la diplomazia vaticana. In Senegal (Dakar), nella Segreteria di Stato (segretario del cardinale Benelli), nelle  Nunziature apostoliche di Londra e Parigi; infine nella nunziatura apostolica in Italia. 

Era entrato a 11 anni nel seminario di Acqui Terme dove ha percorso  tutta la rigorosa preparazione al sacerdozio (a 24 anni), a parte un anno nel Seminario di Torino.

Poi gli studi di Diritto Canonico a Roma, laurea nel 1972, e frequentazione dei corsi di Diplomazia Pontificia.

Nella geografia del potere curiale, il cardinale Bertone appartiene  ai “canonisti-teologi”, insieme all’arcivescovo Rino Fisichella, eminenza grigia in robusti rapporti con il potere politico ed economico.  E monsignor Bagnasco è dato in “piena sintonia” con Bertone e con la squadra che ha molte redini della curia romana.

In effetti le realtà sono  più articolate, complesse, riservate.

Sta di fatto che non sono pochi i sacerdoti della Diocesi di Albenga-Imperia che parlano di una “promozione” di monsignor Oliveri a Roma, seguendo di qualche mese la sorte di Giovanni Battista Gandolfo, monsignore senza essere vescovo, pendolare tra Roma e Albenga, da pochi giorni in missione in Benin.

La diocesi di Albenga-Imperia, tra le più estese d’Italia (979 chilometri quadrati), 170 mila abitanti, 163 parrocchie, 140 sacerdoti secolari, dopo  Oliveri, ha come uomo forte, al comando, il vicario generale Giorgio Brancaleoni, già cancelliere, prima di prendere il posto di monsignor Domenico Damonte

Mario Oliveri il 27 giugno dello scorso anno ha festeggiato i 40 anni di sacerdozio.  Durante i 19 anni di guida della diocesi ha mantenuto, con rarissime eccezioni, il basso profilo. Mai (o quasi) si è fatto coinvolgere in polemiche. Più problematici i suoi rapporti con un esiguo numero di sacerdoti (in buona parte provenienti da fuori Liguria) che gli hanno riservato dispiaceri, sorprese, articoli di giornali per vicende non proprio edificanti. Sacerdoti, con trascorsi diversi, che lui ha accettato dalla Chiesa di rito ambrosiano, suscitando malcelati malumori tra coloro che si sono formati nel Seminario vescovile di Albenga.

Oliveri, inoltre, ha evitato di “intromettersi” nella gestione materiale della Curia, dei suoi beni, degli affari, affidata a monsignor Fiorenzo Gerini, da 55 anni parroco a Peagna, sacerdote della vecchia scuola, profondo conoscitore della realtà diocesana, del suo clero, del mondo politico ed economico. Lontano da lotte intestine. Un saggio che ha amministrato il patrimonio della Chiesa con lungimiranza, successo e discrezione. Un antimassone radicale. Dallo scorso anno è stato sostituito da un più giovane  e con più temperamento, don Antonio Suetta, parroco di Borgio Verezzi.

Il vescovo Oliveri in una delle sue rare interviste diceva: <Io ho cercato di mantenere un profilo alto della mia missione di vescovo.  Ho cercato di mantenere un rapporto di serenità  con le istituzioni civili, ma senza intervenire a dare suggerimenti  concreti. L’obiettivo della Chiesa è la salvezza ultraterrena dell’uomo, non la soluzione dei problemi in questa vita>.

Nel novembre 2002 c’era stato persino chi accreditava una sua candidatura al soglio vescovile genovese, per coprire il vuoto lasciato dalla partenza di Dionigi Tettamanzi.

Una candidatura, si saprà dopo, che non aveva alcun fondamento. Sarebbe bastato essere nella sfera del cardinale Tarcisio Bertone (ha parenti che abitano nell’entroterra di Alassio). L’alto prelato ha avuto sicuramente negli anni più di un’eco sulle problematiche di diversi sacerdoti della diocesi affidata ad Oliveri. E poi, gli articoli di giornale. Le locandine davanti alle edicole. Le inchieste giudiziarie, in qualche caso le manette per reati sessuali.

Momenti difficili, duri che la grande moderazione di Mario Oliveri e qualche “anima buona” in Curia, a Roma (leggi il cardinale Re), hanno evitato che le cose precipitassero.

Un vescovo, tra l’altro, che ha sempre avuto ottimi rapporti personali con il potere politico nelle sue diverse anime. In particolare con il “gruppo imperiese”, da Forza Italia, all’Udc. Non si è mai messo in rotta di collisione (salvo episodi sporadici con uno o due sindaci rivieraschi) con la società civile.

Semmai indicato troppo sensibile al pianeta degli extracomunitari. Ma la posizione della Chiesa, su questo fronte, è pienamente schierata dalla sua parte.

Un vescovo amato dalla maggioranza dei sacerdoti diocesani, dai fedeli delle parrocchie.

Ora anche per lui pare sia arrivato il momento della partenza, del ricambio. Mancano dieci anni all’età della “pensione” (75 anni). Se le informazioni hanno una qualche credibilità danno per scontata la richiesta romana di lasciare Albenga.

L’estate scorsa, mentre si trovava nella sede estiva del Seminario di Nava, Oliveri, era stato colto da malore, ricoverato in ospedale ad Albenga. Un paziente esemplare, come è piacevole la sua compagnia, mai invadente, mai “impositivo”.

Il vescovo Alberto Maria Careggio, di fronte alla “piazzata-sorpresa” dei giornali, aveva pronunciato un “no grazie”, intendo restare. Poi vedremo.

Mario Oliveri  avrebbe già scelto un periodo di “riflessione” per problemi di salute e per la presenza di un carissimo fratello bisognoso di assistenza continua. Molto uniti, affiatati.

Un “no” ad oltranza non è nella statura di un presule che aveva scelto la “diplomazia” vaticana. Per dirla, infine, con don Baget Bozzo, Genova e la Liguria sono diventate la riserva aurea del Vaticano. Angelo Bagnasco è a Genova, presidente della Conferenza episcopale  italiana (Cei), creata da Pio XII per impulso del cardinale Siri, papa mancato per un soffio. L’arcivescovo Mauro Piacenza presiede i tesori dell’arte vaticina in Roma. Guido Marini, cerimoniere della Chiesa genovese, ha sostituito Piero Marini nella funzione di liturgo del Papa, mentre Domenico Calcagno (già vescovo di Savona) è vice dirigente dell’amministrazione apostolica. Della chiamata a Roma di Careggio abbiamo descritto. Oliveri chiuderebbe, si fa per dire, il cerchio.

Luciano Corrado