Una pergamena di Giovanni Battista Castello, il Genovese

Giovanni Battissta Castello, “Riposo durante la fuga in Egitto”

Appartato dalle vicende della pittura genovese “da parata” Giovanni Battista Castello (1549 c. –  1639) fratello maggiore di Bernardo, dipinge con smaglianti colori a tempera soggetti sacri su piccole pergamene per il collezionismo privato di principi re, come Filippo II di Spagna, borghesi e intellettuali, quali Giovanni battista Marino e Gabriello Chiabrera, nell’ambito della consistente ripresa di questo medium pittorico in ambiente controriformistico così apprezzato dal poeta savonese che, a differenza dell’amico, è invece perennemente mosso dal tarlo del successo pubblico:  “che temi tu, che in solitaria parte/ tempri con dotta ma varj colori,/ e col diletto della nobile arte/ si te medesmo, o la Liguria onori?”  (G. Chiabrera, rime, I, XXXIII).
La qualità esecutiva di Giovanni Battista risulta perennemente elevata, nei colori smaglianti e nel ductus a piccoli tratti di finissimo pennello, ma la tenuta delle sue composizioni dipende dai modelli adottati, spesso disegni (di Luca Cambiaso e forse di Giulio Clovio), incisioni (da Duner, Martin de Vos, R. Sadeler. H.S. Beham) o famosi dipinti. Quando essi sono carenti il disegno si allenta in un piano arcaismo, nella reiterazione di temi e soggetti. Si confronti ad esempio la parte superiore della grande (centimetri 33 × 26) ma alquanto stanca lapidazione di Santo Stefano, recentemente comparsa sul mercato antiquario (Art Genova 30-11-04 n.170)

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Nel riposo durante la fuga in Egitto (centimetri 13 × 16) che qui presento, il modello invece di prim’ordine e stilisticamente alquanto aggiornato: l’acquaforte di Camillo Procaccini, eseguita probabilmente a Bologna prima del 1587, anno in cui l’artista si era trasferito a Milano. La figura di San Giuseppe riprende con l’assoluta fedeltà il prototipo bolognese, mentre il tronco i rami all’estrema destra sembrano un richiamo alla testa e all’orecchie dell’asino presenti nella incisione.
La Madonna col bambino rifiuta invece l’accentuato manierismo del Procaccini, per seguire modelli più tipicamente genovesi, non lontani da quanto elaborato dal fratello Bernardo negli anni novanta del 500, dopo il soggiorno fiorentino e prima di quello romano.
Tutto lascia pertanto pensare ad un’opera dipinta ancora allo scadere del cinquecento prima dell’impermeabile arcaismo dell’ultimo tempo del pittore.





Ripercorrere i trascorsi critici di questo lavoro, che qui assegno per la prima volta su indubitabile autore, esemplifica la scarsa attenzione rivolta dagli studiosi alle vicende della miniatura ligure: era ascritto all’omonimo Gio. Battista Castello, il Bergamasco (c.1    509-1579), pittore di affreschi e architetto contemporaneo di Luca Cambiaso, nel catalogo Finarte n. 1138 (Milano 16-05-2000 n. 215) e poi lo stesso Bernardo Castello nell’House Sale di Palazzo Tornielli di Crestvolant (Molare 21-23 settembre 2002 n. 861), da cui è passato all’attuale collezione privata.
Simili confusioni permangono ancora oggi, e ai massimi livelli, se la miniatura raffigurante un Compianto di Cristo deposto dalla croce (centimetri 12,8 × 8,9) presentata da Sotheby’s, New York, il 27 gennaio 2005 al n. 311, di incerta attribuzione a Giovanni Battista Castello, il Genovese, reca nellla scheda redazionale le date di attività dell’omonimo Bergamasco
Del riposo durante la fuga in Egitto qui pubblicato sono note alcune repliche con varianti, su rame, redatte probabilmente in ambito toscano, come il tondo presentato da Farsetti, castello di Monteacuto, maggio, 2003 n. 543, assegnato a Matteo Rosselli. Sembrano a prima vista copie semplificate eseguite nel primo seicento, ma lascerei comunque per il momento aperto il problema relativo alle eventuali priorità, come alla possibile diretta derivazione di queste ultime dall’acquaforte di Camillo Procaccini.

Renato Giusto

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