VENDETTA, TREMENDA VENDETTA

 VENDETTA, TREMENDA  VENDETTA 

 VENDETTA, TREMENDA  VENDETTA

 Dunque mercoledì  27 novembre (il mese dei morti), alle ore 17: 42, secondo Il Giornale della famiglia Berlusconi, si è consumato un colpo di Stato in Italia. Ora, siccome non si sono visti i carri armati per le strade, né l’arresto del Presidente della Repubblica, né quello del Presidente del  Consiglio e dei  membri del Governo, né la chiusura del Parlamento, Il Giornale  intende dire che  non si tratta di un golpe militare ma di un golpe bianco, cioè, secondo lo Zingarelli, di un “sovvertimento  degli assetti costituzionali attuato senza l’uso della forza, da parte di un organismo dello Stato stesso”. Perché, allora, Il Giornale non ha titolato a tutta pagina, invece  che   “Senato, ore 17: 42 – Colpo di Stato – Vendetta nelle urne”, “Senato, ore 17: 42 – Golpe bianco – Vendetta nelle urne”? Semplice: ha citato le parole pronunciate dal già senatore Silvio Berlusconi, leader della destra italiana, nella conferenza stampa tenuta il giorno precedente alla votazione in Senato sulla sua decadenza; Il leader ancora carismatico della destra, evidentemente, considera la sua decadenza da senatore in seguito alla  condanna definitiva per frode fiscale, un sovvertimento illegittimo dell’assetto costituzionale  italiano attuato da un altro organismo dello Stato, in questo caso dal Senato.


In realtà, secondo Berlusconi, il Senato non ha fatto che eseguire il golpe bianco ordito dall’odiata  magistratura, in particolare da Magistratura Democratica, notoriamente infiltrata a suo tempo dalle Brigate Rosse, in combutta con il Partito democratico, il quale, non riuscendo a sconfiggerlo politicamente e democraticamente “nelle urne”, ha trovato una sponda, anzi, un’arma letale messa a sua disposizione da settori politicizzati dell’ordine giudiziario, che infatti hanno imbastito sul nulla  una sistematica e ventennale persecuzione contro un leader tanto amato da una parte (a suo dire maggioritaria) del popolo italico quanto odiato da un’altra parte (la sinistra, minoritaria nel Paese, e pure antipatica a causa della sue arie di presunta superiorità culturale e morale) dello stesso popolo. Amore e odio l’un contro l’altro armati. D’altra parte, è da quando è stata emessa la condanna definitiva per frode fiscale che le metafore guerresche e sanguinarie nella pubblicistica e nelle dichiarazioni così dei falchi come delle colombe del Pdl prima, e, ora,  solo dei  falchi confluiti nella rinata Forza Italia, si sprecano: plotone di esecuzione, assassinio politico, martirio, ghigliottina, Piazzale Loreto, e persino, con sprezzo della misura e del vocabolario, “eccidio” – dixit l’onorevole avvocato e giurista, nonché docente universitario (?) berlusconiano Francesco Paolo Sisto,  a un inviato del tg della 7 -. Insomma, per Berlusconi e per i suoi fedelissimi  questa condanna e conseguente decadenza da senatore della Repubblica è né più né meno che il trionfo dell’ingiustizia sulla giustizia, dell’illegalità sulla legalità, dell’eversione “golpista” di Palazzo contro la volontà della maggioranza degli italiani, dei “piccoli uomini senza il senso della Storia, della giustizia e della libertà…e di quegli intellettuali, come i senatori a vita Renzo Piano e Carlo Rubbia, che non potevano mancare, quando c’è da fare scorrere sangue senza nulla rischiare” (Sallusti) contro un innocente e benemerito padre della Patria, agnello sacrificale immolato sull’altare della magistratura eversiva e dei vecchi comunisti riciclati nel Pd. Se così stessero le cose, bisognerebbe mettere sotto accusa  anche il Presidente della Repubblica per alto tradimento (come avrebbe preteso anche il noto “costituzionalista” extraparlamentare Beppe Grillo); nonché processare la magistratura inquirente e giudicante che ha agito illegalmente per motivi politici e non giuridici contro il cittadino Silvio Berlusconi.


Ecco perché la rinata Forza Italia è già in campagna elettorale, per preparare la vendetta  che avverrà “democraticamente” nelle urne, alle prossime elezioni che si auspicano il più possibile ravvicinate. Intanto le migliori “penne” berlusconiane (Ferrara, Veneziani, Paolo Guzzanti, Sgarbi, Belpietro, Mulè, Vittorio Feltri, Sallusti…) si prodigano  per  tener alta la tensione “etica” e il risentimento del popolo di Silvio, acuminando al massimo le loro frecce di carta. Un  saggio dimostrativo lo fornisce già Vittorio Feltri nel suo editoriale “del giorno dopo”, la cui tesi di fondo è la riformulazione “a canone inverso” del proverbio che dice “la miglior vendetta è il perdono”. Per Feltri (Vittorio) non può esserci nessun perdono per i traditori e per gli avversari (ma perché non li chiama nemici?) che hanno lavorato e lavorano “per eliminarlo: sembra che godano a stringere lentamente – molto lentamente – la vite della garrota”. Vedete, ci suggerisce Vittorio Feltri, come si possono perdonare dei nemici così barbari e sadici, che “non si accontentano  di farlo fuori, pretendono di trasformare – e ci riescono – l’esecuzione in uno spettacolo dell’orrore. Altro che macchina del fango [qui Feltri allude, con qualche protervia, a sé medesimo e al suo “metodo Boffo”, adoperato senza sconti anche a danno dell’incauto Giafranco Fini, reo, oltre che  di tradimento, persino  di aver lasciato in comodato d’uso al cognato la famosa casa di Montecarlo]. Quello che usano contro di lui è un imponente strumento di tortura affidato a un esercito di sadici, ciascuno dei quali svolge il suo compitino per rendere più macabro il linciaggio-show…” [Il corsivo è mio]. E dire che ci sarebbe stato un modo assai dignitoso per evitare tutto questo: rassegnare le dimissioni prima che si arrivasse al voto in aula. Non sarà – pensando male – che Berlusconi abbia preferito questo “linciaggio”, anche mediatico,  per fare una volta ancora la parte che gli riesce tanto bene della vittima sacrificale? E il bello – si fa per dire – è che l’acuto Feltri gli ritaglia addosso proprio questa parte in commedia (o in tragedia, non sappiamo ancora come andrà a finire), così bene spendibile in campagna elettorale: “Mentre il cavaliere si batte e si dibatte per non soccombere gratis, si odono nell’arena risate, insulti da trivio [un riferimento alla “catilinaria” della grillina Paola Taverna in Senato? Mah, chi lo sa!], politici di risulta, tifosi di alcune Procure [qui il riferimento è senza dubbio a Marco Travaglio], toghe svolazzanti, pidocchi (?), conduttori televisivi a scartamento ridotto con codazzo di ospiti a gettone [qui la lista è lunga: Santoro, Formigli, Floris, Fabio Fazio, Paragone…], frasi d’incitamento dirette ai picadores affinché sfianchino la vittima sanguinante [anche Feltri come Sallusti, sente l’odore del sangue]. Già. Vittima.


Come si potrebbe diversamente definire un uomo che da venti-anni-venti [dunque non diciannove come ci tiene a precisare l’altro pretoriano Paolo Guzzanti!] scazzottato nei tribunali, poi condannato, poi costretto ad ascoltare il tintinnio delle manette, a leggere [per eccesso di sadismo] articoli che raccontano di magistrati intenti a predisporre il suo arresto…”. E, come tocco finale forse non proprio elegantissimo: “obbligato a schivare una pioggia di sputi”. Più vittima di così, verrebbe da dire, si muore. Ma perché l’acuto Vittorio Feltri calca tanto la mano, pardon, la penna, enfatizzando oltre ogni limite i colpi inferti da amici e nemici al  povero Cavaliere umiliato e offeso? Già, perché? La risposta la troviamo alla fine (quasi) di questa involontariamente farsesca – e, a mio modo di vedere, controproducente per eccesso di zelo –  apologia di un politico condannato e decaduto: “Berlusconi non è un fantasma, ma un uomo in carne e ossa, non ancora domo, e la sua presenza peserà nei prossimi mesi sui destini italiani [sembra una maledizione in piena regola!]. I cittadini sono arcistufi di questo osceno tormentone; quando si tratterà di votare [ecco il punto!], non dimenticheranno quanto di sporco è accaduto e metteranno in pratica un proverbio riveduto e corretto: il miglior perdono è la vendetta”. E chi non beve con me, peste lo colga!

FULVIO SGUERSO

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