Un grande artista: Otto Freundlich

UN GRANDE ARTISTA MARTIRE:
OTTO FREUNDLICH

UN GRANDE ARTISTA MARTIRE:
OTTO FREUNDLICH

La presa del potere del partito nazionalsocialista nella Germania del 1933, devastata dalla crisi economica postbellica, messa in ginocchio da un’inflazione fuori controllo che colpiva soprattutto i ceti meno abbienti, la piccola borghesia impiegatizia, gli operai e i contadini, segnò anche l’inizio di una vera e propria guerra ideologica contro i migliori artisti, pittori, scultori, scrittori, musicisti, architetti protagonisti delle avanguardie del primo Novecento, in quanto considerati non solo pazzoidi inutili ma anche elementi dannosi per la vera tradizione culturale e per la purezza della stirpe germanica.


La persecuzione e la repressione nei confronti dell’ “arte giudaica” e del “bolscevismo nelle arti”, toccò la sua acme con la mostra intitolata Entartete Kunst (Arte degenerata), inaugurata a Monaco nel 1937, da Hitler e Goebbels, il 19 luglio, giorno successivo all’inaugurazione della esposizione dedicata alla

“Deutsche Kunst”, nella stessa Monaco (città simbolo per il Partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi). Nella mostra sull’arte degenerata furono esposte 650 opere di 112 artisti, esponenti soprattutto dell’espressionismo e di altre avanguardie, e fu pensata da Joseph Goebbels come un grande spettacolo di propaganda politica, che doveva mettere alla berlina e screditare al massimo gli artisti contemporanei considerati estranei e incompatibili con la Weltanschauung nazista. La mostra fu corredata da un catalogo con chiari intenti didattici dove le opere vengono raggruppate con criterio tematico: “Manifestazioni del razzismo giudaico”, “Invasione del bolscevismo”; “Oltraggio alla donna tedesca”; “Come gli ebrei rappresentano i contadini tedeschi”; “Quando il metodo è la follia”; “Come menti malate vedono la natura”…In copertina viene messa, con intento denigratorio, la foto di una grande scultura “primitivista”e geometrizzante, Der Neue Mensch (L’uomo nuovo ) di Otto Freundlich, un artista ebreo-tedesco,  nato a Stolp, sulla costa baltica della Pomerania, nel 1878. Il padre era un commerciante agiato che poteva permettersi un tenore di vita simile a quello della nobiltà terriera locale.

   

Rimase presto orfano di madre e suo padre si risposò. Il piccolo Otto non accettò mai la matrigna e quasto rifiuto fu all’origine di molti suoi conflitti interiori e di sintomi nevrotici. Quando, dopo il 1900, va a Monaco di Baviera per studiare storia dell’arte, i suoi legami con la famiglia si allentano sempre di più. Si sposa diverse volte ma senza mai trovare l’armonia che cercava. Sempre per seguire i suoi studi artistici passa da Monaco a Firenze e lì, a ventisette anni,  comprende che la sua vocazione autentica non è quella di diventare un professore di storia dell’arte ma un artista e si dedica per due anni allo studio per conto proprio senza frequentare l’Accademia, seguendo solo la sua inclinazione e il suo gusto. Nel 1908 è a Parigi, dove abita a Montmartre e frequenta Picasso e Braque. Ritornato in Germania nel 1914, Freundlich comincia a soffrire di ipoacusia, e interpreta questo disturbo come una manifestazione psicosomatica dovuta all’odio per la madrepatria e al suo conseguente rifiuto di comunicare in tedesco con altri tedeschi; ma dopo la guerra decide di impegnarsi nel sociale e partecipa al sodalizio artistico di sinistra “Novembergruppe”.

   

Nel 1919 allestisce con Max Ernst e J. T. Baarlgeld la prima mostra Dada. Nel 1925, rifiutata una cattedra offertagli da Gropius al Bauhaus di Weimar, torna a Parigi dove prosegue la sua ricerca solitaria ma vicino ai cubisti; negli anni Trenta aderisce ai gruppi “Cercle et Carré”  e “Abstraction- Création”. Scoppiata la seconda guerra mondiale, Freundlich viene internato in Francia, in quanto tedesco; venne in seguito rilasciato grazie all’intervento del suo amico Pablo Picasso. Arrestato poi dai tedeschi, fu deportato nel campo di concentramento di Majdanek (Lublino), in Polonia, dove morì il giorno stesso del suo arrivo, il 9 marzo del 1943.              

Fulvio Sguerso  

          

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