Salvador do Fado (La musica ci salverà?)

Salvador do Fado
(La musica ci salverà?)

 
 
Salvador do Fado (La musica ci salverà?) 
 
di Paolo Bongiovanni

Sabato 13 maggio scorso, si è tenuta la finale del 62° Eurovision Festival, un premio che si svolge dal 1956 ideato dal defunto giornalista e musicologo svizzero Marcel Bezençon ispirandosi al festival di Sanremo.

Organizzato dal consorzio Union européenne de radio-télévision, abbreviato UER, un consorzio composto dalle principali Tv europee, che associa diversi operatori pubblici e privati del settore della teleradiodiffusione.

Il premio consiste in una kermesse canora tra i contendenti, che rappresentano tutti i paesi dell’Europa, essa si tiene nel paese che ha vinto la precedente edizione e le riprese televisive sono effettuate dalla Tv nazionale del paese stesso, sotto la supervisione e l’organizzazione del consorzio.
L’Eurovision è anche trasmesso a livello mondiale al di fuori dell’Europa in quasi 140 paesi e le Nazioni partecipanti all’Eurovision Song Contest sono cinquantadue da quando il festival è cominciato.

E’ uno dei programmi televisivi  più longevi del mondo, ed è anche l’evento non sportivo più seguito in tutto il mondo, i dati di ascolto degli ultimi anni a livello internazionale sono stati stimati come qualcosa tra 100 milioni e 600 milioni di spettatori, crescendo enormemente di livello.

Il bacino di utenza è per cui impressionante e in ogni modalità esso sia trasmesso, radio, tv o internet (in streaming diretto o sul canale Youtube) ha un enorme seguito.

Partecipano al premio, i rappresentanti di diverse nazionalità, uno per ogni paese, selezionati senza vincoli di nazionalità, ad esempio nel 1988 la Svizzera vinse con la cantante canadese Celìne Dion (irriconoscibile ventenne) con la canzone «Ne Partez Pas Sans Moi»

https://www.youtube.com/watch?v=OZ8…

lanciandola sul mercato europeo.

Ma ovviamente le tv nazionali possono privilegiare artisti autoctoni.

Anche la modalità di selezione è libera, così alcuni paesi optano per una selezione interna mentre in altri viene organizzato un festival apposito, come ad esempio lo storico Melodifestivalen svedese o il Melodi Gran Prix  norvegese, o il nostro Festival di Sanremo.

I cantanti devono avere almeno 16 anni di età, e sul palco sono consentite più di 6 persone (neanche per i gruppi). Per quanto riguarda la canzone presentata queste sono alcune delle regole in vigore, valide per tutti i paesi:

non deve durare più di 3 minuti;

può essere di qualunque genere e cantata in qualunque lingua, anche inventata (e anche qui le tv possono imporre le lingue ufficiali dei loro paesi);

non può essere cover o ispirata ad altro brano edito, pena la squalifica;

deve essere pubblicata non prima di un certo periodo prima del festival (solitamente non prima del 1 settembre dell’anno precedente a quello dello svolgimento della gara), e deve essere presentata insieme con un video;

non deve avere una scenografia o una coreografia controversa (in particolare sono vietati gli animali);

non deve avere contenuti politici, pubblicitari, o offensivi.

I nostri rappresentanti che hanno vinto questo premio sono stati finora due, Gigliola Cinquetti nel 1964 con «Non ho l’età» e Toto Cutugno nel 1990 con «Insieme» e questo è quantodi meglio l’Italia è riuscita a fare in questi oltre 60 anni di partecipazione, seppur in diverse edizioni soprattutto recenti, la qualità fosse più alta, vorrei ricordare che nelle vecchie edizioni i partecipanti come le nazioni erano pochi e la kermesse più semplice da effettuare.

La finale deve essere obbligatoriamente trasmessa in diretta, mentre per le semifinali è sufficiente, dal 2008, la trasmissione in diretta di quella di competenza del paese, anche su canali minori.

Il vincitore viene nominato sulla base di un punteggio ottenuto fino alla finale, sommando quello della giuria presente, composta dai 27 paesi presenti alla finale, più quelli esclusi nelle eliminatorie (oggi per un totale di 42), che daranno un punteggio da 1 a 10, a 10 paesi a scelta dopo le esibizioni, ma soprattutto alle 10 canzoni preferite, e ad un ulteriore punteggio di 12 per la migliore che non deve essere tra le 10 nominate, a questi verrà sommato il televoto, uno per ogni paese, che verrà conteggiato dai computer.

Nelle ultime edizioni a livello di partecipazione per ogni nazione si è visto il trionfo del Pop, dove poco contano le tradizioni popolari e locali, mentre conta di più l’orecchiabilità e magari la capacità di far saper muovere la gente, ballando.

Mentre in realtà, il premio non è nato per questo intento, ma viene come sempre in questi contest, pilotato dalle case discografiche, per non contare poi dell’uso del televoto attraverso le compagnie telefoniche.

Si perchè poi, diciamocelo chiaramente, si tratta solo di “Pure Business”, dal 1999 sono previsti, per le televisioni degli spazi per inserire gli annunci pubblicitari, così si assiste anche al massivo uso dei jingle pubblicitari liberalizzati per ogni nazione che ne fa uso.
 Fino all’edizione del 2003  la manifestazione si articolava in un’unica serata finale, successivamente si articolò in una semifinale eliminatoria di tre serate.

Alla finale avevano direttamente accesso i cosiddetti Big Four (Francia, Germania, Spagna e Regno Unito) per il loro maggiore contributo finanziario, il paese ospitante, i nove migliori paesi della precedente edizione e i dieci vincitori della semifinale, per una finale a 24.

In entrambe le serate votavano tutti i paesi.

Dal 2008, visto l’alto numero di paesi, il regolamento prevede due semifinali a cui partecipano tutti i paesi con l’eccezione dei Big (che diventano Five nel 2011 con il ritorno dell’Italia) e del paese ospitante che accedono direttamente alla finale, che passa a 26 (o 25 se l’ospitante è una Big).

Nel 2015, a causa dell’inserimento dell’Australia (Europea? Da quando?) in finale, le nazioni presenti all’ultimo atto sono state 27.

Logo di European Broadcast Union

Si avete capito bene, contributo finanziario, ancora soldoni…

Che vanno al paese vincente e al suo rappresentante, alle case discografiche e alla Tv che dovrà l’anno dopo produrre ed organizzare il nuovo evento.

Ma veniamo al vincitore di questa edizione, il portoghese Salvador Sobral, un piccolo talento che è famoso in patria da quasi 20 anni.

Ecco alcune curiosità su lui:

1) E’ nato a Lisbona il 28 dicembre 1989, Portoghese di nascita, parla fluentemente anche l’inglese, lo spagnolo e l’italiano.

2) Ha vinto il Festival da Canção,  il programma di selezione portoghese per l’Eurovision, molto simile a Sanremo.

Ha vinto con il voto della giuria e si è classificato secondo nel televoto, aggiudicandosi così il diritto a partecipare al contest europeo.

3) Nel 2009 ha partecipato al talent Idolos, un talent Tv al pari di Amici o X-Factor classificandosi settimo, ma non era la prima apparizione Tv, a dieci anni ha partecipato alla versione portoghese di Bravo Bravissimo

4) Il suo album di debutto Excuse Me, risale allo scorso anno.

5)Soffre di problemi di cuore, non si può affaticare troppo ed ha saltato alcune prove dell’Eurovision e proprio per questo motivo, viene sostituito molte volte dalla sorella.

Per questo era arrivato a Kiev solo per la prima semifinale dell’Eurovision Song Contest:

i medici gli hanno sconsigliato di volare in Ucraina prima.

Il 27enne però non ha voluto parlare apertamente dei suoi problemi di salute.

Secondo alcuni media la malattia di cui soffre è piuttosto grave, tanto che necessiterebbe di un trapianto di cuore.

6) Il brano con cui ha vinto l’Eurovision a Kiev, Amar Pelos Dois, («Amare per tutti e due»)  è stato scritto e composto da sua sorella Luísa, che era con lui sul palco della finale dell’Eurovision Song Contest, famosa cantante ed interprete del Fado la tipica melodia nazionale portoghese.

Ha portato al Portogallo la sua prima vittoria all’Eurovision, mai successo in 64 anni di partecipazione.

Si è esibito all’International Exhibition Centre di Kiev con una felpa con su scritto “SOS Refugees”

Ma che cos’è il Fado?

 E’ la musica nazionale portoghese ma in sostanza, la vera essenza dell’anima portoghese, ancora oggi l’origine della sua nascita è incerta, forse dalla nostalgia dei navigatori lontani dai propri cari, dalle canzoni dei Trovatori, dai cantici dei Mori o dal canto Lundu degli schiavi brasiliani.

Per noi Liguri l’unico paragone simile che possiamo esibire, può essere con la canzone “Ma se ghe pensu”, non abbiamo questo tradizionalismo che giustamente i portoghesi detengono, anzi tendiamo a globalizzarci e a perdere la memoria, a decontestualizzarci o inglobare musiche altrui, facendole “nostre”, riempiamo ad esempio i concerti dei Buio Pesto (non me ne voglia Massimo Morini che fa anche tanto sociale) ma di tradizionale a parte il dialetto, vi è poco.
L’unico fenomeno popolare di rilievo dopo il trallallero è stato il periodo chansonniere di Tenco, Paoli, Bindi, Lauzi, Endrigo e De Andrè della scuola genovese, sviluppata tra la metà anni 50 e la fine degli anni 80, e dettata dalle influenze culturali della tradizione letteraria e musicale italiana e ligure come Camillo Sbarbaro, Cesare Pavese su tutti, alla letteratura francese di inizio Novecento, come Jean-Paul Sartre, dalla musica francese di Charles Aznavour, Jacques Brel, George Brassens o i fenomeni letterari della Beat Generation: Allen Ginsberg, Jack Kerouac, William Burroughs.
« Chiedersi perché, Genova sia l’epicentro storico della musica d’autore italiana e fucina ineguagliabile di talenti è un po’ come domandarsi perché i Beatles sono nati proprio a Liverpool e il Rock’n’Roll negli Stati Uniti. » (La Repubblica) Ma il Fado NO…
E’ intriseco del Portogallo, una musica nazionale, la prima grande interprete di fado fu, nella prima metà del XIX secolo , Maria Severa che nacque nell’800 a Mouraria e morì all’età di 26 anni. Nel 1931 il primo film sonoro realizzato in Portogallo fu proprio sulla storia di questa interprete di fado. Il fado dai quartieri dell’ Alfama e di Mouraria parte come musica bohemienne delle classi più povere e si diffonde pian piano a tutte le classi sociali senza mai perdere del tutto le sue origini popolari, il Fado di quel tempo era differente da quello dei nostri giorni.
Maria Severa Onoufriana

Nella prima metà del XX secolo questo genere ha acquisito grande ricchezza melodica e complessità artistica, diventando sempre più letterario e artistico: versi più elaborati e poetici si sostituivano a quelli popolari. Negli anni 30 e 40 del 900, con il progresso e l’arrivo di mezzi di comunicazione come cinema e radio, oltre che il teatro, il Fado diventava sempre più commerciale e popolare. Fu questa l’epoca d’oro del Fado in cui si affermarono grandi artisti, nacquero mano mano anche le Case di Fado, in cui si esibivano fadisti professionali che dovevano avere una licenza per cantare ed uno stile personale. Oggi a Lisbona di queste Case del Fado, ve ne sono una decina ancora in fervida attività, veri e propri locali, molti anche di un certo “spessore” artistico e turistico . Tradizionalmente i fadisti indossavano abiti neri, euno scialle, suonavano una chitarra portoghese, cantavano suadenti con una voce e tanto sentimento: questa immagine può bastare a descrivere il Fado. L’atmosfera doveva essere quella di una notte silenziosa, per “anime che sanno ascoltare”.

“Non sono io che canto il fado, è il fado che canta in me”

Così Amalia Rodrigues detta “Malia”, l’incontestabile regina aveva spiegato al mondo il suo amore per quel genere triste e appassionato, in cui note arabe, africane e lusitane si mescolano dando vita a una melodia che incarna lo spirito di una nazione. Sempre vestita di nero, la “leggenda del fado”, dal latino Fatus, (Fato), modulava la sua voce con infinite variazioni, dal malinconico al patetico, ispirandosi ai temi eterni della tradizione portoghese: la nostalgia, la disperazione, l’amore e la morte.
E magnetizzando le platee di mezzo mondo con il solo accompagnamento di pochi strumenti a corda. Il suo viso e la sua voce rimangono adesso in più di 150 dischi e in dodici film, di cui il più famoso resta “Gli amanti del tago“, di Henri Verneuil, girato nel 1955. L’artista ha lasciato questo mondo nel 1999, a 79 anni ma le sue canzoni risuonano ancora a Lisbona e nel mondo, empie della malinconia e dolcezza che solo il Fado sa dare.

Le canzoni sono per la gran parte melanconiche, parlano delle miserie della vita ed esprimono tristezza, preoccupazione, amore sofferenza e rimpianto.

In sostanza, il fado canta il sentimento, le pene d’amore, la nostalgia per qualcuno che è partito, la vita quotidiana e le conquiste. Gli incontri e gli abbandoni della vita sono, in fondo, un tema che non finisce mai di ispirare canzoni.

 

 “Foi Deus”, “Povo que lavas no rio”, “Barco negro”, “Coimbra”, “Uma casa portuguesa”, “Ai mouraria”, “Nem as paredes confesso”, “Lisboa antiga”, sono i motivi più popolari che ha lanciato in tutto il mondo.  Anche grandi poeti hanno contribuito al Fado, scrivendo alcuni testi notevoli. Tra i maggiori, Fernando Pessoa,  David Mourão-Ferreira, Luìs Portela, J.L. Godinho, Pedro Homem de Mello.

Amália ebbe una carriera cinquantennale, ma insieme a lei si distinsero altre fadiste come Maria Teresa de Noronha, Lucília do Carmo, Fernanda Maria, Berta Cardoso e Celeste Rodrigues (sorella di Amália).

Tra i fadisti,  si ricorda anche Alfredo Duarte detto O Marceneiro, Fernando Farinha e Carlos do Carmo.

Chiaro è il legame col Jazz ed in particolare alla Bossa Nova e al Brasile soprattutto nell’espressione moderna di questa musica, ma tecnicamente e passionalmente è altrettanto legato ai tangueros dell’Argentina e dell’Uruguay, con l’aspro del Tango.

Si dice che il fado è il fado, che viene dall’intimo dell’animo portoghese e che dunque non c’è bisogno di fare delle distinzioni, ad ogni modo, c’è chi distingue quello dei professionisti da quello dei dilettanti.

Il primo è cantato da chi fa della voce il suo modo di vita.

Il secondo, noto anche come fado “vadio” (vagabondo), ha altre caratteristiche, anche se l’indole nostalgica è la stessa, nei quartieri popolari di Lisbona, il cantante di fado non è mai invitato, si invita da sé e non ha un repertorio fisso.

A Coimbra, il fado presenta delle caratteristiche peculiari ed è cantato dagli studenti.  

Gli interpreti di fado sono generalmente accompagnati da 2 chitarristi uno dei quali suona la chitarra portoghese caratterizzata da 12 corde (un’evoluzione della chitarra inglese introdotta in Portogallo nell’800) e l’altro segna il ritmo suonando una viola a 6 corde.
Per saperne di più bisogna visitare il Portogallo e il Museu do Fado, situato a Alfama, uno dei quartieri storici di Lisbona, che grazie a una vasta documentazione, frutto di centinaia di donazioni, illustra la storia del fado dai primi decenni del XIXº secolo sino ai giorni nostri. Il Fado nel 2011 ha ricevuto la nomination dell’Unesco e fa parte della lista dei Tesori della Cultura e dell’Umanità, come patrimonio intangibile.
E Salvador Vilar Braamcamp Sobral (suo nome intero) di questo Fado moderno al passo dei tempi, ne è solo un giovane interprete, come la sorella Luísa Maria Vilar Braamcamp Sobral (conosciuta come Luísa Sobral), ottima interprete di brani Jazz e Soul riconosciuta in tutto il mondo, ma in Portogallo anche esponente del movimento Pop e ottima fadista fin dagli esordi del 2008, anche lei ha partecipato a Idolos, nel 2003 classificandosi 3° a soli 16 anni, per poi andare in USA a diplomarsial Berklee College of Music di Boston, Massachussets fucina di diversi talenti mondiali.
E poi noi cosa vogliamo di più, di una melodia che resti nel tempo e non venga lavata via dal tempo stesso, come una moda ballerina, come l’ennesima scimmia che sale sulle spalle e ci cavalca per lasciarci lì, inermi dopo averci usato ancora una volta.
 Invece di ascoltare bene una poesia scolpita nel cuore di ognuno di noi, sebbene così lontani da Lisbona ma in fondo vicini e simili, a quei portoghesi così malinconici…  

 Una canzone che magari, ci potrà salvare dall’ipocrisia!

P.s.: Anche i siti di scommesse hanno tirato su un bel business, con le quote a questa competizione, ma del resto, liberi tutti no? (TRASPARENZA)

Paolo Bongiovanni

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