Una piazza vuota di vita come mai si era vista

Una piazza vuota di vita
come mai si era vista

 Una piazza vuota di vita come mai si era vista

 

Uno scenario da Colossal, immagini perfette della Grande Bellezza dove tutto è studiato.
 
Un contrasto deciso dove anche le luci assumono valore di lotta, ma anche di speranza. 
 
Non ci sono sfumature perché la rappresentazione del Bene, in contrasto col Male, non le prevede.
 
Una piazza che ha visto milioni di anime, dove i secoli si mescolano alle vite che da li sono passate, di umili e di re, di guerrieri e di purezze, dove tutto è cambiato, ma non quella cupola, non quel colonnato, non quella finestra che costringe ad alzare gli occhi verso il cielo.
 
Una piazza vuota di vita come mai si era vista.
 
Un colore blu reso più cupo dalla pioggia e una attesa di qualcuno che non sarebbe arrivato mai.
 
E, di contro, un altare modesto circondato da una luce dorata e calda dove un uomo parla sapendo di essere ugualmente ascoltato nonostante l’assenza di voci, di volti, di occhi.
 
Parla solo lui accompagnato dai rumori di un sottofondo flebile.
 
Una luce dorata e una luce blu senza alcuna mescolanza nel mezzo, senza alcuna fusione.
 
Lui, in quel momento, non parla ai credenti, parla agli uomini tutti.
 
Quella piccola e stanca figura bianca che cammina è un uomo che, per quell’attimo ha perso il suo ruolo ed è diventato come noi: minuscolo nell’Universo, indifeso nella tempesta, fragile nell’incapacità, scosso in questo uragano imprevisto e feroce.
 
Una persona che parla senza alcuna solennità.
 
Una persona che, pur nella sua posizione, si sente sola. Come noi.
 
Parla.
 
E il rumore della pioggia.
 
Parla senza cambi di tono e dice che gli schiaffi universali della vita, quelli che ci riducono allo stremo e che ci danno dolori indimenticabili, lasciano scoperte le false sicurezze e i progetti di chi si sente immortale, forte, deciso, invincibile.
 
La voce è calma e la pioggia non cessa.
 
Forse cerca di spiegare le ragioni e quel nostro innegabile abbandono, nei decenni, di cio’ che davvero nutre l’anima dei popoli. E non parla solo di fede, parla d’amore.
 
Perché davvero nessuno mai si salva da solo.
 
E il rumore della pioggia.
 
E quel contrasto di luci immobili.
 
L’acqua, la tenebra, la luce, l’uomo da solo e le parole.
 
La benedizione a tutte le genti e poi, in ultimo, un finale che ribadisce ancora la collisione, ma che nella tragedia sa di sublime. il suono delle campane che si mescola, quasi all’unisono, con quello delle sirene in lontananza.
 
La speranza e la realtà.
 
La preghiera e il Male.
 
Il conforto e la paura.
 
Per una volta insieme.   

  Loretta Ramognino

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