Tirreno Power

CENTRALE A CARBONE DI VADO:
AI POSTI DI MANOVRA!!!
Martedì 7 novembre, a Vado, s’incontrano i vertici della centrale Tirreno Power
 e i sindacati

CENTRALE A CARBONE DI VADO:
AI POSTI DI MANOVRA!!!
 

Martedì 7 novembre, a Vado, s’incontrano i vertici della centrale Tirreno Power e i sindacati. Ci saranno quelli locali ma anche quelli nazionali che pare abbiano addirittura sollecitato, con urgenza, che l’ulteriore potenziamento della centrale carbone, la più grande e inquinante della Liguria, si faccia.

“Luce verde!” si auspica, su qualcosa che tutto è, meno che verde!

Sembra che settembre e ottobre siano i mesi decisivi e il direttore generale dell’azienda, Gosio, scalpita. Lui che dichiara di avere la “vocazione ambientalista” e nei suoi slogan continua a ignorare i dati che vengono a gran voce, e drammaticamente, diffusi dalla comunità scientifica che si oppone al progetto, promette: + potenza – inquinamento!!!

Un’equazione assurda e inequivocabilmente impossibile.

L’appuntamento nella sala riunioni della centrale si dice sia per mettere in sintonia i sindacati locali e quelli nazionali, mentre poco importa della ferma contrarietà delle Amministrazioni Locali coinvolte direttamente dal progetto. Poco importa della netta posizione contraria di un vasto territorio che, da quarant’anni, subisce danni ambientali incalcolabili. Gosio sa che i sindacati, ridotti ormai a uffici di collocamento e collegati a filo diretto con centri di potere politico locale potrebbero, proprio per questo, essere i più sensibili al potere ricattatorio dei posti di lavoro.

Considerato, però, che i posti di lavoro direttamente correlati alla centrale non sono poi in numero così sostenuto da giustificarne l’ampliamento, allora si comincia a parlare d’indotto, così nessuno potrà contraddire qualcosa che non si può provare o quantificare.

Rossello, segretario della CGIL savonese dichiara, infatti, in una recente intervista che “gli accordi sull’occupazione diretta sono già stati fatti, quello che interessa ora è la ricaduta sulle imprese locali.”

Quindi: serrare i ranghi ! Senza contare che anche i sindacati genovesi sostengono l’operazione che, dicono, potrebbe consolidare Ansaldo Energia.

Una manna, questo carbone, i cui profitti da difendere sono tanti e quindi al tavolo meglio trattare con chi li può digerire.

Una storia già vista in provincia di Savona. Un esempio su tutti, anni fa, col caso Acna, quando il sindacato copriva gli orrori perpetrati per lunghi anni dalla proprietà, a danno dei lavoratori e di tutto il territorio. Tristi storie cui si assiste ogni giorno, in troppi luoghi d’Italia dove i posti di lavoro si barattano giornalmente con la salute e si continua a chiedere, ad intere popolazioni, di pagare un costo ormai troppo alto e insostenibile in tema di malattie e morte.

In linea con tutto ciò, il segretario Rossello definisce tutti quelli che si battono contro l’ampliamento della centrale ” fuori dal mondo reale e fuori dal tempo”.

Un linguaggio retrogrado e permeato da una profonda ignoranza cui ci siamo tristemente abituati. Il linguaggio di un sindacato ancora ottocentesco che vede nelle mancate tutele e nei danni ambientali a carico di più o meno note industrie italiane, un male indispensabile per poter conservare il posto di lavoro.

Per rendere ancora più digeribile il “male indispensabile” allora si pubblicizzano opere da barattare con la salute della gente come, l’elettrificazione del porto, si torna a parlare di Ferrania e dell’energia del Campus di Legino e infine, se non dovessimo più credere alla reale necessità di queste opere, c’è sempre il fatidico abbassamento delle bollette che sulle famiglie operaie fa sempre la sua buona impressione.

Per sostenere la bontà del carbone, ci viene “svelato” che la T. P. non riuscirebbe ad essere competitiva con gli altri produttori di energia proprio a causa del metano che in centrale si sta usando in uno dei gruppi e che alzerebbe i costi, mentre il carbone costa meno ed è più conveniente, per questo ne va aumentato il consumo.

Il profitto del carbone, che non sarà a lungo conveniente, nulla a che fare con le nostre bollette. Il prezzo del carbone non è quello del suo approvvigionamento, ma quello sociale che grava sulla collettività in termini di costi per danni ambientali e soprattutto quelli sanitari, barattato con il prezzo incalcolabile di vite umane.

Rossello ammette, però, candidamente che ci sono lacune nel progetto.

Beh sì, qualche lacuna c’è.

I gruppi 3 e 4 a carbone, risalenti agli anni 60, che continuano a funzionare in presunta violazione della direttiva 96/61/CE e del D.Lgs. 59/05 con la silente complicità degli stessi Enti locali NON SONO RISTRUTTURABILI CON LE NUOVE TECNOLOGIE PER CUI PER RISPETTARE LE ATTUALI NORMATIVE SI IMPORREBBE DA SUBITO LA CHIUSURA DEI VECCHI GRUPPI A CARBONE ALTAMENTE INQUINANTI PER LASCIARE COSI’ I GRUPPI A TURBOGAS ESISTENTI CHE GIA’ DA SOLI CON 760 MW PRODUCONO 2.700 GWh/anno IN ECCEDENZA RISPETTO AI 1.450 GWh/anno CONSUMATI IN PROVINCIA DI SAVONA (dati TERNA nazionali).

Il progetto che il depotenziamento e la metanizzazione della centrale è stata VOTATA da Comuni ed Enti locali in un contesto ambientale del Savonese e della Val Bormida in cui i limiti di Legge per le polveri sottili cancerogene e cardiotossiche Pm10 sono stati negli anni recenti superati e in cui i costi esterni dell’inquinamento prodotto dalla centrale supererebbero i 100 milioni di euro/anno. 

IL DEPOTENZIAMENTO DELLA CENTRALE, ESCLUDENDO IL CARBONE, e lasciando gli attuali gruppi a gas metano EVITEREBBE ANCHE LA POSSIBILITA’ INACCETTABILE DI BRUCIARE IL RIFIUTO CDR IN CENTRALE ( permessa a pag 170 del Piano Rifiuti approvato da Provincia e Regione), POSSIBILE TECNICAMENTE SOLO SUI GRUPPI A CARBONE, CHE AGGIUNGEREBBE AI FUMI DEL CARBONE  PERICOLOSE DIOSSINE E METALLI PESANTI .

Qualche lacuna c’è sulla quale è ormai tardi sperare in un coinvolgimento di T.P. sul tema dell’inquinamento.

I gruppi 3 e 4 vanno chiusi per legge e non c’è più nulla da aspettare o alcuno da coinvolgere.

Eppure c’è chi spera che l’incontro di martedì possa preludere ad una ricucitura col territorio, come se nulla fosse successo in tutti questi anni e come se le iniziative di denuncia continuamente e instancabilmente promosse, non ci fossero mai state.

Sordi. Intenzionalmente sordi e ignoranti.

Qui non si tratta di essere fuori dal tempo reale o pensare di poter fare a meno dell’industria, qui si tratta di uscire da una realtà troppo diffusa e ormai inaccettabile di un’industria che, giornalmente, sfida la legalità e mette a repentaglio la vita degli abitanti d’interi territori. Si tratta di rifiutate, una volta per tutte, un’industria che per risanare i danni da essa stessa provocati, chiede ulteriori permessi d’inquinare.

Così, con la stessa logica, mentre è di questi giorni la richiesta di nuove trivellazioni negli oceani per sanare i danni fatti dalle precedenti, a Vado si chiede di aumentare oltremodo il consumo di carbone, per investire sulle fonti energetiche alternative.

A Vado, dove l’energia prodotta viene quasi totalmente dirottata fuori dalla Liguria perché molto superiore a quella richiesta, invece di ridurre il consumo del carbone, seguendo una politica di efficienza e orientarsi realmente verso fonti alternative, si chiede paradossalmente più potenza sul carbone per averne più profitti.

A Vado, come nel resto d’Italia, industriali, sindacati e i grossi partiti continuano a ignorare le indicazioni della road map per fornire energia sufficiente a tutti senza incendiare il clima, indicata nel rapporto Energy (R)evolution: A sustainable World Energy Outlook, lanciato in tutto il mondo ed elaborato da Greenpeace insieme all’European Renewable Energy Council (ombrello europeo di associazioni di ricerca e industrie operanti nel settore delle rinnovabili) che ci indica una sfida titanica.

Una sfida che indica come la «rivoluzione nella politica energetica e l’evoluzione nell’uso dell’energia» sia necessaria per arrivare nel 2050 a dimezzare le emissioni di CO2 riuscendo al tempo stesso a fornire energia a prezzi abbordabili – mentre l’epoca dei fossili a buon mercato è finita – a tutti i paesi. La via maestra è: a) l’efficienza energetica (un vero giacimento a cui attingere per ridurre la domanda di energia primaria), b) le energie rinnovabili (che dovranno arrivare al 35 per cento del fabbisogno totale nel 2030 e al 50 per cento nel 2050).

Cinque i principi chiave: soluzioni pulite e il più possibile decentrate (che evitano sprechi nella conversione e nella distribuzione e più democratiche), rispetto dei limiti naturali dell’ambiente, fine delle fonti energetiche più pesanti, maggiore equità nell’uso, disaccoppiamento dello sviluppo dal consumo di combustibili fossili.
Contenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C, soglia oltre cui il processo rischia di diventare irreversibile, si può. Pioniere del cambiamento possibile il settore dell’elettricità, che nel 2050 potrebbe essere coperto al 70 per cento dalle rinnovabili. Nel settore termico, il contributo delle rinnovabili potrebbe crescere del 65 per cento, in particolare puntando sul solare, sul geotermico e sulle biomasse sostenibili. Sarà più dura con i trasporti: lì si tratterà soprattutto di allargare il più possibile l’efficienza. 

Ma bisogna agire subito, i prossimi dieci anni saranno cruciali.
Chi deve agire e come? Il rapporto sottolinea che l’obiettivo è tecnicamente fattibile senza nemmeno grande evoluzione nelle tecnologie, ma è cruciale la volontà politica dei singoli governi . Eliminare qualunque sussidio ai combustibili fossili e all’energia nucleare, e anzi internalizzare i loro costi (ambientali e sociali) esterni (questo renderebbe subito molto convenienti le fonti pulite). Porre obiettivi alti e vincolanti per la crescita delle rinnovabili.

L’ Italia, un paese sprecone e dipendente dall’import energetico, deve urgentemente «porre obiettivi vincolanti per le rinnovabili al 2020 e potenziare l’efficienza: con l’attuale modello energetico i grandi impianti centralizzati sprecano oltre i due terzi dell´energia prodotta». 

Il nostro paese, tra gli ultimi cinque d’Europa, è fermo al 5,2% di fonti rinnovabili e deve arrivare in una decade al 17%, il tempo ci sarebbe, manca la programmazione, la voglia. E dire che Roma è la capitale che concede i contributi più alti per la produzione di energia verde, 70 euro a megawatt contro, i 40 del Regno unito. Il risultato della politica è che siamo indietro nella pratica verde, con l’aggravante che quello per le rinnovabili è un impegno vincolante. E, pertanto, l’Italia dovrà comprare da altri la quantità di energia necessaria per raggiungere il suo target nazionale. In concreto si parla di circa quattro Mtep, milioni equivalenti di tonnellate di petrolio che l’Italia comprerà dalla Germania che registra un surplus di rinnovabili. Il prezzo di questi 4 Mtep lo fisserà a tempo debito il mercato, ma il conto alla fine sarà comunque di quelli pesanti. E sel’Italia non dovesse comprare «scatterà il ricorso alla Corte di giustizia». In sostanza o si paga o dopo arriverà una multa, che sarà ancora più cara. Il conto, comunque vada, sarà quindi salato e, oltretutto, senza sconti possibili. 

Ma, nonostante tutto questo, a Vado si continua imperterriti a sostenere che non si può dire di no all’ampliamento di una mega-centrale a carbone e girarsi dall’altra parte, e che bisogna invece dare “alternative”.

Così mentre le uniche alternative sono già fissate da documenti a livello mondiale e sottoscritti da gran parte dei paesi europei che li stanno perseguendo, i segretari sindacali savonesi, non meno di quelli italiani, attendono magiche ricette da chi ha già dimostrato di non avere alcuna esperienza di compatibilità ambientale nell’industria, e in barba ai tutti gli studi epidemiologici, i cui risultati sono facilmente consultabili, chiedono ”che sulla scrivania del Sindaco di Vado ci sia un aggeggio che gli consenta di avere un monitoraggio continuo dei parametri ambientali”. Magari gentilmente concessi dalla stessa Tirreno Power che, come è noto, controlla se stessa.

 

Le alternative a questo progetto non ci sono.

La centrale va depotenziata senza se e senza ma e le motivazioni sono ormai troppo evidenti per fare finta di niente e girarsi dall’altra parte.

Le motivazioni stanno nei reparti ospedalieri della Provincia e non solo quelli, stanno nelle famiglie più o meno colpite da malattie tumorali che qui sono 30 volte superiori alla media o da quelle cardiovascolari. Le motivazioni stanno in un ambiente già fortemente compromesso.

Le motivazioni stanno negli occhi di bambini che non potranno avere una vita normale, che se non li ha colpiti il cancro l’ha fatto qualche malattia respiratoria o cardiologica gentilmente concessa alla nascita.

E’ vero davanti a tutto questo non ci si può girare dall’altra parte, ma bisogna continuare a lottare, perché la salute va conquistata, così mentre il Segretario Sindacale s’interroga sull’opinione della Lega, io, che francamente me ne frego, aspetterò d’incatenarmi all’ultimo striscione.

        ANTONIA BRIUGLIA   5/09/2010

Le Informazioni sono tratte dal Secolo xix del 3 settembre 2010 e da internet.

Si ringrazia inoltre il Moda per i dati e le notizie gentilmente concesse e qui utilizzate.

 

Dedicato ad Alessandro , un amico ambientalista toscano, perché :

                    Il mondo, dobbiamo cambiarlo!!!!!!!!!!

 

 

 

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