Se il privato non basta ricominciamo dal pubblico

Se il privato non basta
ricominciamo dal pubblico

Se il privato non basta
ricominciamo dal pubblico
Se dovessimo fare l’elenco delle aziende perdute, una volta presenti sul nostro territorio, potremmo tranquillamente riempire una pagina.

Savona negli anni 70 era tra le città più ricche d’Italia, oggi si trova a metà classifica.

Alcune di queste industrie erano talmente inquinanti che chiuderle è stato un dovere, altre sono andate fuori mercato, qualcuna probabilmente l’abbiamo persa per demeriti politici.

 

 

Quanto è rimasto, anche se tecnologicamente interessante, come la Bombardier o la Piaggio Aerospace, spesso sembra traballare parecchio, quasi fosse sospeso ad un filo.

Quanto di nuovo ci viene proposto ha di solito un elevato impatto ambientale, quasi fossimo visti come una specie di pattumiera, da saturare di discariche e depuratori.

Ora, visto che la legge italiana consente a molteplici soggetti di fare impresa, oltre che alle multinazionali, a mio parere, anche se pare una eresia, direi di provare a cambiare rotta.

 


 

Propongo di raccogliere le capacità tecniche del territorio, che sono tuttora considerevoli, e di indirizzarle verso produzioni che abbiano un futuro nei mercati, senza per questo saturare l’ambiente di veleni.

Credo che le amministrazioni locali, assieme alle forze sociali disponibili, possano porsi a capofila di nuove proposte, da affidare alle imprese presenti per la loro realizzazione.

Ad esempio viviamo in un territorio ricco di siti ventosi, di cocuzzoli disabitati, freddi e spazzati dalla tramontana, tutti potenziali fornitori di energia eolica.

Qualche privato si è già mosso, piazzando qua o là dei generatori eolici, enormi mulini a vento che ormai caratterizzano i paesaggi europei.

Solo che non vengono prodotti in loco, non creano lavoro a casa nostra, anche se abbiamo i mezzi e la tecnologia per produrli. Si tratta di bestioni il cui costo si calcola in milioni di euro, che richiedono grandi impianti ed i cui costi di trasporto possono essere ingenti.

Bene, hanno un mercato che durerà per anni, abbiamo i luoghi dove porli, abbiamo gli stabilimenti, la tecnologia, la manovalanza per realizzarli, chi ce lo fa fare di farli venire dalla Germania?

Nessun imprenditore ha intenzione di imbarcarsi in questa avventura?

 


 

E allora che il potere politico locale si faccia carico della cosa. Si riuniscano in un consorzio le varie amministrazioni locali, anche se di differente colore politico, assieme alla Regione e alle forze sociali, un po’ come avviene nel Veneto dove Ascopiave vede 93 comuni azionisti, si cerchino i finanziamenti, anche ricorrendo al normale credito bancario, e si organizzi una commessa privata da dare in progettazione e costruzione alle aziende del territorio disponibili.

Si, lo so, vi è il rischio concreto che la cosa si traduca nel solito inutile, costosissimo carrozzone clientelare. So anche che amministrazioni di colore diverso amano sabotarsi a vicenda, invece che collaborare.

Ma se la cosa riesce e funziona in altre parti d’Italia, possibile che qui sia non si possa far nulla? C’è tutto quello che serve, le competenze tecnologiche, gli spazi ed i locali produttivi, una manodopera qualificata e disciplinata, il mercato dell’energia dove vendere il prodotto, i siti in cui posizionare le strutture.

Siamo circondati da banche desiderose di trovare investitori, per una non interessata se ne troverebbero venti disponibili.

Manca solo lo spirito di iniziativa, la capacità di ragionare fuori dagli schemi, un briciolo di desiderio di novità.

Tra l’altro, superata l’inerzia e le resistenze iniziali, di cose da produrre, di strade da percorrere, per una simile organizzazione, ce ne sarebbero molte. Numerose parti della futura modernità si potrebbero creare qui, perché qui vi è la capacità e le conoscenze per produrli, dai veicoli elettrici agli impianti di cogenerazione.

 

LUCA MURGIA

 

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.