Racconto di cose di Celle e del suo passato

Da ‘A Civetta’ di Celle LIgure

Periodico di critica, cultura e informazione

 “RACCONTO DI COSE DI CELLE

E DEL SUO PASSATO…”

RACCONTO DI COSE DI CELLE

E DEL SUO PASSATO…

Approfittiamo degli spunti di Gaetano del Ghiare e del Negrin per raccontare, con le note e l’aiuto visivo delle vignette, le modalità della ‘libera’ pesca da riva, organizzata da pescatori professionisti: opportunità per tante famiglie, spesso se non addirittura unica, di avere, a mezzo giorno o alla sera, qualche appartenente di coda e pinne e poco altro per far muovere i denti, specie nel periodo della guerra e del dopo.  

Doveroso il richiamo alla religiosa regola consuetudine radicata sul principio tanto della libertà di pescare nel mare ‘di tutti’, quanto di disporre di una parte del pescato, proveniente dagli Statuti per ‘piscatores…usque ad quartam partem et plus et minus ad beneplacitum et mandatum ministralium’ (tradotto nelle note al Negrin).

Ma spieghiamo meglio.

Una ‘cala’, con tempo e mare normali e a poche ‘corde’, si poteva fare anche con tre o quattro a tirare da una parte o dall’altra. Nei pressi della barca via erano le ‘cengie’ (specie di cintura di spessa tela grezza messa doppia, larga una decina di cm, con tratto di corda o catena e ciocco finale di natta o legno). Chiunque avesse tempo e voglia, o necessità…, all’inizio del tiro (non quando il sacco era quasi a riva…) poteva attaccarsi da una parte o dall’altra,  senza chiedere alcunché ad alcuno: prendeva una ‘cengia’, se la metteva a tracolla, si appressava alla corda della rete tenuta ad altezza di spalla dai primi tiratori, dava abilmente qualche giro della cordicella o catenella attorno a quella grossa della rete, facendo presa con il ciocco finale, in quanto bagnata perché appena uscita dal mare, e si metteva a tirare.

 


 

Dal bagnasciuga sino al punto dove le corde venivano composte a cerchio con precisione assoluta. Indi sganciava ed andava a riagganciarsi in basso. Così finchè arrivava la ‘banda’, poi la ‘gola’ e, gettata la ‘cengia’ si faceva passamano fino al sacco con i pesci. Sistemato il pescato nelle varie cassette di legno, un tempo ‘panee’ (panieri’, al femminile, cioè cesti piatti intrecciati, poi cassette di legno, ora di espanso), e separati secondo qualità di pregio, e di prezzo, il ‘capobarca’ faceva il calcolo del valore della pescata e contava il numero dei ‘collaboratori’ pescatori, tiratori o con lui in barca a calare la rete. Di qui, conteggiando un terzo per barca e rete, a calcolare il valore della quota di ogni singolo partecipante: pesci o soldi, lire! Pesci, gli ordinari suéli’, sardenne, ’zèrli’, ‘pignuetti’ (sugarelli, sardine, zerli …che, valutatone ad occhio il giusto quantitativo, sempre abbondando, ti avvolgeva in fogli di giornale, oppure ‘palanche’ (soldi denari), lire. Anzi, ‘lirette’: tagli minimi, da una, due, massimo cinque, per non crearsi complicazioni di resti.

 

Ne aveva a manciate, anch’esse ben suddivise per tagli, nelle svariate tasche dei calzoni, sempre in sufficiente quantità perché ogni giornata di pesca, come iniziava finiva, senza alcun sospeso, salvo la ‘raccucitura’ (ricucitura), degli strappi che era compito suo… Pesci o biglietti, contati uno sull’altro, piccoli ma pesanti, di mare e di sabbia, e luccicanti di non occasionali squame di sardine o di zerli.

PIERIN RATTO

 

 

 

 

A Civetta – Periodico di critica, cultura e informazione

NUMERO 35

 

 

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