Savona e il suo porto. Un percorso tormentato. Le occasioni da cogliere.

Savona e il suo porto.
Un percorso tormentato.
Le occasioni da cogliere.

Savona e il suo porto. Un percorso tormentato.
Le occasioni da cogliere.

Vorrei tornare sul tema Savona città portuale.

Per farlo uso alcune affermazioni di Livio Di Tullio, allora e per pochi giorni ancora segretario del PD di Savona,  contenute in un intervento sul “Secolo” del 28 luglio 2012, durante la complicata vicenda che portò alla nomina del  Presidente della Ap Savona; Burlando aveva appena negato il consenso al Ministro Passera per la nomina dell’Ammiraglio Felicio Angrisano a Presidente della AP Savona:

 “….Quella di Angrisano era la soluzione peggiore intanto perchè solo a Savona si sarebbe riuscito ad avere dei militari come presidente, vice presidente e segretario . Nulla contro la categoria ma non sono esattamente i ruoli che dovrebbero ricoprire…..

…..Ma i veri limiti della soluzione respinta erano rispetto alla necessità del cambiamento. Il primo limite sta nel fatto che la Camera di Commercio e l’Unione Industriali abbiano deciso l’indicazione di chi, per ruoli ricoperti ed età, ha un profilo più da Commissario ministeriale che da presidente. In altre parole ci saremmo aspettati che i nostri Imprenditori scegliessero una figura di tipo manageriale che considerasse l’ente porto non come l’ultimo incarico prima della pensione ma la chiave del suo successo futuro…

…..Una delle principali accuse (giustificata) alla “politica” dal mondo delle Imprese è quella di essere refrattaria nelle idee e nelle persone al cambiamento…

….Il secondo limite è che in questi ultimi anni il nostro porto ha vissuto un periodo positivo per 4 condizioni: l’indubbia capacità e dedizione di Canavese, le difficoltà operative del porto di Genova, una congiuntura economica favorevole ed infine il sostegno di tutti – comprese le istituzioni locali – agli obbiettivi. Le prime tre non ci sono più e purtroppo vediamo persone in cassa integrazione anche in porto. Quella che abbiamo ancora è l’ultima delle quattro. Quest’ultima è quella che è stata chiamata quasi con disprezzo politica…..”


L’ammiraglio Angrisano e Livio Di tullio

Non nascondo che a leggere oggi quelle dichiarazioni, che condividevo e condivido, si prova una strana sensazione. Ma il punto non sono le opinioni passate e presenti di Di Tullio o di chicchessia. Il punto sta tutto in ciò che quella vicenda rappresentò per la nostra comunità.

Perché gli imprenditori portuali assunsero una posizione così appiattita sulla nomina di un “funzionario dello stato” caldeggiata dal Presidente uscente Canavese, al quale peraltro fu consentito, caso unico in Italia, di nominare un segretario generale a poche settimane di scadenza del proprio mandato?

Perché le categorie economiche aprirono una esplicita polemica con la politica, rappresentata dal Comune di Savona  in particolare?

Fu un giudizio sulla politica savonese da parte degli imprenditori a guidare quella apparentemente incomprensibile posizione.

Un giudizio che suonava pressappoco così:  ma cosa vuole ora la politica, dopo anni in cui non si è occupata di noi?

Era fresca la dichiarazione, sconcertante, del sindaco di Savona che rivendicava lo scarso interesse per le riunioni del Comitato Portuale.

Tuttavia quello era un giudizio non condivisibile per due ragioni:

1.   perché basato su una non verità. La politica si è occupata eccome del porto di Savona, tramite Canavese, soprattutto a livello governativo. Così come si è occupato del porto di Savona Burlando, che ha operato per favorire e rendere possibile il finanziamento della piattaforma di Vado. Fu la politica savonese a non occuparsi di porto, delegando in bianco per molti anni il Presidente Canavese a farlo.

2.   perché basato su un principio sbagliato e pericoloso: gli imprenditori avrebbero bisogno di una coesione con la comunità locale. Dovrebbero contestare la circostanza in cui questa non si realizzi, non invocare mani libere su questo terreno.

Io penso che i buoni imprenditori debbano occuparsi dei propri profitti, ma anche del contesto nel quale essi vengono generati. Ma il bene comune è il mestiere precipuo della politica ed è la politica, le istituzioni nei quali viene rappresentata, che devono garantire anche in contesti come quello portuale la compenetrazione tra gli interessi economici delle imprese e l’interesse generale.

Quando manca questa compenetrazione, quando la politica non fa il proprio mestiere fino in fondo, questo equilibrio non si genera. E si producono le frizioni che abbiamo visto in quei mesi, perché tutto viene letto e interpretato solo come una lotta di potere.

Ma facciamo qualche passo indietro nel tempo.


Rino Canavese e Claudio Burlando

 Non esiste dubbio sul fatto che il Presidente Canavese abbia prodotto risultati rilevanti durante i propri mandati alla guida del porto di Savona.

A questi risultati si è giunti seguendo una linea che ha esaltato sino alle estreme conseguenze sia la rivendicazione di autonomia totale del porto, che, quasi a conseguenza, la sua competizione con Genova. Qui la politica, non solo quella savonese, la Regione in primis che siede anch’essa in comitato portuale, non ha opposto alcuna obiezione per molto tempo, non ha offerto quel contributo di coesione territoriale che sarebbe stato necessario.

Genova, il suo porto, hanno conosciuto nel primo decennio del terzo millennio una crisi profonda, una crisi di progettualità che si è trasformata via via in una crisi di sistema e che è infine sfociata nelle grandi inchieste della magistratura sulle scelte di destinazione delle concessioni, con gli arresti e i blocchi  che ne seguirono. Di tutto questo Savona ha beneficiato. Nelle crociere e, infine, sulla vicenda della piattaforma contenitori, che è figlia anche della bocciatura alla fine degli anni 90 della estensione di Voltri.


Ma ora quel mondo è finito. In quel mondo quella competizione comunque generava anche equilibri ed era compatibile con una fase nella quale tutti pensavamo che la crescita sarebbe stata infinita e che i contenitori viaggiassero con una progressione numerica geometrica. Erano gli anni nei quali sul tavolo del Ministero delle infrastrutture giacevano progetti per la costruzione di terminal contenitori che avrebbero garantito una capacità di movimentazione totale per l’Italia di 38 mln di teu, più che tripla rispetto a quella effettivamente movimentata. Anni nei quali un Sindaco di Genova parlava della possibilità di muovere nel solo porto di Genova 10 mln di teu…. Anni folli. Cui è seguita la crisi che ancora viviamo.

La crisi ha cambiato il nostro modo di vivere e di pensare, Genova ha ripreso vitalità e capacità di azione, è uscita dal vortice giudiziario.  Nel contesto attuale diventa quindi fondamentale una visione strategica, che vada al di là delle contingenti utilità e le sappia unificare per raggiungere un obiettivo di crescita generale. Ora, più che mai, ci sarebbe bisogno della Politica, della politica locale connessa con la visione generale.

Questa considerazione, che mi pare persino banale, rende ancora più stridente il difetto di progettualità e di visione che riscontriamo, soprattutto localmente.

Nei mesi scorsi è divampata la battaglia contro l’accorpamento della Ap di Sv con quella di Genova.


Anche qui mi pare si sia appalesata con grande chiarezza quella carenza di visione, per assecondare acriticamente una battaglia giusta contro l’accorpamento amministrativo, provocando però così un effetto solo difensivo pericoloso e sbagliato.

Gli stessi amministratori che, nel 2012, confliggevano con le categorie economiche evidenziando i limiti del loro agire, si sono appiattiti su quella posizione arrivando, in alcuni casi, a confutare l’esigenza di integrazione dell’area centrale ligure sulle scelte strategiche di portualità e logistica, esigenze che gli stessi operatori che promuovono nuovi investimenti, a cominciare dalla piattaforma, ritengono essenziali.

In questo senso sarebbe positivo prendere esempio da quanto accade a La Spezia, dove da tempo è nata una sinergia e una integrazione tra operatori, istituzioni pubbliche, coordinata dalla Autorità Portuale, che sta producendo risultati e sta trasformando La Spezia, sempre più, in una città portuale, pur non avendo alle spalle (o forse anche per questo?) la tradizione di Genova e Savona.


Il Direttivo del PD di Savona ha elaborato un documento positivo, Anna Giacobbe ha più volte richiamato la attenzione con interventi sull’argomento. Tutto ciò, è però restato semplice testimonianza di una posizione, in quel caso corretta a mio parere, senza diventare oggetto di una discussione nella città, a cominciare dai consigli comunali, non solo sulla contingenza amministrativa generata dalla dichiarata volontà di accorpare. Appena passata o attenuata la minaccia, infatti, ecco l’episodio del Vio, trattato come ordinaria amministrazione.

Ora torna in discussione a Savona il Piano urbanistico comunale (PUC). Il Piano regolatore portuale è del 2005, non moltissimi anni solari, ma secoli dal punto di vista sociale ed economico. In particolare per uno strumento che regola un contesto economico.

Si vorrà cogliere questa opportunità, coinvolgendo i Comuni vicini, a cominciare da Vado Ligure, il cui sindaco è anche Presidente della Provincia, per aprire una discussione generale sul rapporto tra porto e città? Al momento non vedo alcun segnale verso questa direzione.

Senza questa scelta democratica strategica, senza che la comunità sia coinvolta sino in fondo e continuativamente su questo tema vitale per il suo sviluppo, il porto e le città resteranno corpi separati e saremo, tutti, più deboli.

Luca Becce

   

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