SECONDE CASE E ALBERGHI

SECONDE CASE E ALBERGHI
I nostri amministratori e ciò che è più grave, anche i nostri imprenditori, (nonostante la crisi delle vendite immobiliari) non si sono ancora resi conto che non basterà lo slancio del passato per sostenere nuove iniziative in questo settore

 

SECONDE CASE E ALBERGHI

I nostri amministratori e ciò che è più grave, anche i nostri imprenditori, (nonostante la  ormai chiarissima crisi delle vendite immobiliari) non si sono ancora resi conto che non basterà lo slancio del passato per sostenere nuove iniziative in questo settore

 

Ho visto con interesse l’articolo di Guido Luccini pubblicato nella rubrica “Trucioli Savonesi “ e quindi su “”la “Stampa” del 20c.m. nella “La parola ai lettori”

In effetti oggi, con la crisi in corso, ci si può rendere conto del fatto che  lo sviluppo industriale prima e poi anche quello turistico della Liguria (ma non solo) è stato completamente sbagliato e che è ormai necessario cercare nuove vie.

Le seconde case, almeno nei  centri minori liguri, sono ormai una schiacciante maggioranza degli immobili civili.


Molte sono aperte due o tre mesi all’anno ma non tutte, in quanto una percentuale non indifferente non apre affatto e costituisce  ormai una perdita secca di ricchezza per la società nel suo insieme.

Esse sono nate da una distorsione della economia, come rifugio dalla incalzante inflazione monetaria, che ha indotto a preferire questo investimento a scapito di un turismo più dinamico appoggiato alle strutture alberghiere (con conseguenze disastrose su di esso).

Negli anni ’70-80-90 il livello di inflazione ha oscillato tra il 10 e il 20% con punte del 30% tra periodiche svalutazioni della nostra lira.

A questa situazione gli italiani, per evitare di vedere i loro sudati risparmi squagliarsi come neve al sole,  hanno reagito in diversi modi:

Alcuni (i così detti speculatori) hanno portato i propri gruzzoli all’estero per ottenerne un  rendimento reale, con il risultato di privare di  preziosi capitali lo sviluppo nazionale.


 

Moltissimi hanno acquistato buoni del tesoro statali che rendevano anche il 10% mentre la lira si svalutava del 20 o 30%, finanziando, in perdita,  il debito che i nostri governi continuavano ad ingigantire allegramente creando, (nel migliore  dei casi ) in cambio di voti, nuovi posti di lavoro per nullafacenti nei ministeri, regioni, province e comuni etc (come i mugoli di guardie forestali della Sicilia e della Calabria).

Altri compravano qualche sterlina o marengo d’oro che le organizzazioni internazionali si affrettavano svalutare.

Infine molti pensarono di impegnare i loro risparmi per acquistare un alloggio in località di mare o montagna  dove passare le ferie, rinunziando ad esplorare il loro paese e impegnando un enorme potenziale di lavoro e capitali  destinati, una volta che fosse cessato il processo inflazionistico, a rimanere, almeno parzialmente, inutilizzati.

La cosa ha in effetti funzionato in quanto, in genere, il valore monetario dell’immobile aumentava  superando, qualche volta, anche l’inflazione.

Ma lo Stato ingordo ha iniziato a tassare il settore immobiliare (prima incentivato con l’esenzione fiscale venticinquennale) in un primo tempo con l’imposta sul valore aggiunto INVIM, poi con l’ICI ed infine con l’IMU,  ponendo un grosso carico su questi investimenti cui si aggiungevano le tariffe speciali per acqua, luce e gas per i non residenti.

A causa della nuova pressione fiscale e della decisa flessione della inflazione, ridotta ormai a 2-3% (ossia un decimo rispetto agli anni 70-90) dovuta alla introduzione dell’Euro, la situazione è ormai cambiata e l’investimento in seconde case non regge più se non sotto forma di costoso lusso.

Con la nuova moneta europea i nostri governanti forse pensavano furbescamente di poter accollare il debito ai partners europei o di poter continuare con il gioco delle svalutazioni ma l’Europa impone ormai una moneta stabile con inflazione ridotta.

Pertanto oggi o si esce dall’Euro e si continua con la spesa facile, inflazione galoppante e conseguente disastrosa fuga di capitali, oppure  occorre rendersi conto che il gioco delle seconde case non sta più in piedi.

Ma pare che i nostri amministratori e ciò che è più grave, anche i nostri imprenditori, (nonostante la  ormai chiarissima crisi delle vendite immobiliari) non si siano ancora resi conto che non basterà lo slancio del passato per sostenere nuove iniziative in questo settore.

 Si continua così a sentire di nuove e sempre più pesanti iniziative  per la realizzazione di nuovi “residence” di cui riferisce la stampa,  in seguito alla “delocalizzazione” di complessi industriali (Gavarry di Albisola, Olmo di Celle L., cave Ghigliazza, Piaggio di Finale etc)  o a ristrutturazioni o sostituzione di immobili industriali o alberghieri.


Progetto Gavarry

Anche alberghieri perché il settore è ormai in crisi profonda, a causa della frammentazione del settore in piccoli e medi complessi, (dovuta, almeno in parte, anche alla concorrenza delle seconde case) incapace di inserirsi nel mercato del turismo moderno basato su grandi numeri.

 In conseguenza i nostri alberghi anche di una certa dimensione (vedi Hotel  Royal di Spotorno, uno dei maggiori della provincia di Savona, è ormai chiuso da due anni)  non riescono sopravvivere e sempre più  tendono a trasformarsi in seconde case finendo con l’ aggravare la situazione sopra descritta.

In effetti, a parte il problema della ridotta inflazione e del nuovo carico fiscale, che renderà ormai impossibile il proliferare delle seconde case, si pone oggi  quello di ristrutturare il sistema alberghiero nazionale adeguandolo  alla  scala attuale dei flussi turistici che si muovono con grandi numeri e grande flessibilità oltre che ad una revisione delle  dimensioni delle unità abitative e della relativa normativa legale.  (vedi art di cui sopra)

Abbiamo visto in questi ultimi 10.-15 anni lo sviluppo sorprendente delle crociere  reso possibile dalla costruzione di navi di dimensioni molto grandi e continuamente crescenti che hanno alimentato una nuova e fiorente industria turistica.

E’ quindi ormai ora di affrontare una profonda ristrutturazione del settore alberghiero passando da una visione artigianale ad una industriale, basata  su una adeguata scala delle strutture alberghiere capaci di attrarre non solo il turismo internazionale, la cui domanda è fortemente crescente ma anche di offrire al mercato interno un turismo  interessante e variato (in alternativa a quello statico delle seconde case).

Ma occorre riflettere che non basta poter  disporre di strutture alberghiere in grado di ospitare 1000-2000 persone nelle nostre migliori località.

Occorre, innanzi tutto, che esse possano giungere alle loro destinazioni in modo facile e rapido.

Il sistema autostradale e ferroviario nazionale si sta avviando ad una fase di sufficiente efficienza ma in particolare per la Liguria occidentale, abbiamo un grave handicap per quanto riguarda i collegamenti aerei in quanto il piccolo aeroporto di Villanova d’Albenga è ormai chiaramente insufficiente.

Sarà anche questa carenza che nel prossimo decennio si dovrà colmare per rendere possibile uno sviluppo equilibrato del settore  (Vedi Google “nuovo aeroporto di Albenga)

E’ inoltre necessario pensare a predisporre iniziative per condurre, dai grandi alberghi, sul territorio i turisti alla scoperta non solo dei panorami, delle preziose strutture urbanistiche e architettoniche e dei musei ma anche per conoscere i tesori dell’artigianato e delle gastronomie locali.

Sarà in tal modo possibile sollecitare un nuovo e potente sviluppo della  tradizionale sana e redditizia occupazione, caratteristica delle nostre popolazioni, che non sono adatte alla industria fumosa ma piuttosto alla fantasia dell’artigianato e della ristorazione

Solo in tale situazione i grandi Tours Operators internazionali saranno interessati a indirizzare in Italia un nuovo e consistente  flusso turistico che ci consenta di riappropriarci del perduto primato.

Giorgio Berriolo

 

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