Sull’umiltà e l’orgoglio di un Premier

SULL’ UMILTA’ E L’ORGOGLIO
DI UN PREMIER

SULL’ UMILTA’ E L’ORGOGLIO DI UN PREMIER

Il nuovo Presidente del Consiglio, professor Giuseppe Conte, proposto dai due leader politici che, insieme, formano la nuova maggioranza parlamentare e nominato tale dal Presidente della Repubblica, si è dunque presentato prima al Senato e, il giorno successivo, alla Camera per chiedere la fiducia al suo governo, ampiamente ottenuta dall’una e dall’altra camera.


il Presidente del Consiglio Conte al Senato

Il suo lungo discorso programmatico al Senato, insieme agli elogi della sua parte politica, è stato oggetto di alcune osservazioni critiche, oltre che da quelle, in verità modeste, da parte dell’opposizione, anche da parte di alcuni organi di stampa: “Ci sono state poche sorprese nel discorso programmatico al Senato. Solo un lungo elenco sul solco del contratto stilato da Lega e M5s. Sul fronte degli esteri il premier ha voluto ribadire la fedeltà atlantica ma anche l’amicizia nei confronti della Russia. Restano punti interrogativi sul suo ruolo e la sua autonomia rispetto ai due vicepremier” (Stefano Cappellini, su Rep. it). Conte si è presentato come un semplice cittadino consapevole dei suoi limiti che intende servire con umiltà il nostro “meraviglioso Paese”; tuttavia “Rivendica con orgoglio  il carattere ‘populista’ della sua strana maggioranza, ma lo declina a modo suo. Un populista soft, si potrebbe dire. Con un pizzico di malizia, un peronista dandy. Che con la stessa attitudine del Conte Zio di manzoniana memoria mira a ‘sopire, troncare, troncare, sopire’ gli spigoli più acuminati dei due ingombranti azionisti della sua maggioranza. Un ‘parlare ambiguo, un tacer significativo, un lasciare a mezzo’ che copre tutto: il razzismo di certa Lega, le polemiche sull’euro, il no grillino alle grandi infrastrutture che dovrebbero connettere l’Italia all’Europa, la fratellanza politica con Putin e la Le Pen. Su tutto questo il professor Conte è ‘restato a mezzo’.

 
Conte e Putin

C’è l’elogio del Parlamento certo, ma non la difesa della libertà del parlamentare nei confronti del governo e dei partiti, una libertà che si esprime anzitutto attraverso il presidio liberale del divieto di ogni vincolo di mandato…(Francesco Bei, su La Stampa). Il dubbio e il timore di chi non appartiene a questa strana maggioranza è che il professor Conte sia ostaggio dei suoi “dante causa” (cito dall’intervento del senatore Pietro Grasso), e che il suo stesso lungo discorso programmatico al Senato non sia tutta farina del suo sacco, ma sia stato concordato, redatto e rivisto insieme ai suoi due vicepremier nonché ministri. Perché dico questo? Perché da un docente universitario ci aspetteremmo citazioni precise e circostanziate non approssimative e inesatte come quella sul populismo di Dostoevskij estrapolata maldestramente dal suo discorso del 1880 in onore di Puskin. Ha detto, o meglio ha letto Conte a un certo punto che “Le forze politiche che integrano la maggioranza di Governo sono state accusate di essere populiste, antisistema. Bene, sono formule linguistiche che ciascuno è libero di declinare. Se populismo è l’attitudine della classe dirigente ad ascoltare i bisogni della gente –  e qui traggo ispirazione dalle riflessioni di Dostoevskij , nelle pagine di ‘Puskin’ – se antisistema significa mirare a introdurre un nuovo sistema che rimuova vecchi privilegi e incrostazioni di potere, ebbene, queste forze politiche meritano entrambe queste qualificazioni”.

Conte e Dostoevskij

Sarebbe interessante sapere in quale pagina di Dostoevskij su Puskin il professor Conte (o chi per lui) ha letto una simile interpretazione del termine “populista”, anzi dove ha trovato la parola “populista”, perché se andiamo a leggere il testo del discorso pronunciato da Dostoevskij davanti al monumento dedicato a Puskin, quella parola non c’è: “In verità, nelle letterature europee – ha detto Dostoevskij – ci sono stati geni artistici di enorme grandezza, come Shakespeare, Cervantes, Schiller. Ma trovate anche uno solo di questi geni che possieda tale facoltà di rispondenza e simpatia universale come il nostro  Puskin. E’ proprio questa dote, questa facoltà, che è la più importante della nostra nazionalità, egli la condivide precisamente con il nostro popolo e perciò egli è il vero poeta del popolo”. Qui la parola popolo è in relazione, se mai, a quella di poeta, non certo a quella di leader politico. Ma non basta: a dimostrare che il diavolo fa le pentole ma si dimentica i fare i coperchi, la giornalista statunitense Rachel Donadio, corrispondente dall’Europa per il New York Time, e redattrice della rivista The Atlantic, ha segnalato come probabile fonte della citazione del nostro premier, la conferenza stampa di Macron e Putin svoltasi a San Pietroburgo qualche giorno fa, in cui il presidente francese aveva fatto riferimento proprio al discorso di Dostoevskij su Puskin, e precisamente al luogo del discorso in cui Dostoevskij parla della relazione della Russia con l’Europa: “Sì, la missione del popolo russo è incontestabilmente paneuropea e universale. Diventare un vero russo, diventare completamente russo, forse significa soltanto diventare fratello di tutti gli uomini, uomo universale…”. Come si vede, neanche qui troviamo traccia di populismo.

 
I giornalisti Udo Gumpel e  Rachel Donadio

Si ha come l’impressione che il professor Conte vada a cercarsi i guai con il lanternino. Che cosa significa  il silenzio assordante sulla cultura, sulla scuola, sui diritti civili, sullo ius soli, sulla bioetica, sull’ambiente, sugli armamenti convenzionali e non convenzionali, sulle missioni militari italiane all’estero? Questioni che prima o poi andranno affrontate con tutto l’impegno e la dovuta attenzione (altrimenti che senso ha citare il Principio responsabilità di Hans Jonas? Ha il significato di un preciso orientamento etico o è solo una citazione colta senza conseguenze effettive nella pratica politica e amministrativa?). Infine, sono rimasto anch’io incredulo e basito di fronte alla “gaffe” in cui il professor Conte è incorso durante il suo discorso alla Camera riguardo alla morte del fratello del Presidente Sergio Mattarella. A questo proposito il giornalista tedesco Udo Gumpel si è chiesto se si è trattato  di inqualificabile “Sciatteria o dolo la gaffe del prof. Conte alla Camera quando dice sul fratello di Sergio Mattarella ucciso dalla mafia. ‘mi ha addolorato l’attacco ad un congiunto del Presidente sui social. Adesso non ricordo esattamente, una cosa che mi è dispiaciuta…’. Non sapere il nome del fratello del Presidente  della Repubblica, uno dei primi caduti politici per mano della mafia quando tanti altri, come Giulio Andreotti, intrattenevano ancora rapporti diretti con Cosa Nostra – confermati dalla Cassazione (pur caduti in prescrizione, sic!) è più di una caduta di stile. E’ la misura dello spessore culturale, umano e in ultimo anche politica non solo dell’uomo Conte, ma del Governo nel suo totale che non ha neanche avuto la statura morale di onorare un grande italiano precursore della lotta alla mafia, con qualche dichiarazione ‘riparatrice’. Io, come italiano, me ne vergognerei, di non onorare un grande italiano come Piersanti Mattarella. Ma questo ‘piccolo’ episodio ci dà la misura della nuova compagine e credo, purtroppo, che ne vedremo ancora di peggio…” (postato su Fb, tre giorni fa). Speriamo che Udo Gumpel si sbagli. Certo è che l’esordio di questo nuovo corso della politica italiana non comincia sotto buoni auspici. Non ci rimane che aspettare. Chi vivrà, vedrà.

      FULVIO SGUERSO 

 

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