Spigolature di Renzo Balmelli da ADL

ROMA AL CENTRO dell’attenzione mediatica

CHI, COME? Segnata dall’ombra di dolore e di tristezza per le Marche travolte dall’alluvione, l’Italia si prepara a votare. Fra una manciata di giorni sapremo da chi e come sarà governata. E soprattutto per quanto tempo. Domanda nient’affatto viziosa se pensiamo al numero di traslochi da e per Palazzo Chigi. “Chi e come” sono comunque i temi focali attorno ai quali ruota una sfida che forse non è esagerato definire epocale. Dall’esito che uscirà dalle urne si capirà quale potrebbe essere il futuro ruolo della Penisola nel concerto internazionale e comunitario. E non è che i sondaggi facciano dormire sonni tranquilli. Anzi! Si capisce quindi perché Roma sarà il centro di un’attenzione mediatica riservata ai grandi eventi destinati a fare storia.

DISTANZA. Il confronto tra la sinistra e la destra ha evidenziato due idee dell’Italia agli antipodi. Progressista una, nazionalista l’altra. Aperta una, rivolta al passato l’altra. E dite se è poco. Sul finire di una campagna combattuta ogni giorno senza esclusione di colpi, Lady G, imitando il Forrest Gump di Tom Hanks, si è detta “un po’ stanchina”. Poveretta! Ma se davvero arrivasse a Palazzo Chigi avrà il suo bel daffare, dovendo muoversi nella scia di Mario Draghi, onorato a Nuova York col premio di “Statista dell’anno”. Certo, nessuno in politica è eterno e insostituibile. L’onorificenza a Draghi fornisce tuttavia l’ennesima riprova di quanto sia stata affrettata e sconsiderata la crisi di governo in una fase tanto difficile. Oltre che “stanchini”, sono addirittura esausti gli esclusi dai banchetti con cibi raffinati in cui il potere celebra i suoi riti, magistralmente fustigati da Fellini. Non ci sarà da stupirsi quindi se crescerà l’astensione, segnale ineludibile della distanza di una certa politica dai veri problemi.

DERIVA. Secondo un vecchio proverbio “la prima gallina che canta ha fatto l’uovo”. Quando sono apparse le prime indiscrezioni sui soldi russi ai partiti, nel pollaio le galline sono rimaste zitte. Chi sui social vicini alla destra faceva maliziose insinuazioni rischiava l’effetto boomerang date le ben note posizioni di taluni esponenti italiani nei confronti di Putin. Oltretutto le forze politiche di Roma non sono nell’elenco. Resta invece sul tappeto la questione spinosa delle sanzioni nel caso di una vittoria di coloro i quali le osteggiano, in sintonia con i modelli di società a loro volta attratti dal sovranismo. Si tratta di una tendenza fonte di non poche inquietudini in seno all’Ue. Quanto accaduto in Svezia con la sbandata di estrema destra non fa che rinfocolare i timori in merito a una deriva eurofobica dalle conseguenze imprevedibili.

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IMBROGLIO. Samarcanda è una splendida città dell’Asia centrale, culla di una storia lunga 2700 anni, posta lungo la mitica “Via della seta” tra Cina ed Europa. Da ragazzi abbiamo imparato a conoscerla grazie al romanzo di Jules Verne, Michele Strogoff. Crocevia di cultura, la metropoli universitaria dell’Uzbekistan ha ospitato gli scorsi giorni il summit dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai. Al vertice ha fatto la sua apparizione Vladimir Putin, preceduto dalla fama di novello zar. Ma non ha funzionato. L’incasso è stato piuttosto magro nel confronto con l’eroe romanzesco di cui sopra. Il peso del conflitto in Ucraina, che rimane un sanguinoso e incomprensibile imbroglio tutto da sciogliere, si è fatto sentire, in termini chiarissimi. Tanto da far dire al più alto livello diplomatico che questo non è il tempo della guerra. Un gesto emblematico della situazione problematica in cui è venuto a trovarsi il Cremlino.

PESSIMISMO. Corre, corre veloce, velocissima, la diplomazia nel groviglio di una situazione ogni giorno vieppiù inquietante. Da Westminster al Palazzo di Vetro è tutto un susseguirsi di appuntamenti per fare fronte a un momento di grave pericolo per la Terra. Nemmeno il tempo di rendere l’ultimo omaggio alla Regina Elisabetta e subito via verso un altro impegno di grande rilievo: la settantasettesima Assemblea generale dell’ONU, dopo la pausa dovuta alla pandemia. Il summit del secolo, come è stato definito il funerale della Regina, è stato teatro di conciliabili preparatori fra i grandi del pianeta assediato dalla crisi e segnato fa forti spaccature geopolitiche. Capi di stato e di governo accorrono ora al capezzale di questo nostro mondo malato che fatica a trovare i giusti rimedi. Alle Nazioni Unite guerra in Ucraina, catastrofi climatiche, insicurezza alimentare compongono il quadro clinico di una delle sessioni più difficili e drammatiche dell’Organizzazione. Non ci si aspettano grandi gesti, ma almeno un segnale di conforto in un contesto colmo di tensioni. Il pessimismo della ragione dice però che non c’è spazio per troppe illusioni.

INCANTATORE. Quando muore un grande scrittore, il modo più onesto per ricordarlo è leggerlo. Fin dal suo primo romanzo Domani nella battaglia pensa a me, che lo pose all’attenzione di pubblico e critica, Javier Marias è un autore che merita di essere letto e riletto. Colui che viene riconosciuto come uno dei maggiori interpreti della letteratura spagnola contemporanea, è venuto a mancare gli scorsi giorni nella sua Madrid a 70 anni, per complicazioni del covid. Tradotto in moltissime lingue, Marias in tutte le sue opere si è rivelato un profondo esploratore dell’animo umano. Senza fare sconti ha avuto il potere di stregarci con le sue parole, imponendosi non solo come un grande esponente della nuova narrativa iberica, ricca di firme autorevoli, ma anche per le doti che fanno di lui un affascinante incantatore di anime. Esistono romanzieri ai quali dobbiamo essere grati per la capacità di dare forma alle nostre esperienze, ai sentimenti, ai pensieri. Per il critico di Giulio Einaudi editore che lo ha reso celebre in Italia, “Javier Marias appartiene a questo genere di scrittori”.

Renzo Balmelli da L’avvenire dei lavoratori
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