Tre note a margine delle giornate romane

Giovani improbabili ambientalisti, scotomizzazione delle vere emergenze, delirante sopravvalutazione di Draghi

Delle giornate romane non starò a ripetere la sostanziale inutilità, ampiamente scontata. Vi sono però aspetti sui quali i media tendono a sorvolare mentre a mio parere meritano un’attenta riflessione. Il primo riguarda l’addomesticata contromanifestazione dei collettivi studenteschi. Con Berlusconi sulla scena al G7 di Genova assistemmo a ben altra contestazione. Ma non è questo il punto: auto organizzati o eterodiretti che fossero, galletti ruspanti o polli di batteria, quei ragazzi così cari al Colle più alto e alle anime belle mi hanno suscitato una nausea profonda, un sentimento insopprimibile di disgusto per il conformismo, la stupidità, l’ipocrisia di cui hanno dato testimonianza. E insieme una seria preoccupazione per il futuro del mio Paese, attenuata sono dalla consapevolezza che la “meglio gioventù” è altrove, nelle biblioteche, nei campi sportivi, nella solitudine che impongono la riflessione e lo studio. Perché non mi lascio sedurre dagli slogan e da tanta, apparente, mobilitazione? È semplice: perché quei ragazzi, quanto e più degli adulti bersaglio della loro retorica ecologista, sono non dico indifferenti ma nemici giurati dell’ambiente, della sostenibilità, del decoro, della bellezza.  Proviamo a proporre loro di rinunciare alle moto, agli scooter – che sono la peggiore fonte di inquinamento urbano – all’auto di papà, alle notti brave  o alle vacanze in Grecia, in Scozia, negli Stati Uniti o, per i più sensibili verso la natura, in Kenia o nella foresta amazzonica, tutte mete notoriamente raggiungibili a piedi o in bicicletta. O proviamo a convincerli a non lasciare sui muretti, nelle spiagge, nei parchi pubblici traccia del loro bisogno di socializzare.

Il povero buonsenso è stretto e stritolato in una tenaglia: da una parte l’assolutizzazione di ipotesi scientifiche congruenti con ben identificabili interessi contingenti (dal rinnovo del parco macchine al business delle pale eoliche), dall’altra la candida paranoia  di un nuovo millenarismo infantile (com’era prevedibile Greta ha fatto scuola e ha spianato la strada a tanti/e furbacchioni/e). Poco male, se si potesse archiviare insieme alle altre sgradevoli peculiarità dei nostri tempi (ogni periodo storico ha avuto le sue)   questa smania di imputare alle attività umane  le bizzarrie del clima e ridurre all’emissione di CO2 l’incidenza di quelle attività; se non fosse che essa è uno specchietto per le allodole che fa perdere di vista i veri pericoli che corrono l’umanità e il pianeta. Il primo dei quali, incombente su grande come su piccola scala, è l’incontrollata esplosione demografica. Squilibri sociali ed economici, migrazioni, instabilità politica in vaste aree del pianeta, aumento della povertà relativa ed assoluta, la spirale della produzione di beni e il conseguente dispendio energetico, la cementificazione delle coste e delle colline (nel nostro Paese iniziò a farne le spese la Liguria, ora è tutta l’Italia ad esserne imbruttita e imbrattata), il  turismo di massa (devastante per i beni archeologici oltre che per le oasi naturalistiche), sono tutti effetti diretti o indiretti della sovrappopolazione. Che alimenta il circuito perverso di produzione e consumi, poiché aumentando la popolazione globale e favorendone l’osmosi aumenta la platea dei consumatori e si alimentano la crescita, la produzione industriale, il fumo delle ciminiere, la dissipazione di energia e infine le lacrime di coccodrillo dei “grandi della terra”.  Col dettaglio non trascurabile che la corsa alla riduzione delle emissioni, che potrà in sé essere sacrosanta, oltre ad essere destinata al fallimento porta con sé effetti secondari devastanti  (dall’impatto sul paesaggio, al costo dell’energia, all’alterazione dell’interscambio commerciale) ed è un comodo alibi per la lentezza, l’incoerenza e gli errori che si fanno per la difesa e la prevenzione di fronte alle catastrofi naturali. E, con tutto ciò, vogliamo affidare all’insipienza, alla temeraria supponenza, all’improntitudine di un manipolo di ragazzotti la difesa dell’ambiente naturale, della nostra storia, della bellezza di cui ci è stato affidato il testimone?

Bellezza che in buona parte coincide col nostro patrimonio archeologico, e chi lo ha veramente a cuore non lo mercifica facendone un’attrazione turistica. Non dico che debba essere sottratto alla fruizione delle masse per essere riservato a un’élite, ci mancherebbe. Ma per goderne non c’è bisogno di andare sul posto, toccare o magari portar via qualche frammento di affresco. La tecnologia offre una gamma infinita di possibilità per ricreare, diffondere, illustrare quel patrimonio. Lo si faccia nelle scuole, entrando nelle case, suscitando e insieme saziando il bisogno di sapere e di esplorare. E chi ha veramente a cuore l’ambiente naturale deve adoperarsi  per sottrarlo alla devastazione  delle costruzioni create per  fruirne privatamente e all’impatto distruttivo delle mandrie di bufali con ombrelloni, sdraio e creme solari. Una tutela che non si fa col filo spinato ma creando mete alternative nelle quali l’artificio riesce nel duplice scopo di abbellire un paesaggio insignificante e di preservare la bellezza dell’ambiente naturale.  Parchi, piscine, luoghi di aggregazione o di meditazione nei quali l’uomo, come accadeva nell’antichità, gareggia con la natura nel fornire occasioni di svago, di riposo e di fruizione del bello.

Le giornate romane hanno fatto registrare una distanza astrale fra il mondo reale e l’immagine che i media pretendono di fornircene. La realtà è quella di una finanza globale che sta gonfiando una gigantesca bolla pronta a scoppiare mandando in frantumi l’economia reale. Se ne vedono le prime avvisaglie nella incompatibilità dei sistemi economici occidentali, volatili e instabili, con quello cinese, solido e fortemente strutturato, nelle contraddizioni interne alla politica energetica, divaricata fra interessi petroliferi e  il richiamo del gigantesco affare green, e nel riaffiorare di tensioni sociali mai sopite; la realtà è quella di un surplus di potenziale militare prossimo al punto di rottura, quando i conflitti locali non basteranno più a contenerlo, la realtà è quella di un dislivello planetario culturale ed etico che non accenna ad attenuarsi fra lo stile di vita occidentale e  il mondo islamico, che rischia da un momento all’altro di farne esplodere le enclaves, la realtà infine è quella di un’incontenibile pressione demografica dall’Africa dall’Asia e dal centro America, sullo  sfondo dell’incombente minaccia sanitaria, di cui il covid è probabilmente solo un assaggio.   Di questa realtà nelle giornate romane non c’è traccia. Il problema, ci viene detto,  sono le emissioni  antropiche di Co2, presunte responsabili dei cambiamenti climatici, del riscaldamento globale, dell’imminente fine del pianeta. Fa veramente impressione sentire compassati capi di stato e di governo straparlare intorno al contenimento della temperatura globale di un grado e mezzo o due gradi e avallare l’idea infantile di un controllo umano sul destino del pianeta. Un fiato d’aura maligna, per dirla col poeta, un movimento del magma su cui galleggiano i continenti, un sussulto sulla superficie del sole  sono la spada di Damocle sospesa sulla precarietà della nostra esistenza collettiva, puntualmente rappresentata nel nostro destino individuale.  Che l’uomo ci metta del suo, soprattutto su piccola scala, è fuori discussione: basti pensare  alla follia delle armi nucleari o di quelle batteriologiche  (e non si dica che è complottismo) ma prendersela con quella quota trascurabile di incidenza delle attività umane su un fenomeno di portata cosmica come  il ricorrere di cicli di raffreddamento e di riscaldamento è solo un goffo espediente per frenare la concorrenza di economie nascenti e per distogliere  l’attenzione da problemi sui quali si potrebbe  – e si dovrebbe – intervenire concretamente, in  primis   restaurando quella omeostasi demografica  che guerre, epidemie  e carestie non garantiscono più e in secondo luogo agendo sul contenimento dei consumi.  Il nemico da battere è una malintesa idea di progresso e di crescita:  aumento della popolazione, aumento della produzione industriale, aumento della circolazione monetaria, aumento delle transazioni finanziarie. Niente può crescere all’infinito e un sistema che non ha al proprio interno meccanismi di aggiustamento è destinato a rompersi. La vita, negli organismi come in qualunque sistema,  è dinamismo, gioco di forze, movimento, che non è però un movimento rettilineo ma circolare. La sua circolarità non si risolve certo nella metafora nicciana del  ritorno dell’identico ma comporta un continuo cambiamento: il passato non ritorna, mai, così come non si può immobilizzare il presente. Quello che si può fare corrisponde esattamente a quello che deve fare ogni singolo individuo: affrontare il cambiamento  e rinnovarsi adattandovisi, finché il proprio ciclo non si conclude. Come si compierà il ciclo del nostro pianeta, della nostra stella, della nostra galassia. E Draghi che si propone di salvare il pianeta è una barzelletta che non fa ridere.

Mattarella e Draghi

A proposito di Draghi, c’è un terzo aspetto di queste giornate romane con il quale voglio concludere: il grottesco esercizio di cortigianeria nel quale si sono distinti i giornalisti televisivi e anche qualche editorialista del cosiddetto centrodestra. Alla Rai si sono superati accomunando Draghi e Mattarella (!) come leader mondiali nella lotta ai cambiamenti climatici. La verità è che si potrebbero tenere a Roma o in qualsiasi altra città italiana G20, G10, G7, conferenze sul clima, summit sulla pace nel mondo o sui diritti dei transgender,  con tutto il contorno di pranzi, gite turistiche, benedizioni papali ma l’Italia nello scacchiere internazionale dopo il 2011 non conta più nulla. E se Draghi qualche ruolo ce l’ha è solo come funzionario emerito della grande finanza, stop.

Pierfranco Lisorini

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13 thoughts on “Tre note a margine delle giornate romane”

  1. Certo è che Matteo Salvini premier al posto di Mario Draghi, magari con l’aiuto di Bolsonaro, sarebbe il leader più adatto a risolvere i nostri tanti problemi. Ah, dimenticavo: quello di Genova era un G8 non un G7. Dettagli, per carità; sennonché ex ungue leonem.

    1. ex ungue leonem, certo, ma malauguratamente è reversibile (e attaccarsi a un refuso è un ottimo test per il QI).
      P.F.L.

      1. Pur di non rispondere su Salvini al posto del sopravvalutato “funzionario emerito della grande finanza” al governo, che era la questione principale da me posta, si attacca a quella secondaria del refuso (?). E, visto che parliamo di refusi, è un refuso anche scrivere “poeta” con la pi minuscola riferendosi al Leopardi? Cioè al Poeta per antonomasia? Ma passi per il poeta con la pi minuscola riferito al Leopardi, devo considerare refusi anche la “resistenza” al nazifascismo che lei è solito scrivere con la ‘r ‘ minuscola così come la “costituzione” da cui, le piaccia o non le piaccia, è nata? O non denota forse la sua precisa volontà di banalizzare (eufemismo) la Costituzione e la Resistenza? Sempre a proposito di ex ungue leonem. Quanto al mio QI lei non ha certo nessun titolo per misurarlo. Noto invece che il suo narcisismo è tale da non permetterle di tollerare qualsiasi obiezione alle sua sue tesi, anarcoidi o fascistoidi ch’esse siano.
        F. S

  2. Bravo professor Lisorini. Eccellente articolo in mezzo a tanta retorica, molta ipocrisia e false notizie dei giornali asserviti al potere,

    1. Bravo non meglio identificato Mirko: commento originale di un originale interprete del pensiero ecologista, degno di un ammiratore dell’ originale ambiantalista Bolsonaro. Complimenti!

  3. Patetico il G20, vergognosa tutta la messa in scena, dal lancio della monetina nella fontana alle parole ottimistiche di Draghi. Peggio molto peggio di Berlusconi che almeno di pubblicità e di media se ne intendeva. Draghi e Mattarella? Leader mondiali de che?

  4. Salvini non è certo nelle mie simpatie ma se la maggioranza degli italiani alle elezioni votasse lega non vedo perché non potrebbe fare il premier. La volontà del popolo è sacra. Sono armai anni che l’esito delle elezioni viene stravolto. Ormai comanda la finanza. Un banchiere al comando riverito e adorato da tutta la stampa è un abominio, ma a qualcuno fa comodo attaccare la destra e Salvini che comunque governa con la sinistra. Ma il signor Sguerso sa chi è Draghi?

  5. E lei sa chi è Salvini? Provi a confrontare il curriculum di Salvini con quello di Draghi e poi mi saprà dire. Certo neanche io sono contento di essere governato da un banchiere e finanziere, sia pure prestigioso e riverito non solo dai media italiani ma anche da quelli mondiali. Certo Draghi non è un politico, ma non si è accorta del fallimento dei precedenti governi “politici”? Che cosa doveva fare, secondo lei, il Presidente Mattarella? Chi altri poteva incaricare? Mi faccia i nomi per favore. Ah, lei, come la Meloni, vorrebbe sciogliere le Camere e andare ad elezioni anticipare? Porti pazienza ancora un po’ e arriveranno anche le elezioni politiche. E finalmente potrà votare per Fratelli d’Italia o per la Lega,, o per chi altri vorrà, o anche per nessuno. Stia bene.

  6. Salvini, con tutti i suoi difetti, ha cercato di tutelare le pensioni, Draghi, andato in pensione a 59 anni, vuole rispristinare la Fornero e mandare gli italiani in pensione a 70 anni. Già questo basta e avanza per sapere chi è Draghi, per il resto può chiedere ai greci Leggete cosa diceva Cossiga di Draghi….https://www.youtube.com/watch?v=E6PbcgwzsYo

  7. Che Mario Draghi avesse e abbia oltre a molti estimatori anche molti detrattori (come la non meglio specificata signora Anna) è fuori discussione. Tuttavia i giudizi positivi o negativi dovrebbero basarsi sui dati di fatto e non sulle opinioni più o meno faziose o fegatose , come quella del “picconatore” Francesco Cossiga dalla signora Anna citato come autorità indiscussa. Tra gli estimatori segnalo il giornalista e scrittore Giancarlo Mazzucca , autore, tra l’altro, del saggio storico “Il compagno Mussolini” , (2013), ha scritto in un articolo del 22 /02/2021: “Supermario, divenuto presidente della Bce, per salvare i i cugini ellenici dalla bancarotta, mise in pratica la sua storica frase ‘whatever it takes’…gli interventi massicci della Bce sul mercato obbligazionario impedirono il forfait e servirono a ridare fiato ad Atene”. E difatti la Grecia è tuttora nell’euro. E poi Andrea Muratori, su “Inside the news over the world” online: “Mario Draghi non aveva intenzione di vedere la Grecia duori dall’euro durante la crisi dei debiti e la fase di avvio del ‘quantitative leasing’. Presa di posizione ribadita più volte di fronte ad Angela Merkel e, soprattutto, al suo ministro delle finanze Wolfgang Schauble, falco tra i falchi del rigore fin dai tempi del celebre ‘whatever it rake’ dell’estate 2012”. Quanto al “complotto” del Britannia, evocato anche da Cossiga, di che cosa si tratta esattamente? Ecco “Nel 1992, mentre le finanze iraliane versano versano in condizioni drammatiche…si decide – Carlo Azeglio Ciampi, Guido Carli e Giuliano Amato, allora presidente del consiglio, faventibus – di dare il via per far cassa e un piano di privatizzazioni delle società partecipate dello Stato. Prima dell’inizio della stagione delle privatizzazioni, precisamente il 2 giugno, Draghi si recò sul panfilo della regina d’Inghilterra Elisabetta II HMY Britannia per incontrare alti rappresentanti della comunità finanziaria internazionale. Di qui l’accusa: Draghi si accordò con la finanza internazionale per svendere l’Italia”. Questi i fatti., o i misfatti per tutti i nemici dell’euro che gridavano e gridano ancora oggi al tradimento e al complotto.

  8. Ah, dimenticavo: prof. Lisorini, l’eterno ritorno dell’uguale in Nietzsche non è una metafora ma una teoria filosofica. Anche questo un refuso? Mi perdoni ma il mio QI è quello che è.
    F. S.

  9. Se lei prende alla lettera l’eterno ritorno dell’identico e ne fa una teoria scientifica è un suo problema. Io preferisco considerarlo un paradosso o una metafora per non fare torto all’intelligenza di Nietzsche.
    PFL

  10. Prof. Lisorini, ancora una volta mi stupisco di lei: considerare l’eterno ritorno dell’uguale in Nietzsche un paradosso e una metafora significa non aver compreso il suo pensiero. E poi io non ne faccio una teoria scientifica, questo lo dice lei, Io ho parlato di teoria filosofica. non scientifica. Ma non tutto il male viene per nuocere: il suo errore mi ha dato lo spunto per un articolo sulla concezione del tempo circolare che avevano i Greci e che Nietzsche riprende in opposizione al tempo lineare dello storicismo e del cristianesimo. Perciò la ringrazio.
    F. S.

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