Spigolature di Renzo Balmelli da ADL

S.P.Q.R. – Sono Preoccupanti Questi Romani

GIORGIA LA TORCIA – (© BY CARLI)

OSSERVATA. Fino alle elezioni e anche dopo, l’Italia dovrà farsene una ragione e accettare il ruolo sgradito di “osservata speciale”.  La posta in palio con le relative ricadute sugli equilibri interni e internazionali è difatti troppo alta per non finire sotto la lente d’ingrandimento delle cancellerie vicine e lontane. All’estero si da il massimo risalto all’evento che potrebbe ribaltare la geografia politica in una delle maggiori potenze economiche del continente. Da qualche tempo nella UE non si nascondono le preoccupazioni all’idea di trovare alla guida del governo di Roma, culla dei Trattati che sancirono la nascita della Comunità, la versione italiana di Marine Le Pen o di altri leader poco teneri con Bruxelles. Sondaggi a parte, non sempre affidabili, a creare inquietudine sono piuttosto i comizi di Lady G. Nel finale di partita la leader di FdI torna alla carica con l’intento di rafforzare il sovranismo e scavalcare l’Europa. E che non siano parole al vento, lo dimostra la folla che accompagna le sue uscite. Tuttavia, non serve fasciarsi la testa prima d’essersela rotta. A spoglio ultimato è la democratica legge dei numeri che conta. E in fatto di democrazia l’Italia non ha lezioni da ricevere da nessuno.

SVOLTA. A di là dell’esito finale delle recenti elezioni svedesi, esito ancora in bilico mentre scriviamo queste note, a Stoccolma il grande e imbarazzante dato politico è la clamorosa affermazione dell’estrema destra, più forte che mai. Nel mezzo della crisi energetica e di altre emergenze, si staglia all’orizzonte una svolta di stampo ultra conservatore dalle conseguenze non ancora decifrabili. Il classico e invidiato modello svedese che molto deve all’identità socialdemocratica e laburista rischia di trovarsi in minoranza e di finire all’opposizione. Ironia di un nome, i cosiddetti “Democratici”, come si definiscono i nazionalisti, potrebbero diventare infatti l’ago della bilancia della prossima maggioranza e accedere al governo presentandosi quali alfieri della Svezia “normale”. In tutto questo, fa riflettere il successo della retorica xenofoba e anti-immigrazione imbastita su slogan di facile suggestione e di non meno facile presa nei momenti di forte turbamento.

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PERLA. C’era una figura minuta, silente, nel corteo di alti dignitari che seguivano i funerali di Elisabetta II. Non cercate il suo nome nella cronaca dei gossip, tanto non ce lo troverete. Eppure sarà proprio lei, la principessa Anna, la meno nota e la meno chiacchierata della famiglia reale, ad avere un ruolo di primo piano dentro e fuori le mura di Buckingham Palace. Prima donna nella storia a indossare l’uniforme di ammiraglio, che per volere della madre la eleva ai ranghi più alti della gerarchia, sarà nel suo nuovo ruolo una presenza discreta, oppure fondamentale per il futuro della monarchia. La secondogenita della sovrana dovrà essere prodiga di consigli per gestire la transizione da una regina molto amata a un sovrano alle prime armi che ha passato la vita aspettando il trono. In un momento delicatissimo per la Corona e per la Gran Bretagna la principessa, rara perla di saggezza nelle tumultuose vicende della casa reale, proverà a costruire un clima di fiducia attorno a Carlo III. Ma sempre un passo indietro e lontana dalle luci della ribalta. Sua madre era un faro, e il nuovo re cercherà di seguirne le orme nel tenere unito un Regno che ora appare piuttosto disunito. Disunito e per giunta in serie difficoltà economiche anche a causa di certe scelte incomprensibili dei governi conservatori. Brexit dixit.

SOLITUDINE. Fallite le iniziative diplomatiche per indurlo a sotterrare l’ascia di guerra in Ucraina, ora non resta che inviare a Putin un compendio delle opere di Leopardi sulla solitudine. Leggendole il leader russo avrà forse modo di capire in quali condizioni potrebbe trovarsi se dovesse ostinarsi a ignorare gli appelli che lo esortano a fare marcia indietro. Col passare dei mesi lo Zar avrà avuto modo di misurare le ricadute di un conflitto che non sarà mai una Blitzkrieg come avevano fantasticato i suoi strateghi. Di questo passo, un giorno o l’altro finirà dunque con l’essere solo a un capo dello smisurato tavolo da cui amava prendere le distanze dagli interlocutori. Non riuscendo a sfondare al fronte, è sul piano psicologico e morale che Putin dovrà affrontare la situazione durante una fase in cui il Cremlino appare sempre più isolato. Ed è poco probabile che il “generale inverno”, fatale alle armate napoleoniche e agli occupanti nazifascisti, gli dia una mano per fiaccare l’Occidente che lui immagina intirizzito dal freddo. Più che una scommessa, sarebbe un azzardo.

AGITATORE. Senza di lui il cinema non avrebbe conosciuto la svolta epocale che ha ribaltato i canoni della settima arte. Jean-Luc Godard che di questa trasformazione è stato l’artefice e fonte di ispirazione per una intera generazione di autori, è morto martedì all’età di 91 anni nella sua residenza del Canton Vaud. Il celebre cineasta franco-svizzero (Francia e Confederazione se ne sono contese la paternità) sarà ricordato per essere il padre della Nouvelle Vague che rappresentò un segno di demarcazione fra epoche e culture diverse. Dopo avere mosso i primi passi come critico cinematografico nella mitica redazione dei “Cahiers du cinéma”, Godard si mise dietro la cinepresa nel 1959 con l’iconico À bout de souffle che lasciò critica e pubblico appunto… senza fiato: per l’uso delle immagini e del linguaggio, secondo modalità espressive del tutto inedite. Era un’opera di totale rottura con le convenzioni dell’epoca, cui ne seguirono molte altre, tra grandi polemiche e furiosi litigi contro il capitalismo e il perbenismo imperante. Oltre che regista – un regista totale con mille vite come ha scritto il quotidiano “Libération” – Godard è stato un “agitatore politico” che ha saputo cogliere il vento del cambiamento che spirava nella società. E seppe restituirlo Fino all’ultimo respiro, come suggerisce la traduzione italiana del suo capolavoro.

Renzo Balmelli da L’avvenire dei lavoratori
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