Se il burattinaio irrompe sulla scena

La brutale irrazionalità e i pericoli di una politica asservita al capitale

La giornalista Carmen Lasorella

Nel fiume di palesi falsità, verità distorte e mezze verità, fotomontaggi, vecchi filmati, rovesciamento di prospettive, corrispondenze taroccate, interviste aggiustate e selezionate accompagnato dal coro stonato di opinionisti direttori di giornali conduttori televisivi (surreale la rediviva Lasorella che al programma di Veronica Gentili se n’è uscita domenica scorsa con un’affermazione esilarante: “Biden in questa guerra c’è stato trascinato per i capelli”) una sola cosa giusta è venuta fuori: la questione ucraina rimarrà uno spartiacque nella storia del rapporto fra capitale e politica. Se finora, seguendo Marx o altre direttrici teoriche, si poteva disquisire  di struttura e sovrastrutture, di ingerenze del capitale finanziario sulla politica monetaria, della correlazione fra equilibri internazionali e fluttuazioni del mercato e si poteva ipotizzare la presenza di un sistema finanziario globale capace di condizionare l’economia reale e la politica degli Stati, tutto rimaneva in un ambito speculativo, teso fra le paranoie del complottismo e l’astrattezza di una lezione accademica. La sinistra di tutte le latitudini e con particolare furbizia i compagni di casa nostra ne avevano tratto le parole d’ordine, gli slogan, tutto il pattume ideologico che gli serviva per irretire le classi subalterne facendo leva su bisogni reali e invidia sociale al solo scopo di procurare un ascensore sociale a nuovi gruppi di privilegiati che hanno fatto strame delle istituzioni e sono diventati i più strenui difensori della conservazione.

Ora i fatti hanno drammaticamente inverato ciò che sempre più lucidamente appariva alla mente di molti: quel Moloch la cui presenza poteva spiegare tante storture della politica mondiale,  della nostra politica, della nostra democrazia, del nostro sistema di informazione si è materializzato in carne e ossa: quel Moloch – il denaro, la finanza globale, l’imperialismo finanziario americano – è il vero soggetto della nostra storia, il soggetto nel senso metafisico di sostanza, come la volontà di Schopenhauer di fronte alla quale tutto è semplice epifenomeno e illusione. Illusione la nostra libertà, i nostri costrutti ideali, il nostro investimento di senso, la nostra stessa capacità di giudicare. Siamo rimasti intrappolati dentro la nostra privata morale, dentro l’etica delle istituzioni, dentro la logica e la razionalità del nostro pensiero dimenticando che il denaro, soprattutto smaterializzato, non ha regole né cuore né cervello, è un mostro insensato che non obbedisce ad alcun criterio che non coincida con se stesso, una macchina infernale che non conosce ostacoli ed è incapace di prevedere l’effetto del proprio procedere. E i meccanismi apparentemente pensanti dell’amministrazione  americana, i governanti delle democrazie liberali e scendendo giù per li rami le organizzazioni internazionali, l’Unione europea, i partiti, il sistema mediatico  sono soltanto strumenti di quella macchina infernale, cieca e ottusa.  la stessa che portò al macello della Grande Guerra, che nel 1939  spinse il mondo nel baratro, che ha continuato a stressare il pianeta nei decenni che ne sono seguiti e che ora, senza più il velo dei nazionalismi, delle ataviche rivalità, delle ambizioni personali e delle contrapposizioni “ideologiche”, si mostra per quello che è in tutta la sua tragica stupidità.

Volodymyr Zelensky

Per un po’ di gas, per interromperne il flusso da est e creare nuove fonti di approvvigionamento – e di profitti – e per dare credibilità a un capo di Stato al servizio dei colossi industriali e finanziari americani si è usato un fantoccio pescato dai teatri di posa approfittando delle crepe dei sistemi democratici (qualcosa di surreale: in Ucraina la gente, ottenebrata da un battage pubblicitario finanziato dagli Stati Uniti, ha perso il senso della realtà e ha scambiato il personaggio di una serie televisiva per un autentico leader). Per un po’ di gas si è creata un’oscena montatura di cui hanno fatto le spese per primi gli ucraini, vittime non del tutto innocenti, ma che presto peserà come un macigno sulla nostra quotidianità.

PUBBLICITA’

Ora che il Moloch del denaro e della finanza ha squarciato il velo di Maya o ci si rintana nella sicurezza illusoria  del nostro privato,  e si è destinati a rimanere vittime dello sciame di zombi e del verminaio che da quel Moloch fuoriesce, o ci si impegna, ciascuno nel proprio ruolo, a rinsaldare le ragioni e il senso della politeia. Un lavoro che coinvolge tutta la società civile, che ora appare disorientata, sfiduciata, tradita e ingannata com’è da tutti gli organismi che avrebbero dovuto rappresentarla e tutelarla; e se la resistenza si nasconde fra le pieghe dell’antifascismo dell’Anpi, ben venga (per quel che durerà); se esce dal comunismo di maniera di Fratoianni, ben venga e ben venga dal simbolismo e dalle letture anacronistiche di Rizzo: da uomo libero, prima, molto prima che di destra, mi auguro solo che le voci di libertà e di verità da qualunque parte provengano si facciano sempre più forti e facciano arrossire le centinaia e migliaia di coribanti che si sforzano quotidianamente di stordire la pubblica opinione e di coprire in un orgiasmo emotivo di immagini suoni e parole  il tanfo che sprigiona da quel Moloch e da quelli che credono di esserne i manovratori quando ne sono semplicemente congegni. Rinsaldare le ragioni della politeia,  restituire dignità, centralità e potere alla società civile (quella autentica, non i suoi sottoprodotti) non ha niente a che fare con la contrapposizione astratta al capitale, col pauperismo, con la decrescita felice o disperata, col mito russoiano di una ritorno alla natura; è, tutto al contrario, l’obbiettivo difficile ma realistico di una cittadinanza consapevole che si esprima in  istituzioni forti e in una politica che garantisca libertà di impresa e di arricchimento senza esserne travolta, di una politica in grado di mantenere radicati al suo interno moneta produzione e profitti senza chiuderli in un improbabile recinto autarchico, capace infine di garantire ad ognuno lo status di cittadino del mondo senza che debba smarrire la propria identità culturale e nazionale. E, a proposito di identità nazionale e culturale, voglio concludere con un richiamo alla signora Ursula von der Leyen (mi raccomando, compagni, non dimenticate il “von” che fa tanto fino), che di identità europea mi sembra digiuna: smania per avere l’Ucraina in Europa e spingere la Russia in una dimensione altra e ostile; ma lo sa che i Puskin, i Lermontov, i Tolstoi, i Dostoevskij, i Turgenev, i Ciaikovski o i Rimski Korsakov sono cosa nostra, sono parte di noi, della nostra essenza, del nostro spirito? Lo sa che il popolo russo, la storia russa, tutta la civiltà russa ci appartengono, sono una patrimonio inalienabile della nostra identità e della nostra diversità? E, se non lo sa, facciamoglielo capire, a lei come ai nostri piccoli Draghi, Di Maio, Letta o Meloni.

In questi giorni sento e leggo cose orribili. Gente che per decenni si è riempita la bocca di retorica irenica, che ha manifestato contro le spese militari – ignorando che strutture e tecnologia militari non servono per fare la guerra ma sono insieme uno sprone per l’economia e la ricerca e un formidabile biglietto da visita politico economico e diplomatico – ora vogliono armi per farla davvero la guerra  e l’inqualificabile Draghi, che in tutta questa vicenda ha avuto il peso di una zanzara, dopo aver preannunciato misure durissime contro la Russia, badando però che non intacchino gli interessi finanziari dell’Ue, ora vuol essere il primo a far arrivare armi – e magari uomini -in Ucraina e mette le nostre forze armate in stato di allerta. Le cancellerie europee e tutta la stampa europea sono compatte, come constatano trionfalmente i nostri Dioscuri di palazzo Chigi e Quirinale: “Finalmente l’Europa è un’autentica realtà politica che si appresta a diventare militare”. “Per difendere i nostri valori non ci fermeremo davanti a nulla!”, tuonano, mentre i sondaggisti sono al lavoro per dimostrare che l’80% (o forse il 90?) degli italiani vuole la guerra, vuole far fuori Putin, già indicato come criminale di guerra, un altro Milosevic da impiccare se si riuscirà a prenderlo vivo, vuole salvare l’Ucraina e garantirle il diritto di piazzare le testate nucleari americane in faccia ai russi. Dal disarmo, dal proliferare di comuni dem denuclearizzati e imbandierati col vessillo arcobaleno alla pistola puntata alla tempia del vicino ne hanno fatta di strada i compagni in così poco tempo!  E con che facilità hanno sostituito bandiera rossa e falce e martello con la bandiera a stelle e strisce, pronti a marciare insieme a quell’armata brancaleone  dei Fratelli d’Italia guidata per l’occasione dal generale La Russa…

Mario Draghi

Politicamente e strategicamente inspiegabile, e inspiegabile anche dal punto di vista razionale, aver mantenuto in piedi un’organizzazione militare, la Nato, finalizzata a fermare l’avanzata del comunismo dopo che il comunismo non c’è più. Il regime russo si è liberato del comunismo più e meglio di quanto l’Italia o la Germania non si siano liberati dal fascismo e dal nazismo. Che cos’è e a che serve la Nato ora? forse è in fondo quello che è sempre stata dietro la maschera della difesa del mondo libero: lo strumento militare dell’imperialismo americano, che, a sua volta, è un docile strumento di quel Moloch – gli interessi economici, industriali e soprattutto finanziari americani – che invece d essere governato dalla politica ha ridotto la politica a un suo zimbello. L’America con Biden sta dando il peggio di sé proprio perché incapace di orientare  se stessa con una bussola politica. L’umanità è già stata ferita dall’orribile crimine di Truman: anche allora la volontà cieca del potere e dell’interesse economico fece aggio sulla politica; ora ci tocca rimpiangere Kennedy, che seppe essere un interlocutore lucido e fermo davanti al russo che pretendeva allora,  servendosi di Castro, di fare agli americani quello ora gli americani intendono fare ai russi servendosi di Zelensky.  Putin è ora nella parte di Kennedy e Zelensky in quella di Castro: altri tempi e altri protagonisti ma sarebbe ragionevole pretendere la stessa soluzione. Cuba rinunciò all’alleanza militare con l’Unione sovietica ma ottenne in cambio il pieno riconoscimento della sua esistenza e i compagni cubani furono liberi di affamare tranquillamente il loro popolo; bisognerà ora che gli americani – la Nato – rinuncino ad avere una base militare alle costole della Russia, che, dal canto suo lascerà liberi gli ucraini di intrattenere relazioni economiche, commerciali, culturali con chi vogliono e di organizzarsi politicamente come vogliono. È curioso poi che i nostri governanti, Draghi per primo, e i nostri leader politici considerino il dover rinunciare ad armamenti offensivi come una lesione di diritti, un attentato alla democrazia e, come dice Draghi, un oltraggio ai nostri valori (!). Del resto la Lasorella, per far vedere che ha fatto il liceo, è ricorsa al latinorum del “Si vis pacem para bellum”. Se lo ricorda la signora quando dalle sue parti, quelle della sinistra, si pretendeva la smilitarizzazione e lo sa che questa sua da che mondo è mondo è la posizione dei militaristi, dei guerrafondai, dei nemici della pace che sparavano alla colomba di Picasso e contro i quali, sempre dalle sue parti, si proclamavano scioperi, si scendeva in piazza e si spaccavano vetrine?

Pierfranco Lisorini

FRA SCEMSI E MATHESIS Il nuovo libro di Pierfranco Lisorini  acquistalo su…  AMAZON

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.