Una prece per la terra….

UNA PRECE PER LA TERRA

LA BOTTE PIENA E LA MOGLIE UBRIACA

UNA PRECE PER LA TERRA
LA BOTTE PIENA E LA MOGLIE UBRIACA

 Questa, in chiave grottesca, la fotografia dell’epoca attuale: che vuole tutto senza però pagarne il prezzo. [Il corrispondente in inglese è: you can’t have the cake and eat it (non puoi avere la torta e mangiarla)].

Vuole la piena occupazione, ma ricerca alacremente tutti i modi per ridurla, dai robot alle macchine, dalle auto senza pilota alla cibernetica, ai computer, ecc.

 

Qualcuno sentiva l’esigenza dell’auto a guida autonoma? Pura vanità tecnologica.

A quando il robot nel talamo nuziale al posto del marito?

 

Vuole prodotti chimici di drammatici effetti collaterali (tipici i fitofarmaci e diserbanti) per risparmiare manodopera, ma avvelena l’aria, le acque, il terreno, mentre idealizza inesistenti cibi puliti, sani, incontaminati, “come una volta”.

Coccola il mito della crescita senza fine dei consumi per far felici gli economisti, ma preoccupa in pari misura gli ecologisti, consci della finitezza delle risorse e della capacità della Terra di assorbirne i rifiuti.

Persegue in Europa il contenimento demografico mediante l’austerity, per poi accorgersi di avere più vecchi che giovani e più pensionati che lavoratori, ricorrendo all’accoglimento indiscriminato di profughi per compensare le culle vuote.

Causa la fuga dai Paesi poveri di milioni di diseredati, che la gente accoglie a malincuore, mentre continua il saccheggio dei loro territori per perpetuare i suoi consumi iperbolici.

Aggrava il dissesto di intere nazioni con ripetuti focolai di guerre, per tenere in piedi l’industria bellica, divoratrice di risorse sottratte alla conservazione dell’ambiente.

Ricostituisce negli USA il lavoro perduto innescando una guerra di dazi e un ritorno all’isolazionismo commerciale.

 

 

Mentre a Vado si smantella la produzione a carbone, 

negli USA Trump riapre le miniere di carbone: occupazione e inquinamento

 Si riaccende il dilemma, esploso degli anni ’70, tra inquinamento e disoccupazione, cogli USA che riaprono miniere di carbone e trivellano per terra e per mare, onde ripristinare un’autarchia da tempo perduta, snobbando gli accordi di Parigi sul clima.

Procede senza sosta a ritmi insostenibili il fenomeno dell’inurbamento, mentre si accarezza il mito di un’arcadica campagna, tutta galline ruspanti e verdi pascoli.

Nel frastuono di pubblicità infarcite di improbabili purezze ambientali, in realtà prosegue l’aggressione massiccia contro l’ambiente, in ogni forma e con ogni mezzo. E, magari ad anni o decenni di distanza, si scopre che buona parte dei passati “boom economici”era dovuta a scarichi tossici seppelliti qua e là da aziende che volavano in Borsa; o, più recentemente, a trucchi per aggirare i limiti di emissioni consentiti: vedi i motori Diesel, dei cui scarichi cancerogeni di era a conoscenza da almeno mezzo secolo. Ma gli scarichi di rifiuti tossici sono proseguiti anche a boom cessato, visto che in piena recessione post-2007 centinaia, anzi migliaia, di camion hanno impestato la penisola nell’incuranza dei vari controllori: ci dice niente, ad es., la famigerata Terra dei fuochi nelle fertile Campania? La chiave di lettura di questo andazzo è elementare: “Non inquinare costa troppo” [VEDI], cioé alza i prezzi e deprime la “crescita”, quel vocabolo che riempie la bocca di politici e industriali dalla fine della guerra. 

 

 

Il boom economico avvenne a spese dell’ambiente. Ed eravamo “solo” 2 miliardi…

 

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Lo scorso 6 giugno si è celebrata la Giornata Mondiale dell’Ambiente. Sembra sia questo il massimo che siamo disposti a fare per un ambiente che manda crescenti segnali di intolleranza; ma le nostre comodità sono irrinunciabili, con l’illusione di aver sconfitto la maledizione biblica della fatica grazie alla tecnologia, pur albergando nell’inconscio collettivo il presentimento che la strada che percorriamo ci porti dritto verso l’abisso. Presentimento rimosso con la litania del “pensare positivo” e “non gufare”.

D’altronde, individualmente non è facile sottrarsi all’orgia consumistica, se non a prezzo di sacrifici che pure, se confrontati con quelli dei nostri avi, o soltanto dei nostri nonni, o durante i conflitti, sono ben poca cosa.

Leggo che negli USA la quasi totalità delle case ha l’aria condizionata; che la Silicon Valley, coi suoi mastodontici processori, è un buco nero che inghiotte energia a ritmi stellari; che, causa anche le ferrovie quasi inesistenti, i consumi energetici per i trasporti di merci e persone volano a cifre pari a un terzo di quelli globali.

Per restare a casa nostra, il grosso dei rifiuti solidi è costituito da imballaggi. Ricordo quando la droghiera pesava lo zucchero o il caffè in carte di colori diversi; e il lattaio passava a ritirare le bottiglie in vetro vuote rimpiazzandole con quelle piene. In sostanza, era l’epoca del riuso, ben migliore di quella, peraltro in buona parte negletta, dell’odierno riciclo, che comporta comunque costosi e inquinanti processi di trattamento e ricupero, specie per la carta inchiostrata e le plastiche (a proposito delle quali sono tuttora scettico sulla capacità di distinguerne le varie composizioni e procedere al loro ricupero differenziato). 

 

Londra: ritorno all’antico, col riuso delle bottiglie di latte

 

Inquiniamo le acque a causa di tutto quanto dianzi detto e ci buttiamo sulla “minerale”, che proviene da remoti e misteriosi “paradisi”dai nomi accattivanti, magari “altissimi e purissimi” o da fonti sgorganti “acque della salute”. Ci arriva però, dopo centinaia di km, in bottiglie di plastica, che poi ci si invita caldamente a “differenziare”. Se, da giovane, mi avessero detto che lo strascico di ogni mia bevuta sarebbe stato un rifiuto di così grandi dimensioni l’avrei scartato come fantascienza dell’orrore. Eppure i ragazzi di oggi trovano normali tutti i nostri imperdonabili sprechi; ma poi, via via che crescono, si lamentano della TARI o dei costi di depurazione delle acque; mentre nessuno vuole i relativi impianti di trattamento o, peggio ancora, una discarica, vicino a casa sua.

 

La recente direttiva UE vieta alcuni oggetti in plastica monouso; ma ne tralascia troppi altri

 

Caratteristico poi l’accanimento contro una fonte di inquinamento ben localizzata, come una centrale elettrica, mentre si tollera con la massima indulgenza l’inquinamento diffuso del traffico automobilistico. Nel primo caso, “è altro da noi”; nel secondo, ne siamo coinvolti e allora ci vuole un occhio di riguardo. Ma il primo ci riguarda da vicino e lo sarà sempre più col moltiplicarsi delle auto elettriche, cui persino Marchionne si è convertito. Avremo aria più pulita in città; ma fuori? Niente più centrali, c’è l’eolico, c’è il solare. Quante pale eoliche dovranno girare, quanti km di superficie dovranno venir ricoperti da pannelli solari per alimentare la crescente sete di energia che la vita comoda impone? Vita comoda cui un esponenziale numero di umani, dediti sino a ieri ad una vita sobria per necessità, sta avendo accesso.     

Insomma, vogliamo vivere negli agi; e ad essi sacrifichiamo la salute della Terra e quindi nostra. Crescono gli svaghi, mentre intorno a noi cresce il degrado.

 

Sepolti dalla plastica?

 

Ciò detto, è tutt’altro che facile decidere se ogni nostro gesto quotidiano sia più o meno amico dell’ambiente rispetto a un gesto alternativo. Questo quesito me lo pongo più volte al giorno e spesso non trovo una risposta convincente. Per giunta, non voglio dipingermi come un “angelo ambientale”: anch’io commetto i miei “peccati ecologici”(altro che quelli che da ragazzino mi chiedeva il confessore: “quante volte?”). Né voglio minimizzarli, per potermene assolvere. Ho abolito l’automobile, spostandomi a piedi, in bicicletta o coi mezzi pubblici, uso l’acqua calda del pannello solare, bevo l’acqua del rubinetto (tranne d’estate, quando da dodicimila diventiamo ottantamila e la pioggia latita), faccio una zelante raccolta differenziata, non cambio abbigliamento da anni, ma… Se ho acceso la curiosità, mi dispiace, ma mi vergogno di rivelare il mio “peccato ecologico”, che pur compio con grandi sensi di colpa. Non andrò in Paradiso. Sorry.

Oggi abbiamo un nuovo governo, al cui interno convivono visuali divaricate, sulla base di quanto appena descritto, con una Lega, focalizzata sul problema immigrati e sicurezza, e un M5* , molto critico delle grandi opere di dubbia utilità. Sui loro cavalli di battaglia (flat tax, reddito di cittadinanza e legge Fornero) ho già espresso le mie perplessità in un precedente articolo. Mi dispiace di non vedere nel loro programma lo spazio, che a mio avviso dovrebbe essere prevalente, riservato alla tutela dell’ambiente; i cui campi di intervento, come intravisto nella casistica da me elencata a puro titolo esemplificativo, sono complessi e molteplici. I nessi ambientali sono come i fili di una ragnatela, per cui intervenendo su uno solo di essi di “disturba” l’intera rete. 

Dopo tutta l’enfasi accordata all’economia nei tre mesi post-elettorali, sarebbe il caso di dedicare altrettanta attenzione ai risvolti ambientali di ogni legge e normativa che verrà varata nei prossimi… mesi, anni? Ne avranno il coraggio? L’ecologia non porta voti, anzi.

  Marco Giacinto Pellifroni   10 giugno 2018

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