Savona città dei bluff

Savona città dei bluff
Consigliamo fortemente ai nostri amministratori di cambiare slogan, perché “città delle idee” comincia a mostrare un po’ la corda, ed essere talmente autoironico da suscitare amarezza più che risate.

Savona città dei bluff

Consigliamo fortemente ai nostri amministratori di cambiare slogan, perché “città delle idee” comincia a mostrare un po’ la corda, ed essere talmente autoironico da suscitare amarezza più che risate.

Mi spiego meglio: peggio delle promesse non mantenute c’è solo una cosa, le promesse trasformate in incubi. Concreti.
Perché se delle dichiarazioni d’intenti, degli annunci trionfali, dei proclami e dei propositi si può sempre sperare che le persone si dimentichino presto (anche se c’e’ il web, che ormai ricorda, chiede conto e sbeffeggia),  i risultati disastrosi, specie quando hanno l’aspetto e il colore del cemento, rimangono. A imperitura memoria.

Una amministrazione può scegliere vari tipi di profili. Il modello “bambole non c’è una lira”, difensivo a prescindere, non è entusiasmante, certo.  Ma presto sarà l’unico rimasto, di questi tempi. La variante “paghiamo gli errori delle precedenti amministrazioni”, dalle nostre parti non attacca, visto che ci son stati sempre gli stessi, con il breve intervallo Gervasio. Appigli ce ne sono pochi. Però a volte, come dire, converrebbe tenersi più a livello del suolo, per evitare di precipitare. Un po’ più di prudenza.

Rimane la nuova scusa buona per tutte le stagioni: i tagli del governo, tagli ai finanziamenti e alle entrate fiscali. Resterebbe da capire, per esempio, quanta della mostruosa IMU incassata sia finita a Roma per alimentare banche tipo MPS, e oscuri interessi tripartisan connessi (Monti, PD, Verdini e compagnia),  e quanta rimasta qui da noi. Aspettiamo i resoconti, e vediamo.

Ci sono stati poi davvero tutti,  questi tagli, o non risentiamo piuttosto del debito accumulato, del pasticcio Ata-Corte dei Conti, di investimenti poco oculati e di ripetute concessioni elettoralistiche ? Il buco di bilancio da colmare aumenta a vista d’occhio.

Qui c’è stata la scelta della grandeur. Che  si è quasi sempre trasformata in concessioni agli immobiliaristi e alle grandi imprese di turno. Ormai i risultati si vedono, come dicevo l’altra volta per la zona del Crescent.

E a proposito di zona portuale… è di questi giorni la triste ma prevedibile notizia di un altro esercizio che chiude, un ristorante. Non me ne voglia il titolare, al quale va tutta la mia solidarietà per chi tenta ancora di fare impresa, e l’augurio di trovare sede e situazione consona alla sua arte in cucina.

Però ci sarebbe una considerazione amara da fare: al piatto già indigesto (per rimanere in tema) della crisi economica, della recessione che taglia i portafogli, della dubbia concorrenza di alcune proposte a basso prezzo e qualità piatta, si aggiunge un altro fattore non secondario, da non passare assolutamente sotto silenzio: il luogo.

 Era più che evidente, per chiunque abbia un po’ di senso della vivibilità, dell’armonia, dell’ambiente e della qualità di vita, che gli esercizi piazzati nella parte nuova, nel quartierino della torre, avessero pochissimo appeal e fossero gli ultimi ad aprire e i primi a chiudere. I fattori di base sono scoraggianti. Probabilmente, prezzi e affitti sono proibitivi. Probabilmente, si contava su una ipotetica clientela di lusso che ancora dobbiamo vedere in azione.

Ma ammesso che esista e si manifesti, è discutibile anche solo che possa essere attirata da quegli acquari cementati e spettrali e desolati,  la cui imitazione di modernità può convincere solo i cervelli più provinciali.

Zona portuale deserta
Palazzo Santa Chiara

E’ questo il punto da rimarcare: anche fossimo stati in condizioni economiche migliori, sarebbe stato ben difficile spostare interessi e passeggio dal vivace e caldo e storico fronte degli attracchi, verso l’isolato degli zombie.

Era ampiamente prevedibile. Magari l’avrò previsto pure io, su questo sito, nelle mie periodiche geremiadi da Cassandra impotente e scontenta di esserlo. Perché mica può far piacere vedere e prevedere una distesa di spazi vuoti. E’ un mal comune e gaudio di nessuno, se non dei pochi che hanno tratto profitto dalla mega operazione.

Sulla quale si persevera. Una volta tanto, non punterei il dito contro gli immobiliaristi speculatori. Ma proprio solo e soltanto contro questa politica, che insiste e persiste, e paradossalmente cerca di convincere riluttanti investitori, offrendo loro i pezzi migliori con agevolazioni e prezzi di saldo.

Di questa ultima svendita di fine stagione, si vorrebbe fossero complici le varie forze politiche, e spettatori inermi i cittadini. Vedremo se e come le elezioni nazionali spariglieranno le carte. Prevedo sorprese.

Ora si riparla di palazzo S. Chiara. Si parte malissimo: innanzitutto, strutture del genere dovrebbero essere state ricuperate prima, completando il restauro come priorità. Chi aveva  responsabilità  e impegni – leggi, Autorità Portuale – non avrebbe dovuto poterli eludere così facilmente  e lasciarci col restauro a metà, senza che la città gliene chiedesse conto. I soldi, pubblici, non dimentichiamolo, sperperati in progetti di nuova sede e opere discutibili o rimandabili, avrebbero dovuto essere destinati in modo privilegiato al restauro dell’esistente, specie se parliamo di strutture così di pregio. Suona da schiaffo ai cittadini e al bene pubblico. Speriamo che col “cambio gestione” qualcosa si modifichi,  e la politica arrogante da dittatore sia un ricordo del passato. Anche se i danni accumulati nel tempo, purtroppo, ce li teniamo.

Perché partiamo malissimo?  Perché si parla di biblioteca, e va bene, ma anche di spostare parte dell’università, e andrebbe bene anche questo, se non che il sospetto che si vogliano liberare aree per future operazioni immobiliari leginesi, può legittimamente venire. Si parla di interessare la fondazione Carisa, offrendo come garanzia l’invenduto cronico, palazzo Pozzobonello (e mi voglio rovinare…)

Perché si legge che in cortile sono state scoperte cisterne sotterranee, e anziché gioire dei tesori che man mano vengono alla luce, e a come valorizzarli a scopo turistico, conservativo, insomma, farli fruttare nel modo più proficuo, sensibile e intelligente,  apprendiamo che questo permetterebbe, secondo loro, di liberare spazi a pianterreno da destinare a uffici e negozi e recuperare parte dei costi. Quindi? Rimesse sotterranee? Box? Autosilos come il S. Paolo? Galleria commerciale nel chiostro? (Come se spazi vuoti per uffici e negozi non ce ne fossero già a iosa, n.d.r.) Nuovo tentativo di iniziare pubblico e finire privato? I brividi salgono lungo la schiena.

Ma di quali “loro” sto parlando? Qui viene l’altro punto. Incaricato di studiare la questione è un ente inghiottitoio di risorse noto come IPS dell’altrettanto noto ex sindaco ed ex assessore regionale Ruggeri.

Finora vediamo i brillanti risultati. Invito a leggere un pezzo del 2010.

Un polo della ricerca e dell’innovazione. Su aree ex ferroviarie. Che, dalle immagini proposte, sembrerebbero in zona via Stalingrado, lato mare.

Per il momento, di operativo in zona Legino si nota soprattutto un capannone laboratorio  che sembra rumoroso e puzzolente, a detta dei viciniori.

Per il momento, il massimo dell’innovazione da queste parti sono gommisti, autosaloni, neanche nuove imprese ma trasferite da altre zone, palestre dove piove dentro e scuole di ballo.

E un imbarazzante edificio ipertrofico come nuova sede Arpal,  che adesso tutti si rimpallano.

E una viabilità  pensata già asfittica in partenza, completamente fuori pianificazione, pericolosa per le rotonde non abbastanza ampie e le strade strozzate. E spezzoni di piste ciclabili piazzate a casaccio giusto esaurendo gli oneri di urbanizzazione. Il solito pastrocchio.

Non so che altro aggiungere. Se non chiedermi fino a quando si andrà avanti così, senza che nessuno debba mai rispondere in concreto di mancanza di programmazione e di un progetto serio, di scelte discutibili  e risultati e danni conseguenti,  e soprattutto dell’impoverimento cittadino passato, presente e futuro.

Per il momento può solo far riflettere ( e sognare) questo esempio….leggi

 

Milena Debenedetti  consigliera Movimento 5 stelle

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