Super partes

  SUPER PARTES

SUPER PARTES

 Il Presidente della Repubblica, così come un governatore regionale o un sindaco cittadino, subito dopo la sua elezione sente tradizionalmente il dovere di dichiarare coram populo di adoprarsi per la difesa degli interessi di tutti coloro che da quel momento rappresenta.

Se però guardiamo agli ultimi due presidenti, Napolitano e Mattarella, balza evidente la loro neppur celata partigianeria. Il loro cuore batte a sinistra; anche se chiamare ancora sinistra la compagine di PD e, recentemente, Italia Viva, significa aver perso la memoria di quale fosse il significato originale di questo aggettivo. 

Lasciamo Napolitano al giudizio della storia e soffermiamoci su Mattarella. Quest’uomo, apparentemente schivo e riservato, al contrario di suoi predecessori, come Pertini o Cossiga, parla soltanto ex cathedra, anche qui al contrario dell’attuale pontefice, rimanendo rigorosamente nei confini protocollari, ma in silenzio esercita tutta la forza di pressione che il suo ruolo gli consente, per deviare il corso degli eventi politicamente più determinanti nella direzione da lui voluta.

E qual’è questa direzione? Europeista, senza se e senza ma. Ignari di cosa si celasse dietro questo progetto, dapprima riservato agli “addetti ai lavori” all’epoca della firma di trattati cogenti come quello di Maastricht, e indoratoci dai mass media e da tutte le forze politiche quando tali trattati cominciarono a produrre i loro effetti, massime l’impatto dell’euro, fummo tutti sedotti dal lato ideale dell’europeismo, immaginato come simbolo di pace, fratellanza e solidarietà di tutti i popoli che formano il Vecchio Continente. 

 


Prodi, padre dell’euro, e Draghi, suo strenuo difensore

 

Quando però, ad anni di distanza, si scoprono le gravissime pecche concrete di questo bel sogno, soprattutto per l’Italia, che ha pagato, seconda solo alla Grecia, il prezzo più alto in termini di concorrenza, di disoccupazione, di perdita di potere d’acquisto, e quindi di miseria, dapprima strisciante e ormai sotto gli occhi di tutti, il supremo garante degli italiani dovrebbe porsi le domande che tutti gli italiani si pongono e, dissolte le iniziali certezze, lasciare spazio al dubbio.

Al contrario, a dispetto delle apparenze, Mattarella contrasta ogni personaggio che lasci trapelare l’intento di invertire la rotta, per privilegiare gli interessi degli italiani, anziché quelli di un’astratta e matrigna Europa, creata per favorire gli interessi delle nazioni più grandi ed egemoni, come Francia e Germania.

Quando si stava formando il governo giallo-verde, Mattarella si prodigò, usando i suoi poteri di Presidente degli italiani, per bloccare l’entrata al Ministero del Tesoro di una persona come Paolo Savona che, pur della massima competenza nel campo, ma altrettanto in ascolto della voce della propria coscienza, aveva osato in precedenza esprimere giudizi negativi sull’adesione alla moneta unica. Grazie all’inopportuno intervento del Quirinale, Savona venne sostituito da altro economista, attento alle direttive e ai moniti, fino alle minacce, provenienti da Bruxelles. 

Sempre nel segno dell’europeismo, Mattarella si guardò bene, anzi, dal contrastare la nascita del nuovo governo, formato da avversari irriducibili fino al giorno prima: governo raffazzonato alla bell’e meglio al solo –evidente- scopo di non sottoporsi al giudizio dell’elettorato italiano. Le prerogative per il ritorno al voto c’erano tutte, sottolineate non solo dai sondaggi, ma dalle ripetute batoste elettorali in varie regioni, ultima, ancor più clamorosa, in Umbria. Ma Mattarella ha proseguito imperterrito nelle sue convinzioni, benedicendo di fatto il mantenimento di un governo non più rappresentativo della volontà popolare.

 

Mattarella si aggiunge a Prodi nell’encomiare Draghi in quanto salvatore dell’euro, dimenticando il suo passato di servitore di interessi stranieri, a partire dal 1992 (patto del Britannia!), anche in Goldman Sachs

 

Un altro fronte caldo, anzi bollente, era –ed è- quello dell’immigrazione. Solo un cieco non vedrebbe quale sconvolgimento dell’ordine sociale, in parallelo alla diffusa mancanza di lavoro e alla sua precarizzazione, abbia causato -e stia causando- l’ingresso non solo incontrastato, ma addirittura agevolato, di masse di clandestini perlopiù senza arte né parte, e di cultura e tradizioni distanti anni luce dalle nostre. Anche su questo fronte la posizione di Mattarella è chiara: a fianco del PD e dei cespugli di sinistra, da LeU a +Europa. Sinistra che ha trascurato per decenni gli interessi dei lavoratori e degli stessi datori di lavoro, ormai sulla loro stessa barca, per cinguettare con la piovra banco-finanziaria, mentre questa succhiava la linfa vitale al popolo italiano per trasferirla, moltiplicata per cento, in virtuali cloud speculative, dove l’accesso è strettamente riservato agli apolidi in doppio petto.

Del resto Unione Europea oggi non significa affatto Europa, ma BCE, FMI e compagnia cantando. Tanto che, finito il suo lungo mandato, Draghi ha consegnato la fiaccola alla francese Legarde, numero uno del FMI. Quest’ultimo, creato nel 1944 a Bretton Woods, ha svolto come attività precipua quella di concessionaria di prestiti ai Paesi del Terzo e Quarto Mondo, pardon “in via di sviluppo”,  per convertirli in realtà in una moderna forma di colonie dell’Occidente, obbligandoli a trasformare le proprie economie, troppo “arretrate”, in luoghi di produzione di merci a basso costo, stravolgendo le produzioni tradizionali: insomma in economie basate sull’esportazione. Una tendenza portata allo spasimo dalla globalizzazione, dove tutti trascurano i propri mercati per pensare all’esportazione, quindi una corsa di tutti contro tutti. Beh, tutti tranne qualcuno, che esercita il proprio dominio sugli altri attraverso la moneta: gli Usa col dollaro, la Francia col franco coloniale, l’UE con l’euro, o meglio col marco camuffato da euro. Se nei Paesi che subiscono questo dominio, come l’Italia, la spinta all’esportazione rende instabili le proprie industrie e agricolture, dipendenti dai capricci dei mercati esteri, e oggi dal ritorno dei dazi, pazienza: ci saranno tanti disoccupati e industrie fallite in più. Del resto, mica si può arrestare il progresso! 

Oggi siamo arrivati al micidiale paradosso che il globalismo sta convivendo con un ritorno al nazionalismo di un gigante come gli USA. Quindi stiamo riuscendo nel capolavoro di attingere il peggio dei due sistemi. Un mix che sta verificandosi anche nell’immigrazione: la rotazione dei porti, siglata enfaticamente a Malta, sta rivelandosi una rotazione tra porti italiani. Sai che conquista! Mentre i vicini francesi, tanto europeisti a parole, bloccano i clandestini a Ventimiglia e ci riportano nottetempo per strade montane quanti sono riusciti a passare il confine. 

E Mattarella? Da lui solo pomposi discorsi, con tanto di battimani, sulla solidarietà verso gli sventurati. Non importa se le loro sventure in Italia a volte cessano (basta vedere quanti nullafacenti di colore girano ben vestiti e accessoriati, grazie ai contributi statali alle coop), ma più frequentemente continuano, attraverso l’accattonaggio forzato o, peggio, la delinquenza.

 


Salvini e Meloni: sovranisti puri. Ma carenti sul fronte ambientale

 

In questo contesto, ai livelli alti, magari autodefinitisi “moderati”, si continua a inveire contro sovranisti e populisti, stupendosi del loro successo. Ma, di grazia, perché mai dovremmo tifare per un governo retto da un uomo sbucato dal nulla, sulla falsariga di Monti, ma ancor peggio, in quanto si regge su forze politiche sconfessate dai loro elettori (almeno per quanto concerne il M5S; mentre gli elettori del PD resistono, in quanto rimasto fedele a se stesso del dopo 1989) e in contrasto ideologico tra loro. 

Ora, Mattarella e i “moderati” devono spiegare al popolo italiano perché contrastano il sovranismo, ossia un movimento che difende i confini nazionali dall’intrusione di merci provenienti da Paesi che praticano concorrenza sleale e di uomini senza permesso d’ingresso. 

Purtroppo, il sovranismo di Lega e Fratelli d’Italia, in irresistibile ascesa, non sono affatto esenti da colpevoli omissioni. 

 


Sfruttamento minerario in ogni angolo del pianeta, per soddisfare comodità considerate “imprescindibili” e frutto dell’indulgenza del genere umano verso se stesso

 

Omissioni: partiti in quarta contro l’euro, hanno poi spento i motori. Di più, e peggio: non hanno mai dichiarato la natura privata del denaro, ergo cappio al collo perenne trattandosi di moneta a debito verso un clan parassitario transnazionale. Non si può uscire dalla depressione usando una moneta simile: sarebbe accettabile solo se diventasse pubblica, vuoi dello Stato, vuoi di un’unione di Stati, come un’UE radicalmente diversa. In ogni caso, rigorosamente pubblica, non delle banche.

Inoltre, i partiti sovranisti evitano di parlare del convitato di pietra: l’ambiente. Eppure, bisogna fare i conti anche con questo terzo “incomodo”; che lega poco coi propositi produttivistici di Lega e FdI.

 


L’Unione Europea dichiara di voler stanziare fondi in difesa delle foreste, ma sigla nuovi accordi commerciali con Brasile e Argentina volti ad agevolare l’acquisto di carne bovina dal Sud America.

 

Questi sono i punti deboli dei due partiti. Tacere su questi temi equivale ad una forma di omertà sui generis, è un favore indiretto alle multinazionali, che stanno saccheggiando il pianeta per acuire uno stile di vita parossisticamente tecnologico e fondato sulle cosiddette “diseconomie esterne”, cioè lo scarico sull’ambiente dei propri scarti, dopo aver fatto man bassa delle materie prime, da quelle minerarie a quelle forestali, come gli incendi in Brasile stanno a testimoniare.

Ma su questi temi, pur basilari,  regna, ironicamente “sovrano”, anche il silenzio del Colle.

Post Scriptum. Leggo un coro di critiche, naturalmente inclusi i partiti sovranisti, alla nuova tassa sulla plastica. Qualcuno saprebbe dirmi quale altro mezzo ha un governo per disincentivare la produzione di una merce inquinante e ormai onnivadente?

   

Marco Giacinto Pellifroni    3 novembre 2019

 

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