UNA GIORNATA PARTICOLARE

Ieri, 14 settembre, è andata in onda in prima serata, la prima puntata del nuovo programma di approfondimento storico che il direttore  de La7 Andrea Salerno ha affidato ad Aldo Cazzullo, che  riprende il titolo del bel film di Ettore Scola Una giornata particolare del 1977. La giornata del film è quella della visita di Adolf Hitler a Roma e del suo incontro storico con il Duce del 6 maggio 1938, la giornata particolare scelta da Aldo Cazzullo  per aprire la serie televisiva è quella del 28 ottobre 1922, la data della marcia su Roma delle camicie nere di Benito Mussolini. Non è una scelta casuale:  in concomitanza con la puntata trasmessa ieri sera è uscito l’ultimo libro di Aldo Cazzullo: Mussolini il capobanda. Sottotitolo: Perché dovremmo vergognarci del fascismo,  ovviamente senza punto interrogativo.

Titolo e sottotitolo non lasciano dubbi su quali siano i destinatari del saggio: non certo gli italiani antifascisti, i quali non hanno bisogno di conferme sulla natura criminale del fascismo e del suo capo. Allora a chi si rivolge, a chi intende parlare, a quali suoi e nostri (ahimè!) connazionali? Lo spiega egli stesso: “Oggi in Italia ci sono gli estimatori di Mussolini: pochi, ma non pochissimi. Troppi. Poi ci sono gli antifascisti convinti: molti, ma non moltissimi. E poi c’è la maggioranza. Che crede, o a cui piace credere , in una narrazione consolatoria riguardo al Ventennio. La narrazione più o meno è questa: fino al 1938 Benito Mussolini le aveva azzeccate tutte; e tutti gli italiani erano fascisti. Certo, il Duce aveva avuto la mano pesante con gli oppositori; ma insomma quando ci vuole ci vuole; in fondo non ha ammazzato nessuno, o quasi. Amante delle arti e delle donne, bonificatore di paludi, demolitore di anticaglie e costruttore di nuovi quartieri: un capo  pieno di virtù. Peccato solo la sbandata per Hitler, le leggi razziali, la guerra fatta per raccogliere ‘qualche migliaia di morti’ ed essere ammesso al tavolo della pace. Peccato, davvero”.

Peccato che si tratti di una narrazione di comodo e sostanzialmente falsa: “In realtà ,  – chiosa Cazzullo – non è andata così. E non solo perché  i tedeschi avrebbero fatto volentieri a meno del nostro ingresso in guerra: sapevano  di doverci supportare su ogni fronte, come poi hanno fatto – dall’Africa alla Grecia – perdendo tempo, risorse e uomini preziosi. E non solo perché la frase sulle ‘migliaia di morti’ tradisce una volgarità d’animo e un cinismo rivoltanti.  La guerra non è un incidente di percorso o un errore tattico. La guerra era insita nel fascismo e nella testa di Mussolini fin dal primo giorno”. Cazzullo ha tracciato la mappatura oggettiva (aspetto le obiezioni degli immancabili bastian contrari) degli italiani di oggi riguardo a Mussolini e al fascismo;  mi pare comunque evidente che con questo  libro l’autore  si rivolga soprattutto alla maggioranza (più o meno silenziosa) di quell’Italia che lo storico Sergio Luzzatto ha definito “anti-antifascista”; dando per scontato che alla minoranza di fascisti o neofascisti irriducibili che ancora rivendicano il loro diritto a gridare “onore al Duce” nei loro raduni, a Predappio o altrove, non valga la pena di rivolgere la parola. Bisogna anche ricordare, nondimeno, che alla narrazione rassicurante di un Duce bonario, che si limitava a mandare in villeggiatura al confino gli oppositori del regime e che ha fatto anche “tante cose buone” per gli italiani, che ancora oggi va per la maggiore (altrimenti come spiegare il successo popolare di politici istrionici e millantatori come la Meloni e Salvini, già sicuri di stravincere le elezioni del 25 settembre?) nella cultura storica dell’italiano medio hanno  contribuito le massicce dosi di revisionismo storico  iniettate e messe in circolazione nei media da autori come Giovannino Guareschi, Indro Montanelli, Roberto Gervaso, Vittorio Feltri et similia ; sul piano storiografico e accademico spiccano i nomi di Renzo De Felice, Sergio Romano ed Ernesto Galli della Loggia, intentissimi a “contestualizzare”, a “storicizzare” e, insomma, a “de-fascistizzare” il fascismo.  Sento già rumoreggiare i difensori del libero pensiero e i nemici giurati del “politicamente corretto”: stai a vedere che solo gli storici antifascisti hanno diritto di parola, alla faccia della loro sbandierata Costituzione democratica e repubblicana! Secondo Aldo Cazzullo questo significa che gli anti- antifascisti ancora non si vergognano del fascismo. Scrive infatti:  “Mussolini prende il potere con la violenza, a prezzo di centinaia di vittime, e lo mantiene con la forza. Commette crimini contro altri  popoli, reprime la rivolta della Libia chiudendo donne e bambini nei campi di concentramento (40 mila morti); fa sterminare gli etiopi con il gas; fa bombardare paesi inermi in Spagna; poi ordina la sciagurata aggressione alla Francia, alla Grecia, alla Russia, regolarmente terminate con disastrose sconfitte; non per colpa dei nostri soldati, ma dell’impreparazione, dell’insipienza, della miseria morale del regime che a parole aveva preparato la guerra per vent’anni, e poi aveva mandato centinaia di migliaia a congelare e a morire senza indumenti adatti, armi, viveri, financo scarpe. Anche questo è stato un crimine del Duce.

Contro il suo stesso popolo”. Ora il problema, a me pare, è questo: Aldo Cazzullo non ha certo rivelato niente nuovo su che cosa è stato il fascismo e sulle gravi colpe di Benito Mussolini, come è possibile che ancora oggi tanti italiani aggiungano mentalmente il punto interrogativo al sottotitolo del saggio di Aldo Cazzullo, trasformandolo da un’asserzione in una domanda: “Perché dovremmo vergognarci del fascismo?” Già, perché dovremmo vergognarci per l’assassinio di Giacomo Matteotti, di Piero Gobetti, di don Minzoni, di Giovanni Amendola – aggredito cento contro uno –  di Carlo e Nello Rosselli, per le bastonate a don Luigi Sturzo, per l’aggressione fisica a un santo, Piergiorgio Frassati, per aver provocato la morte di Antonio Gramsci, che si spense in una clinica dopo tredici anni di carcere. Ricorda Cazzullo che “Dopo la marcia su Roma, dopo aver preso il potere, gli squadristi sistemarono i conti con i quartieri e con le città che avevano resistito.

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Per prima cosa assaltarono San Lorenzo, presero i popolani che avevano tentato di fermarli e li scaraventarono giù dal balcone di casa; ci furono morti, decine di lavoratori rimasero paralizzati, conla spina dorsale spaccata. Poi devastarono i quartieri popolari di Torino, uccisero quattordici operai, legarono il segretario della Camera del Lavoro a un camion e lo trascinarono per le strade della città. Da delinquenti in senso tecnico”. E così via, di delitto in delitto, da violenza a violenza, fino alla catastrofe della guerra. Chi volesse documentarsi non ha che da leggere il libro, ma dubito che, pe lo leggano, per esempio, i visitatori in camicia nera del museo “O Roma o morte. Un secolo dalla Marcia”, a Predappio. Racconta Hermes Santuzzi, il nuovo guardiano del museo, figlio di genitori comunisti,  all’inviato  de La Stampa, Niccolò Zancan: “Devo stare calmo e farmi vedere nella parte perché arrivano certi invasati incredibili. Gente che piange, gente che si inginocchia, stivaloni nazisti, paramenti da guerra. Dovreste leggere che dediche lasciano sul libro delle presenze, con tanto di nome e cognome: ‘Con onore sempre. A noi!’ ‘Per non dimenticare mai chi ha vissuto e combattuto per la libertà  e per la grandezza  d’Italia’ ‘Complimenti! Molto educativa’ ‘Il neo figlio della lupa, G. R.  Vi saluta romanamente’ ‘Un dovere ricordare’ ‘ A noi!’ ’ Solo tu potresti risollevare l’Italia’ ‘Onore al Duce’. E via di questo passo… (La Stampa, 20 agosto 2022). Perché mai quegli invasati dovrebbero vergognarsi? Per loro siamo noi antifascisti che dovremmo vergognarci, altro che le nuove e le vecchie camicie nere! Finirà un giorno questa lunga guerra civile italiana o dobbiamo rassegnarci a una guerra infinita?

Fulvio Sguerso

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One thought on “UNA GIORNATA PARTICOLARE”

  1. Condivido Fulvio, un periodo storico che non bisogna dimenticare, che ha illuso milioni di persone catturate dal mito della Patria potente e paterna, e che li portava a essere pronti a morire per essa…Rudy Giordan

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