Siamo Sindaci o caporali?

Il Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, entrato in vigore nell’agosto del 2000, riconosce al Sindaco il potere di emettere ordinanze contingibili e urgenti sia all’art. 50 che all’art. 54. 

Mentre l’art. 50 circoscrive l’ambito di applicazione di tali misure alle materie settoriali delle emergenze sanitarie e dell’igiene pubblica a carattere locale, l’art. 54, con una disposizione di più ampio respiro, dispone: “Il Sindaco, quale ufficiale di Governo, adotta, con atto motivato provvedimenti, anche contingibili ed urgenti nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento, al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana. I provvedimenti di cui al presente comma sono preventivamente comunicati al prefetto anche ai fini della predisposizione degli strumenti ritenuti necessari alla loro attuazione“.

Fonte: Ordinanze sindacali contingibili ed urgenti: queste sconosciute (www.StudioCataldi.it)

 

Da dove arriva allora la furia di quasi tutti i  Sindaci italiani?

Nella conferenza stampa di domenica sera Conte non ha fatto altro che ribadire un concetto che è, o dovrebbe essere, noto da ben vent’anni!

Perché la sollevazione di chi grida allo scarica barile?

E, soprattutto, perché credere che la cancellazione della parola “sindaco” dal DPCM sia una vittoria di quest’ultimi?

Ma noi cittadini, dove siamo? 

Riflettiamo? 

Pensiamo?

Da una parte ci uniamo al gregge di chi grida al colpo di stato e alla dittatura, dall’altro a quello di chi, pur di non assumersi una responsabilità, pur di non fare una scelta scomoda, vuole sempre che tutto cada dall’alto.

Chiudere zone della città, limitare la libertà individuale per tutelare la salute pubblica, mettere in difficoltà, e forse a rischio, attività commerciali, sono certamente scelte ardue, che ognuno di noi avrebbe difficoltà a compiere e, infatti, non tutti siamo pronti ad affrontare una campagna elettorale per metterci al servizio della propria città.

Chi ha un ruolo di leader in una situazione di difficoltà, chi si candida per il bene del proprio paese, chi chiede fiducia ai propri elettori, non può però sottrarsi davanti a problematiche oggettive.

Farlo significa nutrire la sfiducia nel sistema politico, significa alimentare i pregiudizi di chi pensa che far politica sia solo un mezzo per gestire interessi per lo più privati, che dalla poltrona non ci si voglia più alzare.

Virginia Raggi è solo una voce tra le tante della protesta: tra 6 mesi vorrebbe essere rieletta a sindaco di Roma. 

Queste lamentele non nasceranno dal timore che dover fare scelte impopolari possa incidere sul voto dell’elettorato?

Ho la speranza gli elettori valuteranno anche la scelta di non scegliere, quella di sottrarsi alle responsabilità, quella di non mettersi in gioco.

In una parola quella di non essere all’altezza del ruolo che si riveste.  

CRISTINA RICCI

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