Sulle macerie dei Cinquestelle

Sulle macerie dei Cinquestelle
La strategia dei compagni per impadronirsi del potere

Sulle macerie dei Cinquestelle
La strategia dei compagni per impadronirsi del potere

 L’anno bisextus era considerato dai Romani funesto. Se si guarda al 2020 c’è da credere che avessero ragione. Il covid ci ha rubato un pezzo di vita, ha dato una mazzata alla nostra economia, ha rovinato intere categorie di lavoratori, ha compromesso i rapporti sociali, ha incupito le persone, ha acuito la depressione degli anziani. Ma è stato l’anno della più grande beffa ai danni degli elettori italiani che avevano creduto nel profeta Grillo e si sono trovati un modesto uomo di spettacolo che ha sacrificato sull’altare delle proprie faccende private le loro speranze di cambiamento. Il movimento da lui creato si è dissolto ma il gli eletti sono rimasti e sono la maggiore forza politica in parlamento.


Di conseguenza, a meno che un capo dello Stato coraggioso vada oltre il formalismo costituzionale e sciolga il parlamento, su quella forza politica deve necessariamente fare perno qualunque compagine di governo. È vero che chi li ha votati detestava i compagni – “quelli di Bibbiano” -, è vero che chi li ha votati detestava l’Europa, è vero che chi li ha votati voleva cacciare la casta e restituire al popolo la sua sovranità ed è un fatto che gli eletti hanno fatto esattamente il contrario del mandato che avevano ricevuto. Ma questi sono gli inconvenienti della democrazia. E se tardivamente ci si è accorti che di quelle centinaia di uomini e donne famelici balzati nelle mangiatoie del palazzo e di Strasburgo non se ne salva nemmeno uno c’è poco da recriminare: bisognava prestare più attenzione alle liste. Loro, gli eletti, sono la maggioranza e non si scappa: o si arrendono per manifesta incapacità o devono mantenere nelle loro mani il timone del Paese. 


Invece sta accadendo qualcosa di surreale. Fallita, per ordine di Bruxelles, l’esperienza giallo-verde, il pd si è adattato a fare da ruota di scorta ai cinquestelle, che da soli non hanno i numeri per formare un governo. Sul corpaccione grillino si sono innestati gli antichi nemici con l’aggiunta di partitini come Leu e la costolina piddina di Italia viva e siccome i numeri sono implacabili s’intende che nella coalizione che ne deriva il pd, Renzi e le altre briciole sono soci di minoranza.  Così stanno le cose: se i compagni sono entrati nelle stanze del potere dalla porta di servizio si deve unicamente a quel 34% di voti presi dai grillini nelle elezioni del 2018. Ma cosa sta accadendo in questi mesi segnati dalla pandemia?


Col sostegno attivo di un’opposizione che a volte lascia sconcertati, i compagni hanno lanciato una campagna sfrenata contro i grillini attaccandoli per la loro impreparazione, le loro contraddizioni, il loro smarrimento. Tutta la grande stampa, Repubblica in testa, è impegnata nella sistematica demolizione del movimento pentastellato: si iniziò col disastro dell’amministrazione capitolina poi è toccato ai responsabili dei dicasteri, dall’Azzolina a Di Maio, si è messo alla berlina l’ex ministro Toninelli per la sua amnesia e non si perde occasione, in tutti  i media, per mettere a nudo l’inconsistenza culturale e politica del movimento nel suo complesso.  E, per converso si lascia a intendere che la parte solida e affidabile del governo è quella  in mano ai compagni, loro sì preparati, forti di una grande esperienza, usciti da una scuola collaudata, capaci di prendere decisioni, dotati insomma di una cultura di governo. 


La verità è ben diversa. Dei grillini si può dire, s’intende politicamente, tutto il male possibile. Ma che un esponente del pd (con o senza apostrofo) preso (o presa) a caso sia meglio di un qualunque onorevole grillino sfido chiunque a sostenerlo. Sono assolutamente intercambiabili, nella sprovvedutezza, nella mancanza di senso dello Stato, nell’attaccamento viscerale alla cadrega. Del resto il loro, il pd già Pci, è il partito del puro potere, dell’autoconservazione, ieri al servizio dell’Urss, oggi al servizio di Bruxelles e delle lobby di cui i democratici americani sono lo strumento politico. Franza o Spagna basta che se magna. E quanto ai ministri, non si venga a dire che Speranza ha fatto nel suo campo meglio di quanto l’Azzolina abbia fatto con la scuola o che il primo che passa per la strada messo al posto della De Micheli potrebbe fare peggio di lei.


E su Gualtieri mi astengo da esprimere giudizi perché sarebbe come sparare sulla croce rossa. Insomma quella di un governo che si regge per la maggiore competenza del socio di minoranza è una favola per allocchi, corroborata dal silenzio o dagli ammiccamenti dell’opposizione. Di Forza Italia si sapeva: a parte Brunetta che si è spinto troppo in là e c’è solo da augurarsi che gli si impedisca di rientrare, il sospetto che un po’ tutti, a cominciare da Berlusconi, continuino a guardare con simpatia verso una fantomatica sinistra liberale resta. La Meloni corteggiatissima pare sul punto di essere sedotta mentre Salvini rimane il nemico pubblico numero uno dell’Europa e delle sue quinte colonne nel Paese ma è bene che si guardi anche le spalle.


Tutti quanti però sembra che non si siano accorti del gioco che il Pd, ovviamente teleguidato, sta facendo ridicolizzando i grillini: conduce una finta battaglia fratricida con Renzi per spartirsi il potere reale scippandolo al partito di maggioranza. In questo modo, col 18% dei voti e una rappresentanza parlamentare nettamente minoritaria i compagni farebbero – ma in realtà hanno già fatto – l’en plein. Conte è già da tempo uno di loro, guardi Zingaretti e in controluce vedi la sua faccia, e le sue schermaglie con Renzi servono solo ad alzare un po’ di polverone. Insieme hanno già messo un’ipoteca sui soldi del Recovery Fund, si sono impadroniti dei servizi segreti, hanno pronti i nomi per la grande abbuffata delle aziende di Stato e con l’appoggio dell’amico americano si preparano a esautorare Di Maio e a dettar legge in politica estera. A impensierirli c’è solo l’ombra di Draghi e la possibilità di un colpo di reni di Calenda. Ma le bordate dell’opposizione sono tutte a salve.Sul ruolo del Quirinale parola non vi appulcro.

Compagni al potere col 18% (Renzi compreso). Bella democrazia. E se Salvini cerca di scongiurare che il delitto si consumi, c’è la Meloni che si mette di traverso; se continua così ce la troveremo sulla copertina di Time.

     Pier Franco Lisorini  docente di filosofia in pensione  

 

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