TRA L’ESSERE E IL NULLA

TRA L’ESSERE E IL NULLA
Pensieri tra l’essere e il nulla prima della pausa agostana.

TRA L’ESSERE E IL NULLA
Pensieri tra l’essere e il nulla prima della pausa agostana.

Può capitare a chiunque, in determinate circostanze della vita, di trovarsi di fronte alla domanda fondamentale sull’esistenza, cioè alla Grundfrage dei filosofi: “Perché in generale c’è l’essente e non piuttosto il niente?”. Questo non toglie che si possa vivere bene anche senza porsi il problema del fondamento della realtà, o addirittura di che cosa sia la realtà, e perché sia così come è e non altrimenti.

E tuttavia è un’esperienza comune, ad esempio, quella di crederci  svegli mentre  stiamo dormendo, e persino, in determinate circostanze, di stare sognando mentre siamo ben svegli. Questo succede perché il concetto di realtà è uno dei più ovvi finché non viene messo in discussione. Ma come è possibile dubitare che il mondo esista? Solo un pazzo o uno scettico per partito preso può negare che sia un’illusione il foglio sul quale scrive la proposizione “nulla è”. Ma consideriamo proprio questa proposizione, che cosa può mai significare?  Se non ci fosse nulla non potrebbe esserci nemmeno la parola nulla, e tantomeno qualcuno che pensi al nulla come a qualcosa che possa esserci o non esserci. Quando dico “nulla è” dico anche che il nulla è qualcosa, dal momento che affermo l’essere del nulla. E così, quando formulo la domanda fondamentale – se la pongo sul serio e non retoricamente – presuppongo che quello che c’è potrebbe anche non esserci; ma questa presupposizione non è senza gravi conseguenze per la stabilità del mondo (oltre che della nostra psiche), perché significa che tutto quello che esiste non esiste di necessità, tant’è vero che potrebbe non esserci affatto. Ora, se qualcosa può esserci come non esserci, significa che il suo esserci può da un momento all’altro non esserci più, e che il suo esserci oggi non implica il suo esserci anche domani, proprio come il suo non esserci ieri non implicava il suo esserci di oggi. A questa instabilità o inconsistenza dei fenomeni percepibili dai nostri sensi, a questo continuo passaggio dall’essere al non essere e dal non essere all’essere che caratterizza il nascere e il morire degli enti di questo mondo, Parmenide oppone la necessità che quello che è sia e non possa non essere: “Due sole vie di ricerca si possono concepire. L’una è che l’essere è e non può non essere; e questa è la via della persuasione perché è accompagnata dalla verità.

Parmenide

L’altra, che l’essere non è ed è necessario che non sia; e questa, ti dico, è un sentiero sul quale nessuno può persuadersi di nulla”.

 Inoltre solo dell’essere può esserci conoscenza vera, perché solo l’essere è il fondamento della realtà; il resto è apparenza e inganno dei sensi. Come potrebbe, infatti, esserci conoscenza di qualcosa che muta continuamente e che ora si presenta in un modo ora in un altro modo prima di sparire nel…nulla? Invece l’essere è da sempre e sarà sempre quello che è, uguale a se stesso, immutabile e unico.

 Ma come è possibile che da questo essere ingenerato ed eterno nascano quegli esseri effimeri che noi siamo, venuti al mondo solo per scomparire nel nulla? Infatti dall’essere parmenideo non può nascere niente: è perfetto in sé, completo e indivisibile come una sfera omogenea, immobile, uguale in tutti i suoi punti. Invece chi crede che l’essere possa non essere si autocondanna a non essere, si smarrisce lungo la via dell’apparenza, illudendosi che palintropòs esti kéleuthos (reversibile sia il cammino); la via di chi pensa che l’essere possa non essere non può che portare al nulla perché è fatta di nulla, è la Notte che si dissolverà nella luce del Giorno. Senonché questa Notte del non essere o del divenire, secondo Emanuele Severino, sta ancora aspettando la luce del Giorno dell’essere eterno, in quanto il pensiero dell’Occidente ha seguito la via contraddittoria della non necessità degli enti, credendo nella realtà del tempo, come se gli enti venissero  dal nulla e al nulla ritornassero, convertendo continuamente l’ens in nihil, e dimenticando che l’essere non può essere e non essere nello stesso tempo, per la contraddizion che nol consente. La via della salvezza dal nichilismo occidentale, che ha portato alla sostituzione della metafisica con la tecnica, consiste quindi nel ritorno all’essere necessario di Parmanide. La tesi di Severino, nondimeno, si regge sulla validità indiscutibile del principio di non contraddizione, validità  che non solo è stata messa in discussione ma del tutto invalidata dalla Logica di G. W. F. Hegel, secondo la quale il puro essere è tutt’uno con il puro nulla, e da questa  unione si genera il divenire…Il quale continuerà a divenire finché il tempo non sarà tutto consumato, e non rimarrà altro che il nulla eterno o l’eterno presente, e tutto sarà come se non fosse mai stato (così pensava il giovane Nietzsche).
Fulvio Sguerso
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