Sono un vecchio anomalo

 Anomalo in quanto nell’esprimere un giudizio mi astraggo dalla platea dei giudicati. Non mi comporto, insomma, come quel consesso di parrucconi della Corte Costituzionale che bocciò la proposta di penalizzare le pensioni d’oro in quanto loro stessi sarebbero rientrati nei bersagli.

8 aprile 2021. Conferenza stampa di Draghi a Palazzo Chigi: “Con che coscienza la gente salta la lista? Prima bisogna vaccinare i più fragili.” Io, pur anagraficamente tra i fragili, la penso in maniera opposta. Circa i mancati sostegni per le partite Iva mi sono già espresso nel mio articolo precedente [VEDI]

Premessa: ho 83 anni suonati e sono stato tra i primi ad essere chiamato per prenotare la vaccinazione. Ho risposto: “No grazie, vaccinate prima quelli che lavorano, grazie ai quali posso mangiare e vivere”. Sono insomma un pensionato che fa un passo indietro per favorire le più giovani forze produttive. La mia vita l’ho vissuta e ringrazio Dio di essere arrivato a questa età. Mi sembra assurdo voler salvare prima me, per farmi campare ancora qualche anno, mentre si nega questa opportunità a chi ha ancora tutta o buona parte della vita davanti. Inoltre, sono contrario agli eccessi di farmaci che contraddistingue la vita della maggioranza, che considero una pesante concausa della generale debilitazione della popolazione, oltre alla vita innaturale che l’iper-tecnologia sta portando tutti a fare. Mi spiego meglio.

Da un pensionato ottuagenario quale io sono, ci si aspetterebbero commenti favorevoli alle politiche del governo italiano (al pari di tanti altri) che danno la priorità di vaccinazione a partire dalle età più avanzate. Su questo fronte, per una volta, concordo con la Cina, [VEDI] che dà la priorità alla fascia di persone che lavora e produce, insomma a quanti col loro lavoro mantengono in vita tutti gli altri: pensionati, studenti, dipendenti della pubblica amministrazione, proprietari immobiliari, forze dell’ordine, ecc., insomma priorità a tutti quanti tengono in piedi la nazione.

 

Non si può, da una parte, salvare le persone più fragili, e dall’altra condannare al fallimento le imprese meno essenziali, facendo collassare mezza nazione. Così operando si segue la stessa logica dei tempi di guerra, col sacrificio al fronte delle forze più adatte al lavoro, mentre si salvano a casa quelle più deboli. Ne consegue una nazione in macerie, sotto i profili fisico, economico, psicologico

Chi avesse letto il mio precedente articolo [VEDI] noterebbe la differenza di atteggiamento tra le priorità per ricevere il vaccino da parte di singoli cittadini e il trattamento riservato alle piccole e medie imprese, soprattutto nei campi meno essenziali, quali lo spettacolo, lo svago, il turismo, la ristorazione, gli sport. Mentre queste sono in pratica abbandonate a se stesse, con sostegni quasi nulli e in scandaloso ritardo, si lasciano operare quelle che producono beni e servizi essenziali, dagli alimentari ai medicinali (con la curiosa inclusione delle tabaccherie). 

Si sta in pratica seguendo la stessa logica dei tempi di guerra, quando si salvano le filiere dei beni essenziali (in tal caso, includendo tra essi l’industria bellica), ma si mandano al fronte a rischiare la pelle gli uomini nel fiore dell’età, lasciando a casa donne, vecchi e bambini. 

In sostanza oggi, nella lotta contro il Covid, si adottano criteri divergenti quando si passa dalle persone fisiche alle aziende: pietismo verso le prime e spietato darwinismo verso le seconde.  

 

Se, in un particolare frangente, doveste salvare solo uno dei due, chi scegliereste: chi ha già goduto a lungo del miracolo della vita o chi è solo ai suoi inizi? 

Almeno nel mondo occidentale, abbiamo sconfitto la guerra, ma in questa anomala guerra continuiamo a seguirne la logica economica, anche sul versante finanziario. È noto che in guerra si sacrificano, oltre ai giovani nel pieno delle forze, anche le casse erariali, uscendone in ogni caso fortemente indebitati e quindi pesando, anche a guerra finita, sulla schiena delle giovani generazioni per un tempo indefinito, o dipendente dalla clemenza o meno dei vincitori.

Nella guerra contro un virus che mostra un’insospettata resistenza, anche attraverso le ripetute mutazioni, ci stiamo indebitando oltre ogni ragionevole limite. Ci dicono che sono in gran parte soldi a fondo perduto gentilmente erogati dall’UE. Peccato che la realtà sia diversa, come spiega, ancora una volta, Valerio Malvezzi nel video in precedenza mostrato [VEDI]: l’UE infatti non ha la facoltà di emettere moneta, in quanto a ciò è autorizzata soltanto la BCE. La quale, tuttavia, emette solo moneta a debito, che dovrà quindi essere rimborsata. (Sorvolo, in questa sede, sulla moneta “illegale” emessa dalle banche commerciali). 

 

Piazza centrale di Finale Ligure. I divieti di uscire all’aperto stanno confermando, in base a rilevazioni scientifiche [VEDI], quanto il buon senso già suggeriva, e cioè la loro assoluta idiozia. Migliaia di esercizi pubblici con spazio all’aperto sono stati criminalizzati e costretti a chiudere dall’incompetenza del ministro Speranza e dei suoi pseudo-esperti. Mezza Italia prona ai suoi ordini folli

Ciò che mi sono costantemente chiesto è se fosse davvero il caso di ricorrere a restrizioni così paralizzanti della nostra economia, per tamponare un virus che indirizza i suoi strali, 95 volte su cento, proprio sulle persone più anziane e/o con patologie pregresse, accorciandone di poco la vita. Per concedere qualche anno/mese di vita in più a queste persone -e probabilmente anni intristiti dagli acciacchi e dal continuo ricorso a farmaci e dottori- si è sacrificata la vita di milioni di persone con ben più ampie speranze di vita, segregandole in casa, o quanto meno impedendo loro di lavorare, con danni economici e psicologici tanto enormi quanto ingiustificati dagli effimeri vantaggi. Quanto peserà sul futuro della collettività questo annus horribilis di accanimento terapeutico di massa appena trascorso e di cui ancora non si vede la fine?

Certo, si devono alleviare le sofferenze, cioè il dolore che spesso accompagna qualsiasi grave malattia, ma l’insistere a tenere in vita corpi prossimi alla conclusione del loro ciclo vitale ha il sapore di una sfida alla morte che soddisfa soltanto i bollettini e le riviste mediche. Ma a che prezzo per tutti…

Concludo con la domanda cruciale: è più giusto salvare un vecchio o un giovane? Credo non sia difficile dare una risposta.

Ma la mia domanda non tiene conto, in quanto c’è ancora una grossa alea di dubbio, sulla reale efficacia e non pericolosità dei vaccini [VEDI e VEDI], combinati in fretta e furia per macinare profitti. Alla fine, potrebbe darsi che il mio gesto, fatto per altruismo, possa risolversi in un gesto egoistico.

 

 Marco Giacinto Pellifroni         11 aprile 2021 

 

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