Quel che penso del PD

Quel che penso del PD

…posso dirlo con tranquillità, avendolo sempre detto da principio, in tempi non sospetti, e non avendo mai avuto, in seguito, dubbi di essermi sbagliata, ma solo conferme della mia opinione.

Quel che penso del PD

 …posso dirlo con tranquillità, avendolo sempre detto da principio, in tempi non sospetti, e non avendo mai avuto, in seguito, dubbi di essermi sbagliata, ma solo conferme della mia opinione.

Che vale come tale, opinione personale, e come tale va intesa.  Ossia, penso che sia uno dei più grandi disastri che ci siano capitati, dopo Berlusconi. Riuscendo a superarlo con Renzi.

Necessarie tre piccole premesse:

–  non voglio offendere le persone, il mio è un parere politico generico e basato sui fatti. Così come ho amici che detestano i 5 stelle  e ne dicono peste e corna, ma mantengono ugualmente stima, a livello personale, nei miei confronti.

– essendo opinione personale maturata ben prima che esistesse il M5*, non mi preserò a giochini tipo: sì, ma voi 5 stelle…

–  neanche accetterò che si insinui che io abbia mai avuto simpatie di centrodestra, e ce l’abbia col PD per quello. Cosa risibile, del resto, e ormai decisamente insostenibile, visto quanto è berlusconiano il PD. Ma qualcuno potrebbe ancora avere il coraggio di tirar fuori codesta storiella. D’altra parte, finché c’è chi ancora ci casca, si è giustificati. Eh no, mi dispiace: nessuno è mai stato più fieramente e decisamente antiberlusconiano di me. Ho le prove.


Eccomi dunque al “no Berlusconi day” del 5 dicembre 2009, a Roma, fra le decine di migliaia, forse centinaia di migliaia, di manifestanti, partecipante alla ahimé brevissima esperienza del Popolo Viola.

Cosa accadde quel giorno? Ricordo che il maggiore slancio alla manifestazione venne dal partito di Di Pietro. E difatti in seguito furono soprattutto esponenti di Italia dei Valori a tentare di metterci il cappello, finendo per far fallire tutto.

Ma il PD? Ah, il PD deplorò la manifestazione, si dissociò, prese le distanze ufficialmente. Salvo poi, al corteo, ritrovarsi in mezzo a una marea di bandiere del PD.

Il che voleva dire due cose: uno, che la base  delle sezioni era molto più fieramente antiberlusconiana dei cauti e inciuciati vertici, e due, che comunque cavalcare il successo di una manifestazione organizzata da altri fa sempre comodo. Quante ne abbiamo viste, dello stesso tenore… militanti del PD fra i più solerti organizzatori della raccolta firme per il referendum sull’acqua pubblica. Convinti e in buona fede, senza dubbio. E vertici che dicono sì, dicono no, dicono nì, dicono forse.

Poi gioiscono del successo referendario. Poi iniziano subito a manovrare per stravolgerne il senso e per riprivatizzare l’acqua.

Per quanto tempo si è andati avanti con questo dualismo, con questa allegra ambiguità. Per quanto tempo i militanti, usi a obbedir tacendo, ancora convinti di stare in un partito di sinistra, hanno contribuito a portarlo avanti. Fino  a stufarsi, con conseguente emorragia di tessere e assenza di addetti alle salamelle alle feste dell’Unità. La quale Unità, glorioso giornale di Gramsci, celebra oggi una tremenda decadenza.  C’era l’epoca dei propagandistici titoli antiberlusconiani, così rozzi e imbarazzanti da infastidire persino me. Quando passavo davanti alla bacheca e leggevo la prima pagina esposta, mi chiedevo perché si ricorresse a certe battute volgari e infantili ed esagitate, quando ci sarebbero stati fior di argomenti ben più validi per criticare, invece di mettersi allo stesso basso livello dei giornali di opposte tendenze.

Del resto, faceva più comodo attaccare il personaggio per gli scandali sessuali, non si poteva certo sfrucugliare sulle tante vicende in cui si era cointeressati.

Poi via via peggiorando, la litania dei 5 stelle fascisti. Fino al titolo-capolavoro: “Patto Grillo-Berlusconi per fermare il cambiamento”.  Proprio nello stesso periodo in cui si consolidavano le larghe intese!


Più aumentava la mia nausea alla lettura di certi titoli offensivi anti pentastellati, più quel giornale perdeva consensi e lettori. Finché, vivaddio, quella bacheca del mio quartiere è rimasta finalmente vuota. Ora nessun militante se la sente più di esibirvi quel che è oggi l’Unità: uno zombie renziano che spero incontri una pietosa fine per mancanza di lettori, e non venga salvato per l’ennesima volta con fondi pubblici.

Cosa penso, dunque, del PD? Cosa ne pensai, fin dal principio? Ecco un articolo a caso pescato da Trucioli, datato luglio 2008:

https://www.truciolisavonesi.it/articoli/numero162/nonna.htm

Notare, per chi regge fino alla fine, come già allora si evidenziasse l’ambiguità di giornali come Repubblica.

Quando nacque quel partito, una mia amica entrò a far parte dei quadri locali, in un paesino del basso Piemonte.

Alle politiche, mandò una mail al gruppo dei suoi amici di quaggiù, per convincerci a votarlo, spiegando che  era l’unica speranza di battere il berlusconismo che tutti noi deploravamo, l’unica alternativa, l’ultima spiaggia.

Peccato aver perso la mail-diluvio furibonda  con cui le risposi, all’epoca, dicendo che no, grazie, non la pensavo così, ma tutto all’opposto. Perché ne sarei convinta ancora oggi, e ancora oggi direi le stesse cose.

Il PD è stato il miglior aiuto che Berlusconi potesse sognare, altro che. La spalla ideale. La fine di ogni speranza di un centrosinistra che mantenesse qualcosa di sinistra. Il definitivo abbraccio di una politica succube di interessi finanziari europei  e speculatori nazionali, lasciando fuori tutto il resto.

Lo dico non da “estremista” quale forse sono nell’animo, ma da persona che a suo tempo si mise in fila per votare Prodi alle primarie dell’Ulivo, che provò a crederci, a sperare in un cambiamento rispetto alla deprimente palude del ventennio. D’altra parte anche Grillo, prima di arrivare a fondare il M5*,  proponeva movimenti di opinione, di cittadini, che influenzassero la politica esistente.

Del resto ricordo, tanto per citare un sintomo significativo a caso, che il secondo governo Prodi con tutto il male che se ne può dire fu anche l’ultimo ad avere un ministro dell’ambiente degno di tale nome. D’accordo, si trattava di Pecoraro Scanio, non proprio il massimo della vita, ma almeno era un ambientalista. Da lì in poi, senza distinzione di colore politico, tutti hanno proposto un ministero ancillare alle attività produttive, l’esatto contrario di ciò che dovrebbe essere, altro che tutela dell’ambiente. 

L’operazione di Veltroni mi apparve come la vera pietra tombale della politica partecipata. Un tentativo forzoso di instaurare anche da noi, in un Paese che dal dopoguerra aveva vissuto di tanti partiti e opinioni, forse troppi, ma almeno con vivacità di idee, un bipolarismo ingessato e deprimente stile marcio contro muffa, dove metà degli elettori se ne sta a casa, come negli Usa. E che negli Usa ha appena prodotto lo stupendo frutto avvelenato di Trump.


Con un eccesso nauseabondo di politically correct, moderatismo e perbenismo di facciata, tanto deleterio e fasullo quanto la politica urlata, per catturare l’elettorato stufo di cagnara, senza proporre vere idee alternative, anzi, sposando in toto quelle dell’avversario. Abbracciando infatti lo stesso mito della governabilità di berlusconiana memoria, in nome della quale si dovevano sacrificare spazi di democrazia, dimenticando che la ricchezza della vera democrazia sta nel dialogo, nel confronto fra le parti, nella trattativa, nella diversità di idee e opinioni. Non nel maggioritario che dà tutto in mano a una minoranza e agli altri lascia solo deboli proteste.

Assemblando il peggio della DC e dell’eredità del PCI. Due partiti che fra clientele e difetti avevano comunque una storia e dei valori sociali di tutto rispetto. Gettati alle ortiche, per tenere solo il peggio, compresi i cascami clericali in stile Binetti e i diritti civili a targhe alterne.

Convincendo gli elettori della necessità del “voto utile” alle politiche del 2008, con sondaggi che, non so se errati o pilotati, davano molto più vicini i due blocchi di quanto non fossero in realtà, sterzando al centro (ah, l’ossessione di antica data per il voto centrista, quanto sopravvalutato nel tempo) e mollando le sinistre al loro destino, per una volta che miracolosamente si erano unite, si compì il capolavoro: il primo di una lunga serie di parlamenti che non rappresentavano affatto un quadro aderente alle opinioni del Paese, ma tagliavano fuori una buona fetta di elettorato.

Solo IDV con Di Pietro riuscì furbescamente a inserirsi e a fare il Pierino della situazione, finché quel partito non crollò anche per le discutibili scelte dei candidati ed eletti.


Da allora la palude politica è continuata, ma il bipolarismo è imprevedibilmente diventato tripolarismo, malgrado le lotte furibonde e senza quartiere per impedirlo, e il male che a volte noi pentastellati sappiamo farci da soli.

Il PD è arrivato a essere quasi maggioritario nelle urne, ma sempre più minoritario per partecipazione e attivismo. Una parabola poco entusiasmante fino agli abbracci con Verdini e alla meteora (o fenice che risorge? Spero tanto di no) del renzismo.

Ora siamo a un punto di svolta, forse a un capolinea della situazione politica. Sperando di non finire su un binario morto. 

  Milena Debenedetti  Consigliera del Movimento 5 stelle

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