TRATTEGGIO DI GIULIO TREMONTI da Libero

Giulio Tremonti

Vittorio Feltri, Giulio Tremonti? “Tutta la verità sui rapporti con Draghi”

Nostalgia di Giulio. In realtà sono tre i Giulio che rivorrei al governo: Giulio Cesare, Andreotti e Tremonti. Essendo difficile che i primi due si presentino alla chiamata del Capo dello Stato per ragioni che non mi dilungo a spiegare, resta il terzo personaggio. Fa di tutto per risultare antipatico, l’opposto di quanto consiglia il manuale del perfetto candidato, cioè ottimismo e illusioni, a cui il popolo è uso abboccare. Niente da fare. Questo valtellinese, traslocato a Pavia per insegnare e a Milano per esercitare la professione di avvocato tributarista, predilige la tecnica di Cassandra, prevedendo il peggio quando sembrerebbe impossibile scivolare ancora più giù. A meno che… Avete capito: …a meno che non solo il governo italiano ma i capi mondiali o forse della galassia si accodino alle sue idee. Voi direte che siamo davanti a un matto, o a un mitomane. Be’, io sono portato a dargli ragione, nonostante faccia di tutto per farsi dar torto. Infatti sprizza intelligenza e presunzione da tutti i pori; entrambi vizi detestabili, soprattutto il primo perché raro, ma è campione mondiale anche del secondo pur essendo quest’ ultimo un fenomeno di massa. Non fa apposta, sono entrambi una condanna, ma diciamo che se li porta volentieri sulle sue spalle di uomo apparentemente timido, fino ad assomigliare al buffo professore di Oxford interpretato da Stan Lauren.

LE CHIAVI DEL PAESE
Esibisce questa sua doppia poco amabile fisionomia con la potenza dei geyser islandesi, a cui somiglia per la tendenza a esplodere con getti portentosi dopo parentesi di quiete. Poi eccolo. E mi incanta. Ha una razionalità di tipo mistico, da visionario attaccato contemporaneamente alla realtà con i suoi dati numerici e le sue leggi bronzee e alla triade dei suoi pensieri profondi: Dio, Patria e Famiglia, scusate le maiuscole che non mi appartengono ma a G&G (Giorgia e Giulio) senz’ altro. Ci credono, non è una posa, è l’humus insieme conservatore e, ai nostri tempi, rivoluzionario da cui sgorga la loro idea alta e molto pratica di presente e di futuro. Interesse nazionale, superamento del mito della globalizzazione, identità culturale cristiana contro la dissoluzione nichilista del politicamente ed economicamente corretto, che prevede uomini e donne “a taglia unica”. Su Meloni mi sono espresso di frequente.

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Quanto a Tremonti – dopo averlo in passato ridimensionato, dandogli un modesto 6+ – capovolgo il numero, e gli assegno un 9 meno, ed esaursico in quel meno il dato caratteriale, che non deve oscurare la sostanza delle sue analisi e proposte, ma è bene lo corregga evitando di sgambettarsi da solo, dando pretesti a chi lo vorrebbe escludere, garantendo sotto traccia che Mario Draghi avrebbe già segnalato a Quirinale, Bruxelles, Francoforte (Bce) e Casa Bianca il suo veto nei confronti dell’avversario storico, dal quale fu licenziato in quattro e quattr’ otto da direttore generale del Tesoro appena Giulio prese possesso del dicastero. Confesso ho personale stima di Draghi, e non sono a tal punto sprovveduto da negargli competenza, prestigio e serietà. Ma ho nostalgia di Giulio, occorre sparigliare rispetto al conformismo delle sinistre che, scimmiottando Draghi per togliersi la patina di provincialismo, ossequiano Ursula von der Layen, Macron e Scholz, consegnando loro le chiavi del nostro Paese. Il tutto pur di sconfiggere la Meloni, con Tremonti da affondare con lei. Passi per Enrico Letta e compagnucci, che non sanno far di meglio che esibire la loro sudditanza a Parigi e Berlino pur di fiocinare il centrodestra prima e dopo le elezioni, ma spero proprio che Draghi non si mescoli a questa cagnara, trasformando dissapori personali per fare un danno all’Italia. Se lo conosco, non accadrà. Ma lo conosco? Aspetto conferma. Torno a Tremonti. È uscito in questi giorni il suo volume Globali77a7ione. Le piaghe e la cura possibile (Solferini, pp. 154, 16,00), e si è ripetuto il fenomeno consueto: ogni volta che prendo in mano un suo libro resto abbacinato dalla lucentezza dello stile e dalla chiarezza dei suoi giudizi. Inevitabilmente lo paragono ai discorsi e alle dichiarazioni dei ministri dell’Economia (Tesoro+Finanza) che gli sono succeduti dopo che Berlusconi dovette menare le tolle (lombardismo caro al nostro valtellinese, figlio di farmacisti). Persone in gamba, senz’ altro. Con la testa sulle spalle, non si discute. Ma allora perché sono apparsi e scomparsi senza lasciare ricordi di sé? Sfido qualcuno a ricordare un colpo battuto sul tavolo di Bruxelles che abbia appena un pochino fatto traballare il tavolo tra quelli arrivati dopo di lui (Monti, mamma mia, Grilli, Saccomanni, Padoan, Tria, Gualtieri, oddio).

SPECULAZIONE
A questo punto provo a sintetizzare il libro, sperando di non banalizzarlo. È stato presentato mercoledì a Milano, chiamato a parlarne dalla associazione che porta il nome del grande Guido Carli (ed è presieduta dal nipote professor Federico). Gli hanno chiesto tre cose da fare subito. Ha risposto: 1- Eliminare le tasse sugli aumenti dovuti alla speculazione (lo Stato incassa di più grazie ad accise ed Iva se aumentano i costi di carburante). 2- Smetterla di fare leggi: i decreti emanati dal governo Draghi occupano, se si dispongono le pagine ordinatamente a terra, 25 campi di calcio. 3- Rendersi conto che è la speculazione finanziaria e non la geopolitica a determinare l’altissimo costo del gas (la Russia fornisce il 9% del metano di cui abbisogna l’Ue), agire sul piano giuridico di conseguenza. Di certo Tremonti dichiarerebbe, una volta ministro, la fine delle litanie pro-globalizzazione. Si passerebbe alla fase dell’internazionalizzazione. Dove ogni Paese agisce con la sua identità nel concerto dell’Europa e del mondo. Se provo a tradurre in termini di ideali, mi viene in mente Dio-Patria-Famiglia. E qualcuno mi segnala che in questo millennio fu il primo ministro a riproporre questa triade come difesa dei nostri valori e dei nostri interessi. Era il 28 agosto del 2008, al Meeting di Rimini. Il 15 settembre fallì la Lehamnn Brothters e si aprì la grande crisi che dura ancora oggi. Tremonti aveva capito tutto prima, diavolo d’un uomo.

Da Libero.it

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