Sovranismo e populismo

SOVRANISMO E POPULISMO

SOVRANISMO E POPULISMO

 Ultimamente la vigorosa affermazione di questi indirizzi politici ha portato quasi a confonderli. Eppure, le loro visioni del mondo hanno pochi punti di contatto e sono scosse da profonde contraddizioni anche all’interno di ciascuno.

Quanto sopra ha avuto ripetute conferme nell’anno di governo giallo-verde, con l’emergere delle diverse anime, non solo di Lega vs M5S, ma anche dentro il M5S (e in minor misura dentro la Lega). Conosco molto bene questi conflitti, in quanto, a partire dai primi anni ’70, sono stati, e tuttora sono, anche i miei.

Il dilemma si condensava a quell’epoca nell’aut-aut tra “inquinamento o disoccupazione”; con il tandem sinistra “storica” e imprenditoria propense ad inquinare, come un male necessario, onde poter “dare lavoro” (e fare profitti), contrapposte ad un ecologismo allora etichettato come “conservatore” e quindi biecamente di destra, reazionario. Alla base dello scontro la constatazione che non inquinare costa troppo, valido allora come oggi, vedi un mio passato articolo [VEDI].

 

 

Lester Brown, uno dei miei maestri in campo ambientale, sin dal suo primo libro del 1978 . Riconosciuto come uno dei pensatori più influenti al mondo, fondatore del WorldWatch Institute e dell’Earth Policy Institute, con 50 libri tradotti in 40 lingue e 24 lauree honoris causa

 

Le cose, in fondo, non sono molto cambiate, nonostante tutte le differenze di contorno. Gradualmente, l’ecologismo è stato cooptato nella sinistra, la quale ha tuttavia visto emergere al suo interno una profonda dicotomia: da una parte l’abbandono del tradizionale ruolo di opposizione dura al “padronato”, per passare addirittura al suo fianco, mandando in disarmo la lotta di classe e sostituendola con quella per i diritti civili, che non intaccano i privilegi della casta e dei loro burattinai; dall’altra l’affermazione sempre più netta, con l’esplosione di problemi ambientali ogni giorno più minacciosi, dell’anima ecologista, più preoccupata dell’inquinamento che degli interessi dell’industria e dei suoi addetti. Quindi, nuovo, inevitabile cozzo tra lavoro a prescindere e ambiente pulito, sempre a prescindere. Alla fine, però, prevale il compromesso sinistra-sindacato-confindustria, secondo cui ogni opera viene giustificata più per il fatto di dare lavoro che per la sua intrinseca utilità. Con tanti saluti alla coscienza ecologista.

 


Paolo Savona, Ministro del Tesoro in pectore. La sua designazione, sfumata per simpatie sovraniste, fu il primo segnale della distanza del governo giallo-verde dai dettami di Bruxelles, avallati dal Quirinale

 

Tuttavia, a complicare le cose, s’è aggiunto, più o meno col nuovo millennio, la scoperta che il “nemico”, a livelli alti, non è più, o non più soltanto, il tradizionale “padrone del vapore”, bensì un remoto signore dei soldi, senza volto, monopolista e ormai padrone degli antichi padroni, che gli si sono inchinati come altrettanti vassalli, valvassori e valvassini, lasciando che a battersi contro il mostro acefalo della burocrazia, delle tasse opprimenti e di una concorrenza spietata ed apolide fossero soltanto i piccoli e medi imprenditori, giù giù fino alle proliferanti e forzate partite Iva, abbandonati dalla sinistra dei salotti buoni.

Di fronte a questo nuovo scenario, che vede rarefarsi il numero dei grandi parassiti –ieri latifondisti, oggi bancari- individualmente però sempre più ricchi, a spese di chi suda le proverbiali sette camicie per sopravvivere, al loro fianco s’è schierata la nuova destra (Lega e FdI), che enfatizza il lavoro, mettendo in subordine l’ambiente; mentre, da un’angolazione inesprimibile secondo le canoniche destra e sinistra, la compagine del M5S privilegia l’ambiente e una diffusa forma di assistenzialismo, in sostituzione dell’evanescente lavoro. Inutile dire che i maggiori consensi arrivano dal Nord industriale e dal Sud disoccupato, rispettivamente. 

Qual è il collante tra queste due impostazioni politiche, nazional-produttivista ed ecologista-assistenzialista? Il sovranismo.  O almeno, così si era pensato al momento di scegliere un’alleanza di governo, escludendone uno squalificato PD, visto come alleato dei mercati finanziari e quindi come politicamente incestuoso. Le varie anime del M5S avevano rimosso, pur di andare al governo, le loro interne spinte centrifughe, che tuttavia sono riemerse attraverso le posizioni di Roberto Fico. Costui, che si fregia della terza carica dello Stato, coniuga posizioni decisamente ambientaliste con altre anti-sovraniste e quindi contro-corrente al governo, di cui costituisce di fatto una scomoda opposizione interna. Forse non c’era altra scelta, ma il M5S non era pronto per governare, passando ex abrupto da movimentista ad esecutivo, privo di quadri collaudati da lunga militanza e responsabilità legislativa. Se poi scendiamo nella pubblica arena, vediamo un’infuocata schermaglia focalizzata soprattutto sull’immigrazione, con un declinante numero di “buonisti” sostenere ingenuamente il proclama umanitario [VEDI], senza futuro se solo si consideri il fiume di nuove nascite afro-asiatiche; proclama sostenuto, non più ingenuamente, ma per precisi interessi economici, dal PD e dal Vaticano, in controtendenza al diffuso sentimento popolare.

 


Sergio Costa, ex Generale di Brigata dei Carabinieri, distintosi per la lotta alla Terra dei Fuochi, ora Ministro dell’Ambiente: un posto da far tremare le vene e i polsi nell’attuale contesto politico e ambientale di convivenza forzata degli opposti

 

Questo turbinio di visioni rappresenta lo spaccato dell’odierna società, dove sembriamo tutti marciare, ciascuno col suo fardello di problemi, lungo un comune piano inclinato verso l’abisso.

Chi sembra preoccuparsene meno sono i “signori dei soldi”, tutti presi ad accumulare quanta più ricchezza possibile, pensando che la Terra abbia una pazienza illimitata e loro stessi una vita eterna: l’avidità umana, e in particolare di alcuni umani, rende davvero ciechi. Ma dimentichiamoci di costoro, la cui scelleratezza è pari alla loro incoscienza, e passiamo ad una disamina dei due “ismi” indicati nel titolo.

Sovranismo: controllo dei confini nazionali all’ingresso di uomini e merci. Privilegio dei prodotti di fabbricazione nazionale, mirando in tendenza ad una forma di neo-autarchia, a partire da quella alimentare. Emissione di valuta nazionale da parte di una Banca Centrale saldamente in mano allo Stato; e di conseguenza cessazione dell’emissione di valuta elettronica da parte delle banche commerciali, riservandola alla sola Banca Centrale pubblica.

Populismo: priorità al raggiungimento di una vita dignitosa dei settori più colpiti dalla globalizzazione rispetto al traguardo ossessivo della parità di bilancio statale, causa di inaudite sofferenze per gran parte della popolazione. Ridimensionamento della “sacralità costituzionale” del lavoro in un mondo in cui esso viene progressivamente a mancare, considerando il reddito di cittadinanza non già una forma di moderna elemosina, ma un “dividendo” dell’aumentata produttività di robotica e informatica. Maggior sobrietà dello stile di vita, riduzione dell’industria e maggior impulso ad agricoltura e artigianato, nel rispetto dell’ambiente.

Ciò detto voglio ora esporre il mio stesso conflitto nell’affrontare il problema banco-monetario, più volte riproposto su queste pagine, in contraddittorio con quello dell’aumento dei consumi che un sistema di moneta pubblica, senza interesse, incentiverebbe. 

 

 

Dal primi allarmi del 1972 alla recente indicazione per “decrescere felicemente”. Nell’indifferenza o gli sberleffi della Troyka nostrana: politica-sindacati-confindustria

 

Mezzo secolo fa, da neofita ecologista, tremavo al pensiero di una Cina sollevata dall’austerità maoista e portata al livello consumistico americano. Oggi quell’incubo si sta concretando, non tanto per l’aumentato tenore di vita dei cinesi, quanto per la decisione del loro governo di trasformare la Cina nella “fabbrica del mondo”: una scelta condivisa dal sistema produttivo occidentale, in quanto lo svincola dalla presenza di grandi impianti inquinanti, confinati in Cina -come se l’inquinamento rispettasse le frontiere politiche- e gli permette di lanciarsi nelle grandi speculazioni finanziarie, dove non sembra valere la regola di somma zero delle transazioni; tant’è che il loro valore è più che decuplicato rispetto al Pil fisico mondiale.

E qual è il dilemma dell’ultimo ventennio? Che se impediamo ai signori dei soldi di sottrarli dal circuito ogni volta che un prestatario restituisce un prestito ad interesse, circolerebbero molti più soldi nelle mani della gente e, di pari passo, crescerebbero i consumi. Il controsenso è che i nostri politici e industriali predicano ogni santo giorno proprio la crescita; ma in maniera contraddittoria avallano l’attuale sistema bancario, che è di fatto contro la crescita

In altre parole, più soldi = più consumi = più inquinamento. Quindi, torniamo agli anni ’70, ai “Limiti dello sviluppo” del Club di Roma , o alla sua odierna e pittoresca variante della “decrescita felice”, detronizzando il lavoro, destinato comunque alla rarefazione, in favore dell’ambiente. Questo in teoria.

Di fatto, questo esito non si pone perché le declamazioni sovraniste in campagna elettorale di uscire dall’euro, di puntare ad una moneta pubblica e ad una Italexit, sono svanite come la bruma mattutina al sorgere del sole. Neppure i “duri e puri” della fazione che si ispira a Fico osano più proporre tanto, ma coniugano un ecologismo del NO a qualsiasi progetto con un “buonismo” pro-immigrazione, e cioè il pietismo a valle anziché il capovolgimento dell’attuale sistema predatorio capitalistico nei Paesi ricchi di materie prime e di manodopera ad infimo costo.

Nessuno insomma osa minare le basi dell’attuale spreco di risorse, pur di mantenere il nostro modello di vita, fatto di pubblicità martellante e dell’imposizione di fatto di beni superflui in quantità sproporzionata alle nostre reali possibilità. Non è vero che gli italiani vivono al di sopra delle loro possibilità economiche, come Germania e Paesi “nordisti” hanno blaterato per anni, e ciò in quanto i ripetuti avanzi primari indicano che lo Stato preleva in tasse più di quanto riversa nella società, e il potere d’acquisto è calato vistosamente rispetto all’epoca della lira, poiché salari e stipendi sono diminuiti, mentre sono cresciuti solo i profitti delle grandi imprese. È invece drammaticamente vero che viviamo al di sopra delle nostre possibilità ambientali, col tasso di disturbo ecologico pro capite in costante aumento (al pari delle altre nazioni europee). 

 

 

 Salvini e Fico: due visioni del mondo agli antipodi, dall’immigrazione alle grandi opere. Con Di Maio e Conte nel mezzo. Ma il Basta €uro dov’è finito?

 

In questa ottica, qualificare Trump come populista, significa dimenticare la sua netta distinzione dal sovranismo, che caratterizza invece lui, al pari di Lega e FdI. La discrasia è ancora più evidente se paragoniamo Trump, l’uomo del muro col Messico, al populista Fico, uomo delle coste aperte a tutti. 

Come si vede, ci sono innumerevoli sfaccettature nelle definizioni oggi in voga; e ciascuno può costruirsi il sovranismo o populismo che più gli aggrada. In un contesto simile, ogni elettore alberga un mix di convinzioni personali che rendono difficile il compito di chi si occupa di decifrare le opzioni di voto a ridosso di un’elezione. Ciascun elettore è da sempre costretto a tapparsi almeno una parte del naso poiché il candidato ideale sarebbe solo lui stesso; e, nel percorso che ci separa dalle elezioni europee, gli sarà ancora più difficile configurare il partito meno distante dalle proprie idee: sei ecologista ma sei contro l’immigrazione selvaggia? Allora va bene il M5S, ma con l’ala di Fico dimezzata. Sei contro l’immigrazione, ma vorresti una maggiore attenzione all’ambiente? Potresti scegliere Lega o FdI; ma quando mai hai sentito uscire dalle bocche dei loro leader parole preoccupate per l’inquinamento, anziché per la crescente disoccupazione? Sei per le frontiere vigilate, ma contro la TAV? Uhm, è un bel rompicapo!

Forse ha ragione chi dice che si dovrebbe prevedere il voto plurimo: un tot % ad ogni candidato, in base alle sue proposte concrete. Credo che il candidato virtuale avrebbe i colori di Arlecchino…

   Marco Giacinto Pellifroni                 10 marzo 2019

 Visita il blog  https://www.marcogiacinto. com 

 


 

 

 

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