Un gallo, sette galline, tre predatori

Un gallo, sette galline, tre predatori

Un gallo, sette galline, tre predatori

 Da circa tre anni sono il felice detentore di un pollaio. Ho trovato la struttura di tavole e il recinto già pronti per l’uso, vicino all’orto. Ho comprato cinque ovaiole ed un caro amico mi ha regalato un bellissimo gallo.

Nell’economia famigliare direi che il pollaio è indispensabile: tutti gli avanzi di cucina (escluso la carne, evidentemente, peraltro rara nella mia dieta e ancor più nella mia rumenta) finiscono nel pollaio, tutta la verdura scartata da una prima selezione, la frutta ammaccata, le croste di formaggio, le briciole, la roba scaduta, insomma: una buona porzione di umido anziché finire nell’indifferenziato va ai polli. Tutto quello che è indegno per i gusti dei pennuti va nella compostiera, che finirà presto nell’orto. Direi che se non fossi obbligato a portarmi a casa alcuni chilogrammi di imballi, produrrei veramente poca immondizia.


Le galline mi ripagano producendo uova. Si potrebbe anche tirare loro il collo, periodicamente, e sostituirle con altre più giovani e produttive, ma io sono un sentimentale, mi affeziono, e anche se non ho dato loro un nome le conosco una dall’altra. Il gallo, regale nella sua livrea nera, oro, rossa e arancio, è semplicemente un piacere alla vista. Altero e tronfio, suscita l’alba (come dice Gadda) sul paese di Carcare. Spero che i carcaresi tutti ne siano consapevoli.

Certo, tutti i giorni le galline vanno visitate. Bisogna rifornirle di cibo (non solo scarti, ma anche mais o zuppe tiepide, d’inverno), acqua, paglia per i nidi. Bisogna verificare che non ci siano buchi nella recinzione da dove qualche predatore possa passare. E poi talvolta non producono, o producono poco. Altre volte cessano totalmente la produzione, generando una certa inquietudine, una certa contrarietà. Uno pensa: c’è già il gallo che mantengo solo per bellezza, ora, se anche le galline si mettono a fare unicamente la sfilata, cessa lo scopo del pollaio. Dopo alcuni giorni di esitazione mi sono messo a cercare, e per pura combinazione ho rintracciato in un anfratto una quindicina di uova, quasi tutte marce. Impedito l’accesso, riciclato uova nell’orto, riattato nuovo nido nel pollaio, più protetto, che è parso subito gradito.


Tutto questo per dire che anche la conduzione di un semplice pollaio ha le sue piccole noie. Che poi piccole, volendo, non sono: circa un mese fa ho trovato due galline decapitate. Le altre vive e tranquille, beccuzzavano poco lontano. Ho redarguito il gallo: che ci stai a fare tu? Le avrai difese, almeno? Niente, salvo un cot-cot vagamente imbarazzato.

Da una rapida ricerca scopro trattarsi della faina. La voce popolare dice che questo mustelide succhia il sangue alle sue prede. Non è vero. Vero è, invece, che ne uccide più di una, per poi mangiarne poco di tutte. Insomma: è una sprecona maleducata.

Delle tre rimaste una era claudicante, non pareva ferita, ma faticava a camminare. Che fare? Passare alla pia esecuzione in direzione pentola? Attendere la guarigione, anche non completa? Nel dubbio, un falchetto o altro rapace, ha pensato bene di togliermi dall’esitazione. Lo so perché ne ho avvistati almeno due in zona, e non ho trovato tracce di nessun tipo. Avendo il rapace visto una gallina in difficoltà nello spostamento deve aver deciso rapidamente il menù del giorno. Mi piace pensare che il pennuto, abbrancato dal falco, non abbia pensato alla fine che stava facendo, ma si sia goduto il volo, riscoprendo qualcosa di atavico e sopito, ma conosciuto dai suoi antenati.

Sono così rimasto con due galline e un gallo. Ho quindi acquistato due nuove bestie. Avevo deciso di isolarle per evitare che le vecchie beccassero a sangue le giovani. Bisogna sapere che il pollaio ha un preciso “ordine di beccata” (si chiama proprio così), una scala gerarchica in cui la più vecchia comanda il plotone ed ha diritto di mangiare per prima (a meno che le altre non siano abbastanza scaltre e svelte da sottrarre il boccone).


Sono arrivato con la mia scatola nel pollaio e… Sorpresa: non c’erano più le due vecchie. Mi son guardato in giro, e in due punti distinti c’erano piume, del colore proprio delle mie galline. Bene: stavolta è stata la volpe, che ha ucciso le due e poi, una per volta, se l’è portate e sotterrate dove gli par più comodo, per poterle poi mangiare con ancora maggior agio a tempo debito.

Sconsolato, ho guardato il gallo con sdegno. Lui guardava da un’altra parte. Ti credo: dall’alto dei suoi chili di peso è tranquillo. Trovarla una volpe che se lo porti via…

Ho liberato le novelle e messo mano da subito alla recinzione e alla copertura precisa e curata del pollaio, riducendo anche lo spazio di passeggio dei pennuti.

Il gallo, a suo modo, ha fatto gli onori di casa, presentandosi alle signorine ponendosi di traverso, abbassando e alzando coda e testa. Sembrava proprio che volesse dir loro: “Ma guarda un po’ qua che bel tipo! Ma guarda che piumaggio! Che cresta! Che bargigli! Prego notare gli speroni e le piume del collo, prego signorine, vogliano pure approfittare…”.

Nella visita del giorno dopo il gallo aveva già preso piena confidenza e s’era dimenticato del suo vecchio harem. Conduceva ora le sue pennute nel cortile erboso davanti al pollaio, “cocottando” rassicurante, prendendo in punta di becco una fogliolina, un vermetto, un miccolo invisibile e commentando sommesso, come dire: “Prego, assaggiate questo: una vera specialità, li creo io con il mio chicchirichì…” e le galline, ormai affascinate dal quel signore imperioso e autorevole, pettoruto come un commendatore e decorato come un bersagliere, correvano a vedere cosa ci fosse mai di edibile, restando peraltro un po’ deluse dalla pochezza del ritrovamento.


Pensavo a quanto fosse importante avere un pollaio, ma non solo per gli evidenti motivi che ho messo all’inizio. Viviamo in un mondo scollato dalla realtà, in cui gli animali sono affettivamente trattati da persone, e nello stesso momento la stessa classe di animali viene trattato come in catena di montaggio: allevamento, trasporto, macellazione, squartamento, confezionamento, trasformazione e consumo. Tutto su una scala colossale, come si addice a una società di massa.

Avere un pollaio vuol dire scoprire, nostro malgrado, che la natura è fatta di prede e predatori, che se riuscissimo a impedire ai predatori di uccidere altri animali, allora questi morirebbero di fame. Che la natura non per questo è crudele, ma solo opportuna. Con un pollaio ho scoperto che anche le vacue galline hanno qualcosa da raccontare sulle loro usanze, sui loro istinti. Ho scoperto che c’è un mondo di bestie che ci sono sconosciute, che vagano nottetempo anche fra le ultime case dei nostri paesi. Ho scoperto che l’uomo lascia sempre un’impronta nella natura, che per vivere deve lottare: con i parassiti, con il maltempo, con le virosi, con i predatori. E tutto questo serve ancora per ragionare sul prezzo, sulle offerte speciali della verdura, della frutta, della carne. Avere un pollaio, un orto e un pozzo, serve soprattutto per capire il valore delle cose, a disdegnare le cose gratuite o a prezzo incredibilmente vantaggioso.

ALESSANDRO MARENCO

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